domenica 24 maggio 2015

RAMON

Anteprima

Tratto dal libro; "Cuba;un'isola nel sole"
Ramon se ne è andato, i primi giorni di un gennaio
qualunque, stroncato da una lurida leucemia con cui
combatteva orgogliosamente da 2 anni.
Ramon era il proprietario della casa non legale dove ho
soggiornato per 2 anni nel 2004/2005, periodo in cui a
Las Tunas, nelle case de renta legali, se non eri sposato,
non potevi portare nessuna fanciulla.
Lo conobbi alla piscina dell'hotel una domenica, il
giorno preciso in cui iniziavano quei 2 anni di
pentecoste.
Ero al sole con un amico chioggiotto, discutevamo fra di
noi sul come affrontare quella scomoda situazione.
Al momento la soluzione più logica ci sembrava quella
di prendere un’ unica casa per tutti e due, dividendo la
spesa, per poi andare a divertirci in case “alternative”.
Si avvicinò a noi, con quella faccia da bandito e i non
molti denti in bocca.
Sul suo tavolo giacevano non meno di una ventina di
lattine di Bucanero defunte.
Si presento’, ci chiese se eravamo interessati ad andare
a vedere casa sua, aveva un paio di camere libere.
Ovviamente illegali.
La casa, all'epoca, non era il massimo, ma le camere
erano pulite, coi ventilatori funzionanti.
Per pochi cuc al giorno decidemmo di andare a
soggiornare, in pianta stabile, in quella casa.
Inizio cosi' una lunga e bella amicizia con questo temuto
bandolero.
Era più giovane di me, ma una vita di cerveza, ron e non
meno di 2 pacchetti di popular al giorno lo avevano
segnato.
Viveva con la sua donna, non bella ma, probabilmente,
l'unica capace di tollerare le sue scorribande dietro a
ogni cosa che sculettasse.
più volte lei, incazzata e delusa, se ne andò da casa, più
volte lui le corse dietro per farsi perdonare.
Ramon aveva il padre e la sorella nel New Jersey, i soldi
iniziavano ad arrivare.
Vacanza dopo vacanza le camere erano sempre piu’
belle.
Arrivo’ anche l’aria condizionata.
Di sera mangiavamo tutti insieme come una famiglia.
Visto che continuava a farmi pagare una miseria mi
occupavo io del cibo fornendo i soldi per la spesa alla
moglie.
Coi soldi delle rimesse e quelli che tirava su rentandosi
due e, successivamente, 3 cuarti divenne uno dei
cubani che viveva ben al di sopra della media.
Questo fu l'inizio dei suoi problemi.
Anche il proprietario della casa di sopra la nostra, casa
vendutagli da Ramon quando aveva cercato la fuga per
le Bahamas, proprio mentre i 2 governi trovavano
l'accordo per l'immediato rimpatrio dei fuggiaschi,
rentava illegalmente 2 camere.
Vi lascio immaginare il via vai di stranieri, venditori,
femmine e chulitos...
Ramon pagava chi di dovere perché’ chiudesse gli occhi,
consentendogli di proseguire il redditizio negocio.
Da giovane era stato pilota motociclistico (credo che la
sua famiglia non se la passasse male) o qualcosa di
simile.
Sbavava dietro a qualsiasi motore.
Quando rentavo lo scooter, di nascosto, mentre
dormivo, mi fregava le chiavi per scorrazzare in città a
caccia di fanciulle...
Il buon vecchio Ramon.
Quando permisero nuovamente l’ingresso delle ragazze
nelle case legali restammo in contatto, spesso
cenavamo insieme.
Un giorno, dopo 8 mesi che mancavo da Cuba, lo andai
a trovare, mi ritrovai davanti uno scheletro.
Leucemia.
Aveva già avuto, in passato, una strana serie di problemi
di salute, ma i medici non avevano riscontrato nulla di
strano. Oramai era tardi per il trapianto di midollo.
Iniziò una costosa cura con farmaci che la sua famiglia
inviava, in vari modi, dagli Stati Uniti.
Trovai lui conciato cosi' e la moglie incinta.
Visto che non aveva parenti a Cuba e che, in caso di
morte, lo stato, si sarebbe impadronito della bella casa
dove vivevano, decise di sposarla e di metterla incinta,
in modo che la casa rimanesse a lei e alla bambina che
doveva nascere.
A novembre di quell’anno vidi per la prima volta la
bimba, stessa faccia da bandolero del padre.
Lo trovai un po' meglio, erano gli ultimi fuochi.
Durante la vacanza successiva, appena arrivato a Tunas,
a fine gennaio, mi comunicarono la morte del mio
amico.
Ci misi 10 giorni per decidermi ad andare a trovare la
moglie e la bimba.
Non ce la facevo a rivedere quella casa dove ero stato
per anni cosi' bene, la casa in Lico Cruz.
Trovai la moglie che giocava con la bimba, mi vide,
venne silenziosamente ad abbracciarmi in lacrime.
Le stesse lacrime che, inaspettatamente, vidi scorrere
sulle mie guance.
Era una vita che non mi succedeva, non c’ero abituato.
Mi raccontò gli ultimi giorni e non fu in bel sentire.
Che la terra ti sia lieve Amico mio.
Non adesso, ma ci ritroveremo, prima o poi…

8 commenti:

  1. Di nemici Oscar Romero, il vescovo salvadoregno ucciso il 24 marzo del 1980 mentre celebrava messa su un altare nella cappella di un ospizio per anziani a San Salvador, ne aveva tanti. Molti fra i suoi confratelli vescovi. Molti in Vaticano, fra prelati ossessionati dal suo presunto filo marxismo e invidiosi dei suoi successi di popolo. Ma ciò che non si è mai detto fino in fondo è che fra questi non si possono in nessun modo annoverare i due Papi che, da lontano, lo seguirono nella sua difficile epopea: Paolo VI e Giovanni Paolo II. È quanto si evince dai documenti, fino a oggi inediti, contenuti nella causa di beatificazione che ora, grazie a Francesco, è stata definitivamente sbloccata. Un materiale prezioso di cui si è avvalso Roberto Morozzo della Rocca in "Oscar Romero. La biografia", edita da San Paolo.
    Su tutto vale un'immagine. È il 6 marzo del 1983 quando Giovanni Paolo II si reca in visita in Salvador. Si è ancora in piena guerra civile. Ma il Papa, derogando clamorosamente a un programma che evita di fare memoria dell'arcivescovo, vuole pregare sulla sua tomba. La vettura del Papa devia dal percorso e giunge, attraverso strade deserte, alla cattedrale, che è chiusa, tanto che si deve attendere qualche minuto alla porta prima che qualcuno trovi le chiavi. Wojtyla può infine inginocchiarsi davanti alla tomba dell'arcivescovo ucciso. Ed esclama più volte: "Romero è nostro", rivendicando il carattere ecclesiale, religioso, sacerdotale della vita di Romero.
    Romero subì un ostracismo ecclesiale notevole, che molto lo fece soffrire. Il 14 dicembre del 1978 si presentò improvvisamente a San Salvador, senza che Romero fosse nemmeno avvisato, il vescovo argentino Antonio Quarracino inviato come visitatore apostolico dalla Congregazione per i Vescovi, cioè dal cardinale Sebastiano Baggio. Influenzato da parte dell'episcopato salvadorgeno che invidiava il successo di popolo di Romero, Baggio voleva di fatto destituirlo. Romero subì in silenzio. Ma dopo che Giovanni Paolo II incontrò Romero a Roma, di colpo l'ostilità di Baggio mutò. Il giorno dopo l'udienza Romero passò dal prefetto dei vescovi che, scrive Morozzo della Rocca, lo attendeva "con cordialità". Improvvisamente aveva smarrito quella severrità che gli aveva dimostrato in occasioni precedenti.

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  2. Già con Paolo VI la tela dei detrattori di Romero lavorava alacremente sull'asse San Salvador-Roma. Tre vescovi suffraganei dell'arcidiocesi, Alvarez di San Miguel, Aparicio di San Vincente e Barrera di Santa Ana, assieme al nuovo vescovo ausiliare René Revelo, promosso in quel posto da un ingenuo Romero, pompavano nelle orecchie dei prelati di Roma maldicenze a non finire. La loro tesi era che l'arcivescovo fosse "eterodosso, insano di mente, malato psichico in forma grave e fosse plagiato dai suoi consigliere, specialmente dai gesuiti". E ancora: "L'arcivescovo era un uomo pericoloso che andava fermato. L'unità della Chiesa salvadoregna sarebbe ritornata quando Romero se ne fosse andato". Contro le arringhe dei detrattori, a cui presto si aggiunse anche il nunzio Gerada che dichiaratamente iniziò a lavorare per la sua rimozione, Paolo VI fece da parafulmine. "Coraggio, è lei che comanda", gli disse Montini nell'aprile del 1977. A conti fatti, l'amicizia con Paolo VI "aveva protetto Romero. Baggio nutriva forti dubbi sul suo operato, per il diluvio di informazioni negative che pervenivano a Roma a cominciare dal nunzio Gerada, ma il rapporto con il Papa funse da ombrello per Romero", almeno fino alla morte del Papa, il 6 agosto 1978.
    La biografia di Morozzo della Rocca si basa su documenti segreti. Essi fanno parte del corpus della stessa causa di betaificazione, seppure è vero anche il contrario. È stato anche il lavoro di Morozzo della Rocca a portare Romero alla beatificazione, come evidenzia anche Andrea Riccardi nella prefazione al volume. Senza le ricerche e gli studi di Morozzo su Romero, condensati in questa Biografia, il processo di beatificazione di Romero forse non avrebbe avuto esito felice, rimanendo imprigionato nelle contrapposizioni dei decenni passati. L'ostilità ecclesiastica verso Romero, infatti, è continuata anche dopo la sua morte. Come quando era in vita, i detrattori hanno cercato di bloccare la causa, oggi come ieri ossessionati dal vangelo sine glossa di Romero, dal suo essere tutto per tutti, soprattutto per i poveri, incuranti delle accuse di marxismo tipiche di un cattolicesimo di retroguardia. Domani, finalmente, la cerimonia di beatificazione: a celebrarla a San Salvador - davanti a 250 mila fedeli - sarà il cardinale Angelo Amato, prefetto per le cause dei santi. Con lui molti vescovi dell'America latina e più di mille sacerdoti.

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  3. patrizia albanese
    inviata a favale di malvaro (ge)

    Scorte e lampeggianti? Ma quando mai. Arrivano quasi alla chetichella, in una giornata uggiosa. Non fosse per l’auto dell’ambasciata, che dal porto di Genova ieri mattina li ha discretamente portati fin quassù in Val Fontanabuona, sembrerebbero due turisti normali. Perdipiù con poco bagaglio. Già perché a José Alberto Mujica Cordano e a sua moglie Lucia Topolansky - sposata nel 2005 - non serve poi molto. Sebbene lui, figlio di emigranti liguri, fino al primo marzo fosse l’amatissimo presidente dell’Uruguay, del quale è tutt’ora senatore, al pari della moglie. Che non porta manco un gioiello, neppure la fede dopo le nozze. Pure quelle anomale. In stile col personaggio.
    Racconta, Lucia, sua compagna da quarant’anni: «Non mi ha fatto una dichiarazione, ha fatto un annuncio. In televisione, un giorno, ha comunicato che si sarebbe sposato. Io stavo ascoltando in cucina e l’ho saputo così…». Pausa. «Era sicuro che gli avrei detto sì». Sempre al suo fianco. Carcere compreso. Esperienza, che «Pepe» ricorda tranquillo perché gli «ha insegnato tanto» spiega puntandoti addosso gli occhi nerissimi e scintillanti. Sempre con un diktat: «Essere al servizio degli altri, questo è il significato della politica».
    Servizio alla società
    In Italia, veramente, mica tanto… Tra indagati e corrotti, la politica non appassiona. «Ah, no? È molto triste. E in cosa crede la gente?- domanda stupefatto - Se non si crede nel futuro non c’è niente. L’uomo è un animale politico. Diceva Aristotele, che non può vivere da solo, ma nella società. Tu come faresti senza penna e taccuino? Ci vuole qualcuno che li faccia. E che faccia vestiti, auto... Dipendiamo tutti dalla società. La politica è occuparsi della società e dei diritti». Lei da presidente ogni mese dei suoi 8.900 euro, ne devolveva 8.100 agli uruguaiani.
    Qui non va proprio così. Sospira: «La gente che ama troppo i soldi non deve entrare in politica. Che è servizio. È questa la felicità: servire la gente che ha bisogno. La bara non ha tasche per portarsi via i soldi». Lei e Lucia non avete mai abitato il palazzo presidenziale. «È un museo» scandisce mulinando il braccio verso il soffitto in legno dell’Osteria Fonte Bona, tre camere in tutto - e servizi al piano - dove l’ex presidente ha prenotato quindici giorni fa: online. E tanto per capire che in questa vallata è planato un marziano – anzi due – basti dire che il proprietario, Giovanni Bottino, dopo aver preparato il pranzo «a base di affettati, ravioli col tocco e vino “tinto”», ha lasciato amabilmente riposare «Pepe e Lucia». L’ex presidente è sbarcato «in cerca delle radici», della casa dei nonni materni, dopo una sosta a Muxyka, nei Paesi Baschi, terra paterna. Un viaggio-regalo, che dopo la Val Fontanabuona e Genova, porterà la coppia a Roma, dal Papa.

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  4. I due mondi
    «Vedrò Francesco il 28. È il secondo incontro, con quest’uomo che si è spogliato di tutto». Credente? «No – replica divertito sotto i baffi alla Marquez – Ateo. Per il Cristianesimo la vita è una valle di lacrime. Non sono d’accordo: è bellissima. E il Paradiso è qua, è questa vita. Però, la religione aiuta a morire bene. Voglio parlare al Papa di molte cose. Principalmente della difficoltà d’integrazione tra tutti i Paesi dell’America Latina». Europa e Italia sono alle prese con i migranti e la strage dei barconi. «L’Europa diventerà caffelatte. Una miscela di razze – commenta placido – La soluzione non è combattere, ma andare in Africa ad aiutarli. L’Europa avrebbe dovuto farlo da tempo. Quanta ricchezza s’è presa dalle colonie? Poi li ha mollati… Non è giusto». Abbattere Saddam e Gheddafi? «Un errore enorme. La democrazia non si esporta con la guerra, né si impone. Gheddafi e Saddam tenevano una dittatura paternalista. Ma il Paese teneva. Ora è il caos. Si sta peggio di prima». Come se ne esce? «L’Africa deve farcela da sola. Con molto dolore, certo.
    È molto giovane, è cresciuta molto la sua popolazione. Chi arriva in Europa le fa un favore: la svecchia. Lavora e aiuta, lasciandole il plus valore del suo lavoro. L’Ue deve organizzare gli aiuti e al contempo andare in Africa». Normale. Come la sua vita, in realtà straordinaria. Senza sfarzo. Continuando «a impastare la pizza» e coltivando «pomodori, zucchine, fave». Facendo con Lucia «35 bottiglie di conserva, per il sugo di tutto l’anno». Un marziano della politica in camicia e maglione, con un paio di scarpe le stesse «da tre anni, perché in Uruguay le fanno bene». Felice della sua vita? «Se dall’altra parte ci fosse il bancone di un bar, sa cosa direi? Un altro. Identico a questo».

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  5. Che storia toccante veramente.paolino.

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  6. Storia triste Milco...credo che quasi tutti i tuoi lettori conoscono e sono amici di un Ramon..il mio si chiama Jorgito e pure lui nonostante abbia poco più dei miei anni paga vita stravizi..che Dio lo cuidi...mi hai messo malinconia...ciao
    Stefano

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  7. Il ricordo delle persone care e' una cosa che dobbiamo conservare gelosamente

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