lunedì 17 agosto 2015

IL PORTO FRANCO

 
Ricorderete che, un paio di mesi fa, riportai la notizia dell'apertura di 35 nuove “zone” wi fi a Cuba.
Il costo e' ancora non a tutti accessibile, 4.5 cuc all'ora, esattamente come connettersi col computer fisso in qualche punto Etecsa.
I cubani, ovviamente, vendono sottobanco schede a 3 cuc che pero' pare non funzionino benissimo.
Ho visto un po' di foto di cio' che sta' accadendo a Las Tunas, suppongo uguali a quelle visibili nelle altre citta' cubane dove sono state attivate queste zone.
Decine di persone, una accanto all'altra, con i loro telefonini, smartphone e tablet che smanettano come matti senza praticamente parlarsi.
Non voglio passare per quello che, col culo al caldo e con a disposizione di molta piu' tecnologia rispetto a quella che sa utilizzare pontifica sui diritti degli altri, ma quelle fotografie, tipo quella che posto a inizio del pezzo, segnano probabilmente uno spartiacque fra la Cuba che era e quella che sara'.
Dovendo, in Italia, vivere perennemente, sopratutto durante la stagione estiva, col movil in mano, quando mi trasferisco a Cuba, seduta stante me lo dimentico.
Lascio il mio ultramoderno ed inutilmente accessoriato Samsung nel comodino della mia casa cubana, girando con un Nokia da 19 euro che puo' unicamente chiamare e ricevere, mandare e ricevere messaggi col numero cubano.
Stop.
La possibilita' di “staccare” e' sempre stata una priorita' per me, la cosa veniva facilitata dal non essere circondato da gente che smanettava continuamente col movil.
Vi ho gia' raccontato che oramai e' una menata mondiale, quest'estate vedevo gruppi di ragazzi tedeschi, inglesi, austriaci, ungheresi sedersi ai tavolini della struttura piu' grande a Cavallino, senza praticamente quasi mai parlarsi, smanettando continuamente con quei loro dannati aggeggi.
Una delle cose che amo e ho amato di piu' in questi anni e' stato il sedermi, magari di sera, su una panchina del parque tunero, con gli amici di sempre, una boccia di ron a parlare di tutto e di nulla, guardando i culi delle mulatte, circondato dalla pulsante e variegata umanita' cubana.
Gia' da un paio di viaggi vedo le nuove generazione di cubani/e andare in giro per strada come fanno i nostri brufolosi ragazzi, col movil in mano, come se da un momento all'altro dovessero ricevere decine di chiamate.
Mi rendo conto che per loro e' una cosa nuova, che quei punti wi fi consentono di comunicare con la famiglia che magari e' sparsa nel mondo, che il mondo stesso grazie a queste tecnologie e' diventato molto piu' piccolo e che anche loro hanno il pieno diritto di accedere a cio' che, da anni, e' accessibile a buona parte della popolazione mondiale.
Va bene tutto ma.....chissa' se ci saranno ancora quelle serate senza un cazzo da fare, oppure con gli stessi amici e la boccia di ron mi ritrovero' a vederli smanettare come matti, rimanendo il solo a continuare a guardare i culi delle mulatte.
Cuba e' sempre stato, per me, anche un luogo dove cambiare vita, dove essere difficilmente raggiungibile, dove se volevo sapere cio' che accadeva nel mondo ero io che dovevo in qualche modo informarmi.
Sicuramente per molti di noi poter andare su internet col movil, mandare e ricevere mail, magari poter utilizzare whatsapp puo' essere una cosa che cambia la vita, ma a me era proprio grazie all'assenza di tutte queste cose che la vita mi cambiava.
Come dico spesso, indietro non si torna, ho visto abbastanza mondo per poter dire che i ragazzi sono uguali ovunque e ovunque vogliono le stesse cose, quindi e' giusto che anche i cubani abbiano quello che per noi, oramai, e' la normalita'.
Pero' mi sento di dire che un po' mi dispiace che quel porto franco finisca, che Cuba diventi un luogo omologato come tanti altri.
Spero che resti sempre la sua specificita', il suo essere unica in ogni situazione, mi rendo conto che le cose cambiano e cambieranno ancora.
Sono pronto per questi cambiamenti, sperando che il caimano che ho conosciuto e amato non perda quelle caratteristiche che la rendono il posto migliore al mondo.
Almeno per il vostro umile e antico scriba.

24 commenti:

  1. Tempo fa riportai il post in cui Candito raccontava di come era diventato un indesiderato a Cuba. Mi sembra giusto, in questo caso, condividere la sua battaglia contro il cancro augurandogli le migliori fortune.
    Si tratta dello stesso tipo di tumore che si e' portato via mio padre.

    mimmo cándito
    torino
    In 40 mila hanno voluto rispondermi, quando, tre mesi fa, ho raccontato d’aver scoperto che nel mio polmone s’era insediato un tumore. 40 mila è un numero enorme, 40 mila uomini e donne che mai erano stati parte della mia vita e che però hanno voluto scrivermi o comunque inviarmi un messaggio, lettere, commenti, telefonate, collegamenti sui social. Sarà pure un segno del tempo d’oggi, un tempo in connessione permanente, ma io l’ho vissuta come una solidarietà civile che, proprio per questa sorprendente disponibilità anonima a esser parte, a condividere, ad assumere in qualche modo una responsabilità, ha fatto sentire come un obbligo dovuto la volontà di non cedere. La mia storia non era più soltanto una storia mia. Per questo, ora, dopo 3 mesi, racconto qui che quel tumore è stato ablaso. Non sono «guarito», però quella piccola massa nera che aveva occupato una parte del mio polmone, e lo divorava, e cresceva giorno dopo giorno, ora non c’è più.
    Ma non è un miracolo, tre mesi non sono affatto la storia di un percorso terapeutico eccezionale. Sono soltanto il tempo che ha segnato per me, ma può esserlo per tutti, una realtà certa: che il cancro non è un destino obbligato di morte; perché, oggi, ci sono tutte le condizioni per potersi sottrarre a quel destino, che ancora da molti viene invece vissuto come inevitabile.
    UN FUTURO DI ATTESA
    Chi ha un tumore sa che il proprio futuro vivrà sempre di attesa. Anche quando il tumore è stato contenuto, rimesso, eliminato, sempre lascia di sé il segno d’una stimmate: perché ciò che è già stato può sempre tornare. Ma non è affatto scontato che debba tornare. E comunque, è un dovere verso se stessi, prima ancora che verso altri, far di tutto perché i controlli, l’avvedutezza d’uno stile di vita, e la straordinaria energia mentale che nasce dalla forza della volontà, riducano fin quasi ad annullarle le possibilità d’una recidiva.
    Un primo tumore, io lo avevo scoperto ad agosto del 2005, nel polmone sinistro. La coraggiosa sperimentazione d’un oncologo americano ne aveva consentito alla fine l’asportazione chirurgica, anche se il verdetto iniziale era stato tragico, di «nessuna possibilità di sopravvivenza». In questi 10 anni che sono seguiti, ho rispettato rigorosamente il ciclo dei controlli, sempre negativi; poi però, a primavera di quest’anno, l’ultima Pet e la successiva biopsia rivelavano la presenza nel polmone destro - il solo rimastomi attivo - di un «adenocarcinoma con estesi aspetti di crescita lepidica (second primary Nsclc)».
    IL CANCRO, DI NUOVO
    Era di nuovo il cancro. Ma di fronte alla commiserazione che sentivo accompagnare ogni mio passo, come se già ne subissi un verdetto di morte annunciata, avevo pubblicato in queste pagine un racconto che esortava a guardare al cancro come una malattia, e non come una condanna. Il racconto - e così l’ha voluto il giornale - doveva aiutare a creare coscienza che non bisogna aver paura a parlarne, e che rimuovere la realtà con il silenzio soffoca magari l’angoscia, ma è soltanto una povera, inutile, benda sugli occhi: il cancro si affronta e si lotta, e ogni briciolo, il più minuto, di energia psichica dedicato a questa lotta è un apporto vitale alla terapia che l’oncologo prescrive.

    RispondiElimina
  2. BOMBARDATO CON IL LASER
    Per questo mio nuovo tumore, l’oncologo inizialmente ha escluso l’asportazione chirurgica, viste le mie condizioni già compromesse, e ha suggerito, in sostituzione, un intervento di radioterapia. Mi hanno applicato un «trattamento radioterapico stereotassico a scopo ablativo, con somministrazione di una dose Focolaio Totale di 50 Gy/5 frazioni (isodose 80%) con tecnica a intensità modulata volumetrica e controllo con cone-beam Ct quotidiana (Igrt-Vmat)». In parole nostre, hanno bombardato quella massa nerastra con un potentissimo raggio laser, fino a distruggerla. In America 10 anni fa, avevo avuto bisogno di 45 sedute di radioterapia, a parte la chemioterapia, mentre ora - grazie all’evoluzione delle tecnologie terapeutiche e alla potenza impiegata - sono state sufficienti soltanto 5 sessioni, durissime, ma soltanto quelle.
    Tutto qui. Il tumore è stato cancellato, e ogni tre mesi valuteremo che cosa stia accadendo di quanto è rimasto nel mio corpo; tra qualche tempo non breve, poi, potrò sapere anche se io sia guarito.
    Perché il cancro è anche una sfiga: il mio primo tumore era stato causato, molto probabilmente, da una contaminazione da uranio impoverito, subita in qualcuno dei territori in guerra - l’Afghanistan, l’Iraq, l’Iran, la Somalia, ecc - dove ero stato a raccontarne le storie. Siamo stati in molti giornalisti laggiù, ma, per quanto ne sappia, abbiamo sviluppato un tumore soltanto tre di noi: oltre me, una mia compagna di quei viaggi, Maria Laura Avignolo, argentina, operata poi felicemente a Parigi, e un reporter tedesco, invece morto. Che, poi, è quanto è accaduto a tanti soldati italiani in Kosovo: alcuni sono morti per tumore, ma molti continuano a vivere i loro giorni, sia pur con qualche angoscia e molte attenzioni.
    STAVOLTA IN ITALIA
    La sfiga è un accidenti dannato. Ma le attenzioni, invece, sono un obbligo dovuto: e le attenzioni vogliono dire, soprattutto, controllo e stile di vita. Questo mio racconto di oggi vuol ribadire che io, e tanti come me, sopravviviamo al tumore grazie all’apporto d’una diagnosi precoce; perché il tempo è una variabile rigidissima, e bisogna saperle cedere ogni nostra disponibilità, senza timori né pregiudizi.
    Ma in giorni come quest’ultimi, quando il dibattito sulla sanità pubblica incrocia drammaticamente forze politiche ed equilibri finanziari, questo racconto di speranza e di fiducia si deve chiudere con una notazione che può aggiungere ulteriori riflessioni a quel dibattito, perché il mio caso - il mio tumore - alla pari di tanti altri tumori diagnosticati nei controlli, è stato seguito esclusivamente dal servizio sanitario nazionale. A tracciare la diagnosi precoce è stato il professor Giorgio Scagliotti, primario di oncologia polmonare all’ospedale San Luigi, e ad applicare la terapia laser è stato il professor Umberto Ricardi, primario di Radioterapia all’ospedale Le Molinette. Non intendo dire che siano reparti, o medici, di eccellenza; magari lo sono anche, e ne hanno riconoscimenti a livello internazionale, ma ciò che conta è che essi operano nel servizio pubblico, che costituisce comunque, pur con le sue contraddizioni e al di là dei singoli nomi coinvolti, un legittimo orgoglio civile del nostro Paese.


    RispondiElimina
    Risposte
    1. A ospedale Torre del greco in provincia di Napoli confondono cartelle mediche...ed a un 70enne sano diagnosticano tumore e fanno chemio ed il poveretto di chemio ci muore. .schifo e vedrai come nel caso del trattamento sanitario obbligatorio a Torino non pagherà niente nessuno
      stefano

      Elimina
    2. Storia di ordinaria malasanita'....

      Elimina
  3. El Loco io non ho neanche la linea cubana

    RispondiElimina
  4. OT. Special one umiliato e a -5 dalla vetta dopo due partite. La storia della Carneiro dimostra l'egocentrismo di questo uomo.

    Simone

    RispondiElimina
  5. Riguardo al post odierno, penso anche io che oggi si abusi in modo eccessivo della rete, prevaricando quelli che dovrebbero essere i dettami basilari della socialità, ma ricordo (metaforicamente) anche che quando i primi bar piazzarono le tv in bianco e nero negli anni 50, la gente che fino alla sera prima stava a chiacchierare sul balcone, di colpo si trovo riunita in gruppi a guardare la scatola delle meraviglie, con il naso in su e senza dire una parola per tutta la serata.

    Con le dovute cautele, non mi sembra poi una cosa così diversa. I tempi cambiano, come dici tu non si torna indietro. Chi non lo accetta dovrà comunque farsene una ragione.

    Simone

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Vero pero in quelle tv il programma finiva....la rete é attiva 24 ore.
      Vedremo.

      Elimina
  6. Siamo alla seconda giornata.
    Pare che la dottora non sia esattamente Maria Goretti...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Si, ma questo non vuole dire. Nello specifico aveva un torto marcio il Mou, e il russo pare non l'abbia presa bene.

      Elimina
    2. Mah....l'hanno sfanculata anche i colleghi medici....

      Elimina
  7. Anche io quando vado a Cuba la cosa che più mi godo è lo staccare la spina di internet, mail, e altre menate, purtroppo indispensabili per i nostri ritmi di vita europei....disintossicarsi da tecnologia e altre menate mi fa stare bene, mi rilassa la mente, anche io a Cuba uso un movil da 10 euro che sirve solo per chiamate e messaggi, e basta.
    Il problema è quando si torna in Italia che si trovano migliaia di mail da leggere...Le novità sono così purtroppo, anche noi quando uscì internet eravamo eccitati e ancora lo siamo, figuriamoci i cubani che fino a ieri usavano la pubblica per ricevere e chiamare, mentre oggi con un semplice clic possono (forse) dall'altro capo del mondo.

    RispondiElimina
  8. Come ho già detto molte volte questa Cuba che cambia sono certo mi piacerà di meno, la sua unicità , il suo fascino e dato proprio dal fatto di essere un luogo fuori dal mondo, non sarà certo il mio egoismo a frenare i cambiamenti per fortuna ma perderà fascino. .vi sembrerà strano o forse no ma i ricordi più belli di Cuba non sono legati alla rubia , negrita o mulatta ma alla interminabili tardes passate ad ascoltare e raccontare storie nel bar Pliska di Holguin, alle notti pre-huracan passate tra il Dimar e il Dino pizza di Camaguey , al tirar mattina al ritorno da avventure più o meno mirabolanti nel bar h24 del Commodoro all'havana col sepsa ed il barista..mi vengono i brividi ad immaginarli come nella foto chini a smanettare sui loro cell. , buona settimana Milco
    stefano

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Caro Stefano,
      pur essendo per deformazione professionale avvezzo alla tecnologia e al progresso, la penso come te. Tranne quando lavoro (a volte purtroppo anche dall'havana), amo Cuba proprio per le cose che tu hai elencato. Il fatto che debbano pian piano scomparire mi rincresce.

      Tuttavia credo che sia un processo irreversibile e che sarà molto più rapido che da noi. Il cubano è avvezzo ad utilizzare la rete per minchiate, per dimostrare ciò che non è, e per il chisme.
      Guarda i profili facebook dei cubani nostrani o di quelli di Miami e vedrai quanta basura incontri...

      Simone

      Elimina
    2. Vero Simone...purtroppo vero , il cambiamento è in moto e nessuno lo ferma....però i ricordi della Cuba che era e che ci ha fatto innamorare quelli nessuno ce li leva...tra molti anni magari li racconteremo a ragazzini stupiti che ci guarderanno come vecchi matusa pensando impossibile esistesse una Cuba cosi...ti abbraccio Simone , ciao
      Stefano

      Elimina
  9. Il futuro e' questo stara' a noi farcelo piacere caro Stefano.

    RispondiElimina
  10. Camaguey al parque cespedes la notte è una vera locura con centinaia di computer che cercano di mettersi in evidenza per mostrare che anche loro possono connettersi con il mondo,il prezzo pare molto più basso,intorno ai 2 Cuc all'ora.Santiago molto ma molto meno,in confronto abbastanza di meno sono stati i computer e gli smartphone che ho visto in azione.Speriamo che la cosa non duri a lungo perchè altrimenti sarà un problema poter conoscere e parlare con qualcuno che era una delle cose più belle della Isla.Max

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Magari e' solo il primo momento....poi potrebbe diventare consuetudine...speriamo

      Elimina
  11. Opssss Parque Agramonte.Max

    RispondiElimina
  12. certo che aver vissuto una vita con la voglia di avere tutto ti fa perdere un po' il valore delle cose veramente importanti dalle secondarie e per questo il cubano da valore a cose che per me non ne hanno,è normale,il nostro passato ci ha portati ad essere come lo siamo oggi.loro si ammazzano per una connessione,io pur andandoci a vivere mi farò un oretta al mese si e no giusto per aprire e-mail e qualche notizia sulla mia roma,altro che social,questione di mentalità.paolino...

    RispondiElimina
  13. Però non posso non comprenderli....aspettano da anni...

    RispondiElimina
  14. Anche La Habana il costo è di 2 Cuc all'ora, come pure lo è all'Isola de la Juventud, quindi sicuramente anche a Las Tunas sarà di 2 Cuc! Forse all'inizio erano di 4.5 cuc ma ora con certezza ti posso assicurare che in tutta Cuba la tarjeta da un'ora costa 2Cuc

    RispondiElimina