domenica 21 giugno 2015

CAMBIO DI PROSPETTIVA


 
TRATTO DAL LIBRO "CUBA;UN'ISOLA NEL SOLE"
Lavoravano tutti e due nello show del Cabaret Taino, a
Las Tunas.
Tutti e due cantanti...e che cantanti!
Lui era un bel tipo, bianco, ben messo, molto macho.
Sul palco indossava sempre un’ elegante camicia di raso
nero.
Un repertorio robusto con poche concessioni al
melodico.
Cavallo di battaglia "Fiesta", cantata a centro palco con
le gambe ben piantate e la mano aperta verso il cielo.
Esattamente come fanno i cantanti latini quando
vogliono rappresentare forza ed energia.
Lei era un sogno.
Bianca, bellissima, corpo flessuoso, sempre fasciato in
lunghi abiti aderenti.
Capelli neri, lunghi "fino al mandolino" , come cantava
Ivan Graziani. 

Una voce splendida, un' interpretazione
da applausi.
Erano sposati de papel, la famiglia di lei molto religiosa :
per lasciarla vivere con lui , pretese che tutto fosse
fatto per bene.
Lei era la principessa e lui il principe dello show cantato.
Si amavano alla follia, fino a quando un giorno...
Lui decise di aprire i propri orizzonti e scopri' l'altra
faccia del cielo.
Forse favorito dal clima artistico cubano, (nel quale il
90% degli artisti uomini, si rivolge a quell'altra parte del
cielo) scopri’ che gli uomini potevano non essere solo
colleghi di lavoro.
Inizio’a frequentare il costumista, poi con un altro e via
di seguito.
Lei la prese male, malissimo. 

Per una donna deve essere
una ferita da cui è difficilissimo guarire.
Si apri' le vene.
La presero in tempo, la salvarono.
Successivamente è tornata a cantare, forse, e’ rimasta
anche in buoni rapporti con l'ex principe azzurro.
Si narra che una sera, durante lo show alla Bolera, con
lui presente, abbia cantato, divinamente, una canzone
sul rimpianto per ciò che aveva perduto.
Pare che quella sera non tutti gli occhi restarono
asciutti.
L'emotività ed il "sentido" cubano presero il
sopravvento.
Rividi lui pochi giorni prima di un mio rientro in Italia da
quella vacanza tunera.
Camminavo con accanto una ballerina dello show.
Lui la chiamò, le corse incontro abbracciandola.
Era col suo partner, del macho che avevo conosciuto
neppure l'ombra, i gesti erano diventati effemminati,
quasi forzati.
Sopracciglia truccate, mascara intorno agli occhi.
Frequentava anche un canadese che stava preparando i
documenti per invitarlo.
Mi è sembrato felice, ma la felicità è un attimo.
Forse quello era il suo.

4 commenti:

  1. POSTO UN PAIO DI SCRITTI DEI MIEI "RIFERIMENTI CULTURALI"
    DAL BLOG DI LINUS
    HO AVUTO L'ANIMAZIONE PER 5 ANNI DA QUELLE PARTI E LE CONOSCO BENE, FANTASTICHE!

    Se un po’ mi conoscete, saprete che odio essere populista e retorico. A costo di essere impopolare e antipatico. In questi giorni di vacanza mi succede di essere diviso tra due sensazioni, quelle che mi arrivano dalla bellezza dei posti e quelle che leggo sui giornali.
    Ieri pedalando da Chia a Teulada ero letteralmente sopraffatto dalla bellezza del paesaggio, così come sono mortificato (è solo un esempio) adesso che sto leggendo le cronache dello sfascio della capitale.
    Il commento, classico, retorico, è che siamo un paese bellissimo ma non ce lo meritiamo.
    Dopodiché, quel “non ce lo meritiamo ” sottintende sempre che è colpa degli altri.
    Ma gli altri siamo noi, e quindi il cane continuerà all’infinito a mordersi la coda.
    Peccato. Saremmo un paese bellissimo.
    Intanto, scrivere il blog guardando il mare non è male…

    RispondiElimina
  2. massimo gramellini

    Gli eventi sono talmente enormi che anche la soluzione migliore sembra minuscola. Figurarsi quelle meschine, spesso grottesche. Salvini polemizza col Papa sui migranti e già trovare quei due dentro lo stesso titolo infonde un senso surreale di straniamento: come abbinare Einstein al Mago Oronzo. Ma è un po’ tutto il meccanismo della comunicazione a essere uscito dai gangheri. Nella sua invettiva contro Roma zozzona, l’untorello Beppe Grillo - ormai la vera zavorra del suo movimento - cita i clandestini accanto ai topi e alla spazzatura tra i possibili portatori di epidemie. Nemmeno i sudisti di «Via col vento» osavano parlare così degli schiavi che affollavano le loro piantagioni di cotone. E il governo ungherese? Per anni ha chiesto a gran voce il proprio ingresso in Europa. Ma ora che lo ha ottenuto decide di alzare un muro lungo il confine con la Serbia per impedire agli altri di entrare. Minacce di peste, fortezze assediate: uno scenario da Medioevo moderno, immortalato dalle immagini dei profughi aggrappati agli scogli della Costa Azzurra come gabbiani stanchi, con il mare intorno e gli yacht dei ricchi sullo sfondo.
    «Prendili tu a casa tua». Oppure: «Vadano a stare in Vaticano». I mantra della banalità salvinista si rincorrono sul web e seducono gli animi spaventati dall’inesorabilità del cambiamento, vellicandone gli impulsi più bassi. O noi o loro. Che muoiano pure di fame e malattie, possibilmente lontano dagli obiettivi dei fotografi, per evitare rigurgiti di coscienza e consentirci di partecipare alla prossima Messa in santa pace.

    RispondiElimina
  3. Feliz dia de los padres!
    Simone

    RispondiElimina
  4. Auguri a chi ha ancora la fortuna di avercelo....

    RispondiElimina