giovedì 19 marzo 2015

NO ES FACIL

 Risultati immagini per officina di interessi americana a cuba

Avrete letto del ripristino, dopo 56 anni, del volo diretto New York-La Habana.
Dopo Miami, che per ovvie ragioni ha fatto da battistrada, le altre grandi metropoli americane stanno ripristinando i voli con il grande Caimano.
Non e' escluso che presto ci sara' anche un volo Tel Aviv-La Habana, in modo che i miei amici circoncisi non debbano pasar todo esto trabajo per raggiungere Cuba.
Una delle storiche discussioni da dopocena che mi tocca affrontare con gli amici cubani, verte sul cercare di mettere loro in testa che se non possono andare ancora dove vogliono, a seguito della nueva ley migratoria, e' perché le leggi migratorie esistono anche negli altri paesi e che anche loro le devono osservare.
La nueva ley migratoria permette ad ogni cubano (esclusi i professionali) di uscire dal paese, il problema sono gli altri paesi che non li fanno entrare.
Anche perche' questi si inventano di tutto...
Il paese dove, ovviamente, la maggior parte dei cubani vorrebbe andare sono gli Stati Uniti, la Florida per la precisione.
Stesso clima, Cuba a un tiro di schioppo, parenti ovunque, stesso idioma ecc...
Questo ha fatto si che si mettesse, col discorso del ricongiungimento familiare, su un negozio mica da ridere.
In pratica un cubano o una cubana che gia' vive negli Usa, scapolo o nubile, puo' pagarsi un buon annetto di vita all'exterior....sposando un/una connazionale.
Tornano a casa in vacanza e si sposano con uno/a sconosciuto/a a cui poi fanno il ricongiungimento famigliare.
La tariffa e' simile a quella della lancia, circa 10000 dollari, se tutto va a buon fine.
Visto che pero' non tutti gli americani girano con l'anello al naso, nella officina di interessi, a La Habana, non solo hanno mangiato la foglia, ma tutto il fienile.
Quindi convocano i 2 “sposini” in separate camere, e fanno una cosa che nei villaggi turistici facciamo da una vita durante le serate ospiti.
Noi facciamo uscire i mariti, in modo che non sentano, poi alle mogli facciamo domande sulla loro vita privata.
Quindi rientrano i mariti e devono confermare le risposte delle mogli.
I funzionari americani puntano molto a domande sul cibo e sul sesso, se la coppia e' reale le risposte coincidono e la visa arriva.
In caso contrario, come spesso accade...chao pescao.
I tedeschi vanno giu' ancora piu' duro.
Ho un amico di antichissima data a Tunas, che e' un po' il riferimento della nutrita colonia di Unni che frequenta il balcon sull'oriente cubano.
In gioventu' studio' e lavoro' nella gloriosa DDR, parla tedesco perfettamente e si dedica, di mestiere (oltre che a chuleare) a dare classe alle fanciulle che, dopo il matrimonio, vogliono raggiungere il marito in crucconia.
Non e' come da noi che fai l'intervista, o meglio c'e' anche quella (in tedesco) ma devono anche rispondere alle domande di un test scritto.
Domande e risposte rigorosamente nella lingua del vecchio Adolfo.
Vuoi venire a mangiare i crauti?
Impara prima l'idioma, cosa che sotto un certo punto di vista non e' per nulla sbagliata.
La Spagna, dopo l'alzata di ingegno di Zapatero che concesse la cittadinanza a tutti coloro che, nelle ex colonie, poteva dimostrare una antecedenza spagnola, ha ristretto di molto i cordoni della borsa ed oggi riuscire ad ottenere la visa e' una specie di impresa.
Lo stesso discorso per il vicino Canada, dopo anni di goga e migoga ora riuscire ad emigrare nel paese della foglia d'acero e' decisamente complicato.
Noi applichiamo, anche per i cubani, le leggi migratorie che, inutilmente, emaniamo per proteggerci dall'invasione di scafi e scafisti.
L'ambasciata ha un numero fisso di visa da dare ogni anno, a questo si attiene.
Per questa ragione a volte viene negata una visa mentre la stessa domanda, ripresentata 6 mesi dopo, ottiene esito positivo.
P.S. Questa sera Europa League....dopo aver rimesso in gabbia le inutili bestie....non dico altro...

46 commenti:

  1. 16/10/2012
    Dopo mezzo secolo i cubani non dovranno più chiedere un permesso per lasciare l’isola. Ad annunciare l’eliminazione dei permessi di uscita e la richiesta delle lettere di invito è stato il governo cubano.
    La nuova legge, che prevede l’entrata e l’uscita dal Paese solo con il passaporto, entrerà in vigore il 14 gennaio, 90 giorni dopo, la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale che avrà la data di oggi.
    I cubani, per uscire dal Paese fino ad ora, avevano bisogno di richiedere un permesso speciale alle autorità, le quali potevano rilasciarlo a loro discrezione, senza necessità di giustificare il rifiuto, che generalmente veniva dato ai cittadini meno abbienti, alla luce dei 150 dollari necessari per il visto d’uscita.
    Oltre al permesso, i cittadini dovevano presentare una lettera d’invito e non potevano restare all’estero più di undici mesi. In caso di violazione degli undici mesi, il rischio era di non poter più rientrare a Cuba e di vedersi confiscati i propri beni. Tale vincolo, è stato esteso a due anni dalla nuova legge, la più attesa dai cittadini cubani.
    La riforma «radicale» del sistema di emigrazione cubano era stata annunciata lo scorso aprile dal presidente del Parlamento, Ricardo Alarcon: «Sarà radicale e profonda e la metteremo in atto nei prossimi mesi», aveva assicurato l’esponente politico, sottolineando, come aveva fatto Raul Castro nel 2011 evocando per la prima volta questa possibilità, che i colpevoli delle restrizioni imposte dalla vecchia legge «sono gli Usa che, fin dal 1959, utilizzano la questione migratoria per destabilizzarci».
    Dalle nuove politiche migratorie varate dal governo, restano però esclusi gli scienziati, i militari e in generale «la forza di lavoro qualificata per lo sviluppo economico, sociale e tecnico-scientifico del Paese». Esclusi anche i responsabili civili, chi ha obblighi statali, chi deve ancora svolgere il servizio militare o ha carichi pendenti con la Giustizia.
    L’abolizione della richiesta di permesso a pagamento è una tra le più attese e volute dal fratello di Fidel, al potere dal 2008. Il segnale più forte il governo lo aveva dato lo scorso novembre, con il via libera alla compravendita di auto e di case, dopo mezzo secolo di austerità: una svolta tesa anche a snellire i tortuosi iter burocratici che fino ad allora accompagnavano le operazioni di permuta e donazione delle abitazioni.
    Le nuove riforme politiche, economiche e sociali, attuate dal Partito comunista, sono oltre 300 e hanno lo scopo di rafforzare il progetto socialista sull’isola. Tra queste anche la concessione a 130 mila contadini di terre prima gestite dallo Stato e gli incentivi alle iniziative private con mutui e agevolazioni per i nuovi piccoli imprenditori. C’è poi la volontà di procedere verso una diminuzione del pubblico impiego e la graduale eliminazione della «libreta», la tessera di razionamento, provvedimento che tuttavia potrebbe avere come conseguenza un aumento dei prezzi. Inoltre è stata annunciata la storica decisione di imporre un limite di due mandati consecutivi per le cariche politiche e statali.
    Solo un mese fa inoltre, ha cominciato a vacillare un altro tabù anticapitalista nel Paese del castrismo, con i cubani - o almeno alcuni di loro - che potranno togliersi lo sfizio di utilizzare carte di credito per l’acquisto di prodotti agganciati al dollaro Usa come, per ora, è concesso solo ai turisti stranieri.

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  2. L'SPRESSO...IERI
    Il primo McDonald's aprirà al Malecón o in Plaza de la Revolución? Il tormentone del momento rimbalza dai vicoli dell’Avana vecchia alle ville déco di Miramar. È lo slogan disincantato del nuovo corso che ha riaperto le porte agli Stati Uniti. E che spinge Alex Castro, figlio e fotografo ufficiale del líder máximo, a immaginare perfino l’imminente apertura a Cuba di fabbriche di Coca Cola, per oltre 50 anni un simbolo del vituperato capitalismo.
    All’aeroporto le procedure di ingresso si sono snellite. Sul passaporto vengono apposti dopo decenni i timbri: chi viene a Cuba e poi rientra negli Usa non è più un potenziale sovversivo per i doganieri americani. L’unica preoccupazione è Ebola: controllati i viaggiatori provenienti dall’Africa. I tassisti privati, fiutando il vento, rimettono a lucido i residuati americani (Ford, Buick, Studebaker) sopravvissuti alla rivoluzione, si infilano cappelli texani in testa e portano in corteo lungo il Malec ó n le torme di turisti yankee (80 mila l’anno fino al dicembre scorso, probabilmente 3-4 milioni dopo il disgelo) per un pellegrinaggio della memoria che sa tanto di Disneyland. La gita si conclude in piazza della Cattedrale, dove anche qui fiorisce il mercato delle aste per i selfie. O nel triangolo delle bevute dove era solito sbronzarsi Ernest Hemingway, vorace consumatore di mojitos e daiquiri alla Floridita, alla Bodeguita del Medio e all’hotel Ambos Mundos in cui alloggiò.
    Cuba è una terra ancora vergine, un impasto non del tutto contaminato di socialismo e caraibismo, agli occhi dei turisti yankee. Interessati però non tanto alle conquiste del castrismo quanto a reimpadronirsi delle atmosfere della loro influenza politica e culturale dissoltasi nel 1959 con la cacciata di Fulgencio Batista. È il turismo della nostalgia. Un anziano ingegnere di Seattle, che aveva visitato Cuba prima dell’avvento di Fidel, si spinge a piedi fino alla Oficina de Intereses Estatounidenses (l’ambasciata ufficiosa) nella speranza prematura di veder sventolare la bandiera a stelle e strisce ammirata qualche ora prima sul pennone dell’Hotel Esplanade (dove abitualmente risiedono i negoziatori americani). Sul piazzale, in cui nei tempi della Guerra Fredda si alzava una selva di stendardi neri per oscurare le scritte luminescenti selezionate dai diplomatici di Washington nel tentativo di scavalcare la censura, il tempo è ancora sospeso. Non c’è traccia di vessilli ma intanto è scomparso pure il cartoon irriverente che si faceva beffe del “nemico yanqui” sbattendogli in faccia la scritta “noi cubani non abbiamo alcuna paura”: il muro è completamente sbriciolato.

    La svolta storica del 17 dicembre, la data in cui Washington e L’Avana hanno annunciato di voler ripristinare i rapporti diplomatici interrotti nel 1962, ha provocato una scossa di euforia che induce i sognatori a fantasticare per l’isola un futuro magnifico. L’Avana si predispone all’invasione americana mostrando un volto sorridente. La liberalizzazione di oltre duecento mestieri che ha creato negli ultimi anni un piccolo esercito di cuentapropistas (imprenditori privati) le sta togliendo la patina di polverosità terzomondista. Aprono a getto continuo ristoranti, bar e negozi di lusso. L’incalzare del dialogo fra le autorità che si guardavano in cagnesco alimenta le speranze. Accentuate dallo sguardo più benevolo che oggi i cittadini statunitensi riservano a Cuba. Secondo un sondaggio della Gallup il 48 per cento degli americani è favorevole al negoziato (otto punti in più rispetto all’anno scorso) e il 56 per cento vorrebbe eliminare l’embargo.

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  3. Già si vocifera di una visita ufficiale di Raúl Castro negli Stati Uniti il giorno successivo alla nomina degli ambasciatori. Mentre anche con la Ue si riducono le distanze: sono ripresi i colloqui per il ripristino dei rapporti interrotti nel 2003. E François Hollande ha annunciato per maggio la prima visita all’Avana di un capo di Stato francese. Sulla scia la fantasia galoppa: Cuba (11 milioni di abitanti) che ha un’economia asfittica, salari da fame (in media venti dollari al mese), un Pil che l’anno scorso è cresciuto solo dell’1,4 per cento, sarà riammessa ai prestiti del Fondo Monetario da cui fu espulsa nel 1964. E mutuando il modello vietnamita che non ha rinnegato il marxismo diventerà la nuova Panama. Sullo sfondo si intravede un processo di americanizzazione che solleverà l’economia dal pantano e toglierà all’isola il fascino sia pur decrepito della diversità. Ma è robusto anche l’esercito degli scettici, per i quali non cambierà nulla. Almeno fino a quando non sarà varata una riforma seria dei salari. Sui tempi brevi a beneficiare del nuovo corso saranno i soliti: chi lavora nel turismo ed è a contatto con il dio dollaro e chi riceve rimesse dagli Usa. In controtendenza rispetto al mood dominante, dal 17 dicembre sono triplicati i viaggi clandestini dei balseros verso gli Stati Uniti.

    INDIETRO NON SI TORNA
    La più prosaica realtà è che Washington e L’Avana sono impelagate in una complicata partita a scacchi dove l’aspirazione di Obama a introdurre nell’isola le aperture democratiche cozza contro la riluttanza dei dinosauri del regime (hanno annunciato che abdicheranno solo nel 2018), decisi a difendere la bussola ideologica del socialismo e il controllo statale dell’economia. Il disgelo, al momento, ha prodotto misure significative ma non radicali: libertà di accesso all’isola per alcune compagnie aeree americane, per le navi da crociera e per i tour operator; facoltà per i turisti yankee di importare negli Stati Uniti rum e tabacco per complessivi 400 dollari; possibilità per gli emigrati di aumentare il tetto delle rimesse da 500 a 2 mila dollari ogni tre mesi; attivazione da marzo della carta di credito Mastercard. «Siamo agli inizi, però il cambio è una realtà», taglia corto Alfredo Sosa Bravo, pittore di fama internazionale. «Ormai il processo è irreversibile». «No, non è un fenomeno di facciata», concorda Marco, un ballerino che gestisce il Caffè degli Artisti in un angolo di tendenza dell’Avana vecchia. «Oggi è più facile fare affari. Indietro non si torna». La semplificazione dei contatti commerciali dovrebbe venire accelerata dalla prossima missione esplorativa di imprenditori Usa organizzata dal governatore di New York Andrew Cuomo. Ma nel rimescolamento delle regole già si profilano battaglie legali per lo sfruttamento dei prodotti cubani più rinomati: la Bacardi vuole recuperare dai francesi della Pernod Ricard la leadership nella produzione del rum e una zuffa in tribunale si sta scatenando fra i pretendenti alla titolarità dei sigari Cohiba. Intanto resiste l’embargo che sui muri viene ancora definito come “il più grande olocausto della storia”. I repubblicani, maggioranza al Congresso statunitense, sono pronti alle barricate contro l’inclinazione di Obama a liberarsi anche di questo rottame del Novecento.

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  4. Sono due donne le protagoniste del confronto avviato il 21 gennaio all’Avana e proseguito poi a Washington che, con la benedizione della Chiesa (fondamentale il ruolo di Papa Francesco nel processo di avvicinamento), dovrebbe sfociare nella ripresa ufficiale delle relazioni diplomatiche forse in coincidenza con la prima presenza in 21 anni di Cuba al Vertice delle Americhe (10 e 11 aprile a Panama). Sul fronte cubano è in prima fila Josefina Vidal, direttrice generale del Ministero degli Esteri per i rapporti con gli Usa. Su quello americano Roberta Jacobson, vicesegretario di Stato con delega per l’America Latina. Funzionarie agguerrite. Che conoscono nei dettagli la tormentata storia fra i due Paesi. Dalla dottrina Monroe, che nel 1898 in nome della supremazia americana spinse Washington a liberare Cuba dal dominio coloniale spagnolo, all’emendamento Platt, che dopo l’indipendenza cubana regolò per 30 anni le relazioni fra i due Paesi. Dal sostegno dato dagli Stati Uniti negli anni Cinquanta al regime agonizzante di Fulgencio Batista alla fallita invasione nel ’61 della Baia dei Porci da parte di mercenari addestrati dalla Cia. Dall’embargo del ’62 alla crisi dei missili dello stesso anno disinnescata da John Kennedy. Dal 1° gennaio ’59, il giorno del trionfo della rivoluzione, Cuba è sempre stata una spina nel fianco degli Stati Uniti che hanno conservato nell’isola l’enclave militare di Guantanamo rivendicata da Raúl anche nell’attuale negoziato.

    La Vidal ha alle spalle un rapporto controverso con gli Stati Uniti. La sua carriera comincia nei servizi segreti. Entra al Ministero degli Esteri nell’81 e nel ’99 viene inviata a Washington insieme con il marito José Anselmo Lopez Perera come primi segretari della sezione di interessi cubani. Vengono entrambi espulsi nel 2003 con l’accusa di spionaggio. Dal 2012, quando partono le trattative segrete, torna più volte negli Stati Uniti alla testa della delegazione cubana. Contestata per i trascorsi da due segretari di Stato, prima Hillary Clinton e poi John Kerry, e vista come fumo negli occhi dai repubblicani che hanno tentato a più riprese di negarle il visto. È una negoziatrice determinata, che sottolinea ad ogni passaggio la sovranità del suo Paese e rifiuta di allargare la trattativa all’ipotesi di elezioni pluripartitiche e di annacquamento dei valori socialisti. Se il negoziato avrà successo, è la candidata naturale alla carica di ambasciatore negli Usa.

    La Jacobson è stata assunta al Dipartimento di Stato nell’86. Ha fatto carriera sotto l’ala protettrice di Arturo Valenzuela, suo predecessore nell’ufficio in cui si curano i dossier dell’America Latina. È stata vice-ambasciatrice in Perù all’inizio del 2000. Boicottata dalle alte sfere della diplomazia di carriera, ma appoggiata dall’allora segretario di Stato Madeleine Albright. In seguito difesa anche da Hillary Clinton che intervenne alla festa di un suo compleanno tenuta (segno del destino) all’Havana Café di Cartagena. Anche la Jacobson sa mostrarsi spigolosa. A scanso di equivoci, ha già ricevuto più volte i dissidenti cubani che le chiedono di impegnarsi nella rivendicazione dei diritti civili e, alla vigilia del secondo round di colloqui, ha duramente criticato la repressione degli oppositori. Lo scoglio principale rimane la permanenza o l’uscita di Cuba dai Paesi che sostengono il terrorismo.

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  5. Le alte sfere del partito e i circoli intellettuali sono compattamente schierati a favore di una svolta che appare come una via obbligata. Cuba ha sempre avuto bisogno di una stampella. L’Unione Sovietica fino al crollo del comunismo. Poi il Venezuela di Hugo Chávez, che dava petrolio in cambio di personale medico, ma che con Nicolas Maduro è oggi in agonia. Gli Stati Uniti, che non hanno mai cessato di essere uno specchio almeno sul piano del costume, possono ora garantire quelle condizioni di sviluppo che la “revolución” non è mai riuscita a innescare. «Ma il processo in corso», sostiene Gloria Leon Rojas, che insegna storia all’università dell’Avana, «è forse più conveniente per gli Stati Uniti che temono gli appetiti verso Cuba sviluppati negli ultimi anni da Russia e Cina. A Washington c’è stata sempre una corrente pro-cubana fin dai tempi di Kennedy. Oggi lo spazio per una crescita della libera imprenditoria è stato creato. C’è la prospettiva di discreti affari. Semmai il rischio è un altro. Gli americani prima o poi saranno tentati di promuovere la democrazia. O almeno la socialdemocrazia. Ma debbono stare molto attenti. Quando metti i piedi nel piatto rischi di creare solo il caos, come è avvenuto in Iraq».

    SOCIALISMO SOSTENIBILE
    L’argine posto dal regime in un estremo sforzo di autoconservazione è racchiuso nella formula del “socialismo sostenibile”. Dialogo sì, ma senza svendere né valori ideologici né conquiste sociali. «Raúl ha fatto scelte innovative», dice Vando Martinelli, intellettuale italiano vicino alla famiglia Castro, «ma mai senza consultarsi con Fidel che anche dopo le dimissioni rimane il padre della rivoluzione». Sondaggi americani hanno rivelato in passato che se a Cuba fossero state introdotte libere elezioni il vincitore sarebbe stato il líder máximo. La sua popolarità rimane intatta fra i vecchi militanti. «È l’uomo della vita», inneggia il cineasta Miguel Dinarte, rivoluzionario e leggenda della cultura che vive in una sorta di fattoria-museo confinante con Punto Cero (la residenza di Fidel). «È il patriota che ha fatto diventare ricca Cuba. Perché per noi non vale il danaro ma l’essere umano. Gli americani saranno rispettati. Ma solo se non dimenticheranno che ognuno è padrone in casa propria».

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  6. Negli ultimi mesi si è speculato molto sulla salute di Fidel, 88 anni, che da tempo era scomparso dalla scena pubblica. In gennaio i circoli anticastristi di Miami l’hanno dato una volta di più per morto. In realtà era affetto da una bronchite. Le due figlie di Raúl (83 anni) hanno confidato durante una cena che Fidel non si era pronunciato dopo il disgelo sia per ordine del medico sia per non togliere la scena al fratello. Nelle settimane successive ha ospitato il teologo della liberazione Frei Betto a cui ha espresso la sua grande ammirazione per Papa Francesco. Ha ricevuto il capo della gioventù comunista a cui ha impartito una lezione di marxismo-leninismo. E infine ha incontrato i cinque “eroi” liberati dagli Stati Uniti dopo l’accordo. Ma soprattutto ha preso cautamente le distanze dall’accordo con gli Usa, specificando in una lunga lettera inviata a “Granma” (il quotidiano del partito) che sulla svolta non ci sono le sue impronte digitali: «Non ho fiducia nella politica degli Stati Uniti. Non ho scambiato una parola con loro, senza che questo significhi un rifiuto a una soluzione pacifica dei conflitti». Di seguito la difesa un po’ fredda dell’operato del fratello: «Il presidente ha fatto i passi pertinenti d’accordo con le prerogative e le facoltà concessegli dall’Assemblea Nazionale e dal partito comunista». L’opinione corrente è che, ancora una volta, i fratelli camuffino il processo decisionale dietro le cortine di un gioco di ruolo. Raúl è il poliziotto buono. Fidel quello cattivo.

    L'ORA DEI CINQUANTENNI
    Come finirà lo si comincerà a intuire forse fra tre anni. Quando al vertice dovrebbe salire la generazione dei cinquantenni che non ha fatto la rivoluzione. Il passaggio preliminare avverrà al Congresso del Partito Comunista nel 2016. Che fisserà i criteri di una nuova legge elettorale un po’ più democratica. Con il presidente forse non più nominato dal Consiglio di Stato ma scelto dal popolo con voto segreto in una lista però sempre stilata dal Comitato Centrale. Il favorito alla massima carica resta il 55enne Miguel Diaz Canel, vice di Raúl. Un ingegnere dal profilo basso e dallo spirito pragmatico. Le sue quotazioni sembravano in ribasso. Ora appare in risalita. Forse perché ha sempre favorito il dialogo con gli Stati Uniti. Senza sbilanciarsi. L’orizzonte deve rimanere socialista. A Washington si può al massimo concedere lo zuccherino del “sostenibile”. Ma in modica quantità o in dosi ancora pesanti?
    Gianni Perrelli

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  7. La signora nella foto non ha avuto problemi a uscire. Stefano

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  8. Qualche problema lo ha avuto anche lei

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  9. OT
    Conosci il locale cubano a Giaveno "Il Colonial" ?
    Dovrebbe essere di una italiana sposata con un cubano.

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  10. So dove è ma non ci sono mai stato. Manca solo che, in Italia, vada a mangiare in un ristorante cubano. . .

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  11. YUMA- Ma come, leccornie come il congri', la yucca fritta o anche bollita, i tostones, uhmmm...... il boniato o magari i tamales, il lomo de puerco asado e el pollo frito NON TI METTONO L'ACQUOLINA IN BOCCA?

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  12. YUMA - Anche a Cuba l'acquolina in bocca me la mettono le chicas, non certo la cucina cubana che, per i miei gusti, non brilla certo per fantasia, varieta' e profumi come la nostra, anzi le nostre che si presentano come fuochi artificiali del palato.
    Le ciche invece fanno fuochi artificiali nella cama, sono ardite, voluttuose, sensuali, erotiche, spregiudicate, naturali......insomma delle impagabili......eppur baratte. Che sogno!

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  13. Alla fine ogni testa è davvero un piccolo mondo. . .

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  14. YUMA -Ogni testa un piccolo mondo. E' vero, non stiamo tratando delle teorie dei massimi sistemi, ma sappiamo tutti quanto conta il palato, e ancor piu' la .....gnocca. Sappiamo bene quanto si e' disposti a fare per lei perche e' intorno a lei che gira, appunto, il mondo. E se le cose stanno cosi' , ecco perche' Cuba piace tanto: perche' possiede indiscutibilmente la piu', o una delle piu' affascinanti ricchezze dell'umanita'.

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  15. Argomento interessante......una decina d'anni fa......

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    1. Dalle mie parti, ma credo anche dalle tue..., dai tempi che furono gira questo detto:

      tira più un pelo di figa (Milan l'è semper Milan)...che un carro di buoi...

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      sacrosanto!

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    2. C'e' poi anche la legge di Galbusera "Anca la dona biunda ga la barbisa nera..."

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    3. allora anche questa:

      dona rusa da cavei gulusa d' usei...
      (donna rossa di capelli golosa d' uccelli)

      donne all' ascolto: chiaramente si scherza...siam ragazzi!

      Freccia

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    4. Veniamo in soccorso alle donne
      "Nessuna donna può far diventare intelligente un cretino ma qualunque donna può far diventare cretino uno intelligente"
      Questa calza a pennello per Cuba

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    5. ma quale soccorso...jajajajaja

      l' ultima giuro...almeno per oggi:

      donna nana, tutta tana!

      Chi di Voi conferma?

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    6. Quando una nana sbadiglia. . . Ehm. . . Chiudiamo questo discorso. . .

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  16. Dopo la serata di ieri, dedicata al calcio minore, questa sera si fa sul serio (SGRAT)

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  17. Stasera anche Inter-Volkswagen...

    sperem in ben...

    Freccia

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    1. Voi ce la potete fare, Carrizo permettendo, per noi e' durissima.

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  18. Io resto sempre convinto che Cuba se cambierà lo farà tra molti anni...non ci credo in un cambio delle cose immediato, neanche un miracolo ci riuscirebbe, poi conoscendo i tempi cubani.....campa cavallo.

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  19. Valter ricorda che solo pochi anni fa un cubano non poteva entrare in un hotel. . .

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  20. Fantastica la Pennetta che, fra le lacrime, piega la Sharapova

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  21. Ma il violinista non suona più? Si gode come delle bestie!!
    Simone

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  22. Quando avrebbe dovuto strigliare i suoi, sviolinava e dava la colpa ad una partita di tre mesi prima. Fa giocare due tizi dell'unitre. Il risultato é che in casa non vincono dal 7 dicembre.
    Un presuntuoso mediocre.
    Simone

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  23. Lui questo anno ha parlato troppo ma ha perso i due centrali di difesa che erano fortissimi

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  24. Allo sbando come spesso accade da noi a roma,adesso l ennesima rifondazione.paolino.

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  25. Tre gol in venti minuti. La squadra ha mollato il mister.

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  26. 0-0 primo tempo
    Abbiamo dominato ma è mancato il gol
    Ci vuole anche un po' di culo.
    Speriamo nel secondo tempo

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  27. Tutto lo stadio ad applaudire la squadra.

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  28. Bella partita. Meritavate di giocarvela ai supplementari.
    Tweet che ho letto stasera: dal violino alla Viola. Per Garcia una stagione stonata.
    Simone

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    1. Guarda senza la follia di Benassi in Russia passavamo noi
      questa sera meritavamo il 3-0 ma quando non entra non entra

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  29. Ma mai un pò di culo XINGAAAAA!!!!!!!

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  30. Lo sai che a noi non succedesuccede. .

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  31. C'hanno un culo 'sti gobbi :-( a beccare il Montecarlo

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  32. Vada per i ricongiungimenti matrimoniali, dietro ai quali potrebbe celarsi un falso connubio, ma per le vise turistiche tutto sto menaggio per quanto mi riguarda è francamente esagerato.....infatti spero che il test in tedesco si faccia solo per il primo caso, altrimenti è davvero una schifezza e non sono d'accordo con quello che dici sul fatto imparare la lingua....se ci vengo per rimanere ok, ma se ci vengo per turismo, a parte danke, non sono obbligata a imparare il tedesco. Neppure noi italiani lo facciamo perchè dovrebbe farlo un cubano?
    L.

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  33. Infatti parlavo di gente sposata.
    Detto questo, visti i chiari di luna, ogni paese ha il pieno diritto di tutelarsi nei confronti chi vuole venirci a vivere in pianta stabile.
    Magari truffando chi, in buona fede, lo invita.
    Senza generalizzare....ovviamente.

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