In questi giorni, in Cina,
si stanno svolgendo i mondiali di atletica leggera, parto da questa
notizia sportiva per alcune considerazioni di carattere generale.
Per l'Italia si annuncia
un'altro disastro dopo i mondiali del 2011 e le olimpiadi di Londra.
Al tempo la colpa fu data
all'allora presidente federale Arese, che di colpe ne aveva, ma i
fatti che sono seguiti dimostano che il malessere e' molto piu'
profondo.
A meno di miracoli,
propiziati da una riunione plenaria di tutti gli Orishas disponibili,
non porteremo a casa nessun metallo, che sia d'oro o meno pregiato.
Cuba, la piccola
bistrattata ,bloqueada Cuba, a ieri, aveva gia' messo in giberna 2
ori e un'argento.
Oro netto della Caballero
nel disco femminile, oro della Silva nell'asta femminile, Silva che
regala in altezza non meno di 20 cm a tutte le avversarie, ieri
argento di Pichardo, un loco, piegato solo dalla seconda prestazione
di tutti i tempi da parte di un americano nel triplo maschile.
A Tunas vado a correre
nella pista di atletica; al mattino solitamente ci sono le scuole, al
pomeriggio gli atleti veri, dopo le 17 fanno entrare noi del
dopolavoro ferroviario che comunque iniziamo a correre quando ancora
gli atleti veri si allenano.
Con alcuni di loro, negli
anni, siamo diventati amici, anche perche' sono un ottimo cliente per
le loro divise....
Vedo come si allenano,
l'intensita che ci mettono e sopratutto vedo con quali pochi mezzi lo
fanno.
Anche durante le piu' dure
ripetizioni l'allegria non manca mai, cosi' come la buja e lo
sfotto'.
Il cubano si allena duro
ma lo fa col sorriso sulle labbra, guardando, mentre corre, salta, o
lancia il culo della negrita di turno che corre nella corsia accanto.
Insieme alla mezcla e a
una genetica straordinaria penso che questo sia il segreto del loro
successo.
Cuba, dopo i brutti, sotto
tutti i punti di vista, panamericani, aveva bisogno di un mondiale
simile.
In questi mondiali si e'
anche assistito al miserando naufragio della Grenot e della Pedroso,
parte della colonia “italiana” arrivata da Cuba.
A prescindere dal fatto
che la Grenot e' simpatica come un gatto appeso con le unghie ai
maroni, mi chiedo ha senso ancora questo mercanteggiamento di atleti?
Non ne faccio una
questione di colore o di razza, se uno nasce in Italia o arriva qua'
da piccolo, fa le nostre scuole, impara l'idioma per me puo' essere
anche con la pelle a pois ma e' italiano.
Balotelli e' italiano,
un'italiano pirla, ma un'italiano.
Non mi turbano i colored
che vedo nella Germania, Svizzera o nei paesi nordici perche' so
quale tortuoso percorso hanno fatto per ottenere la cittadinanaza di
paesi che di certo non te la regalano.
Ricordo che
nell'ambasciata tedesca de La Habana per chiedere il ricongiungimento
familiare ( non l'invito si badi bene...) occorre tenere un colloquio
in tedesco e fare un test sempre nella lingua della culona.
Invece in paesi come il
Qatar, la Turchia, il Kazakistan e ci metto anche il nostro le cose
sono molto ma molto piu' semplici, questo e' uno schifo, non solo a
livello sportivo.
Diciamo anche che l'Inder
dovrebbe permettere ai suoi atleti di poter fare i meeting piu'
remunerati in giro per il mondo, in modo che non debbano, spesso per
4 centavos, vendersi al miglior offerente.
Due parole sui nostri
gruppi militari, in risposta a Vale che ne ha parlato l'altro giorno
in un commento.
Feci la naja, in parte,
nella nazionale militare di Judo, alla fine dei 12 mesi mi chiesero
se volevo restare come atleta.
Avevo 20 anni, una morosa
a Torino, un lavoro che avevo lasciato e che mi aspettava, il sogno
dell'Isef e lasciai perdere.
Comunque fino a quando sei
atleta percepisci lo stipendio, tocco' persino a Tomba, piu' alcuni
premi in funzione dei risultati, premi che si sommano a quelli che
elargisce il Coni.
Quando finisci la carriera
o fai l'allenatore oppure entri come effettivo a seconda del corpo in
cui sei.
Solitamente visto che si
e' ultratrentenni non vengono assegnati compiti operativi, quasi
sempre si finisce in qualche ufficio a fare fotocopie, accumulando
contributi.
Chi ha alternative, penso
al mio amico Gamba finito ad allenare la nazionale Russa, si congeda
e decide di fare altro.
Gli altri li abbiamo sul
groppone fino alla pensione.
Lo spauracchio Real Madrid è stato evitato, ma il sorteggio di Champions League non è stato benevolo con le squadre italiane. La J....... pesca Manchester City e Siviglia oltre al Borussia Monchengladbach, la Roma invece finisce nel gruppo con Barcellona, Bayer Leverkusen e Bate Borisov.
RispondiEliminaTra gli altri accoppiamenti spiccano le sfide Psg-Real Madrid e Bayern Monaco-Arsenal. Mourinho con il Chelsea sfiderà il Porto (con cui vinse la prima Champions League). Ibrahimovic in maglia Psg farà ritorno nella sua Malmoe e Llorente (appena sbarcato a Siviglia) ritroverà la Juve da avversario. Infine la Roma che avrà sulla sua strada il Bayer Leverkusen che ha appena eliminato i cugini della Lazio. Il primo turno è in programma per il 15-16 settembre, la finale il 28 maggio a Milano. Ma la strada è ancora lunga.
GRUPPO A
PARIS SAINT GERMAIN
REAL MADRID
SHAKTHAR DONETSK
MALMOE
GRUPPO B
PSV EINDHOVEN
MANCHESTER UNITED
CSKA MOSCA
WOLFSBURG
GRUPPO C
BENFICA
ATLETICO MADRID
GALATASARAY
ASTANA
GRUPPO D
SQUADRA DI MUGHINI
MANCHESTER CITY
SIVIGLIA
BORUSSIA MONCHENGLADBACH
GRUPPO E
BARCELLONA
BAYER LEVERKUSEN
ROMA
BATE BORISOV
GRUPPO F
BAYERN MONACO
ARSENAL
OLYMPIACOS ATENE
DINAMO ZAGABRIA
GRUPPO G
CHELSEA
PORTO
DINAMO KIEV
MACCABI TEL AVIV
GRUPPO H
ZENIT SAN PIETROBURGO
VALENCIA
LIONE
GENT
La Bjuve ha dato Llorente gratis al Siviglia e ora se lo ritrova in coppa....speriamo in una doppietta.....il girone H credo un dei più "scarsi" di sempre....Alessio
EliminaLo sveva preso gratis.
EliminaPrevedo altra panca per Ciro
DAL BLOG DI REPUBBLICA PULICICLONE
RispondiEliminaOlivares e la partita undici contro nessuno
Scoprimmo che ci fischiavano. Arrivammo in Germania e ce l'avevano con noi. Eravamo la squadra di Pinochet, ci eravamo qualificati grazie alla rinuncia dell'Urss, ma soprattutto con una partita diventata barzelletta. In Cile le cose andarono così.
Il Palazzo della Moneda era caduto da due mesi. Settembre '73. "Ho fiducia nel Cile e nel suo destino", aveva detto Allende alla radio, poco prima di morire durante il golpe di Pinochet. Ci stavamo infilando nel buio. Chi si opponeva finiva allo stadio, il nostro, l'Estadio Nacional, a Santiago. Non c'era più posto per i gol, lo avevano trasformato in un gigantesco campo di concentramento per chi aveva idee diverse da quelle del generale. Gli spogliatoi diventarono camere di tortura e di fucilazione. Ma proprio all'Estadio, due mesi dopo, avremmo dovuto giocare la partita decisiva per andare ai Mondiali.
Una formula stramba, quell'anno: obbligava la vincitrice del nono girone europeo a sfidare chi nel Sudamerica fosse arrivato primo tra noi e il Perù. Ci toccava l'Urss, allora. Andammo a Mosca per la partita d'andata che erano passati solo quindici giorni dal golpe di Pinochet. Ci guardavano storto, ce ne accorgiamo, il calcio non poteva essere il solo motivo. Già in aeroporto ci fecero un mucchio di problemi, Caszely aveva i baffi sulla foto del passaporto e nel frattempo li aveva tagliati: non volevano farlo entrare. Si perse un po' di tempo ma alla fine risolvemmo. E una volta in albergo scoprimmo che il cibo era orrendo, le bistecche minuscole. Pensiamo alla partita, ci dicemmo, siamo qui per questo: in nazionale di politica non si parlava mai. Ed era un errore, lo so che era un errore.
In campo facemmo un catenaccio memorabile: Quintana e Figueroa davanti a me, Juan Olivares, non lasciavano passare niente. Non arrivammo mai dentro la mezza luna della loro area di rigore. La più grande partita difensiva nella storia del calcio cileno. Finì 0-0, eravamo a metà del cammino.
Ma da Mosca i comunisti fecero sapere che non avevano nessuna intenzione di presentarsi. Non nella Santiago di Pinochet, non all'Estadio Nacional. Breznev chiese alla Fifa che si giocasse in campo neutro. A quel punto partirono le trattative, fatto sta che la giunta militare cilena si affrettò a portare i prigionieri politici via dagli spalti e a ripulire lo stadio. Ma il sangue non si smacchia così in fretta, il sangue degli innocenti non lo cancelli mai fino in fondo.
Quando gli ispettori arrivarono per le loro verifiche, diedero l'agibilità: alla Fifa bastava quel che il Cile aveva fatto. All'Urss no. Stanley Rous, il capo del calcio mondiale, decise però che da Santiago la partita non si sarebbe spostata. Il mondo è pieno di dittatori, ai dittatori il calcio non glielo toglie nessuno. Non lo tolsero neppure a Pinochet. I sovietici non cambiarono idea, si impuntarono, replicarono che allora in Cile non sarebbero venuti. Se non vi presentate, fece la Fifa, perderete 2-0 a tavolino: e ai Mondiali ci va il Cile.
RispondiEliminaIl 21 novembre, all'Estadio Nacional, la Fifa aveva comunque mandato un arbitro austriaco, sebbene fosse chiaro ormai da giorni che l'Urss non si sarebbe presentata. Noi allo stadio andammo. Non solo noi. I militari avevano fatto arrivare comunque 20mila persone, i brasiliani del Santos erano stati ingaggiati per un'amichevole. Ma prima ancora dell'amichevole, giocammo un minuto da soli. Contro degli avversari fantasma. Noi undici contro l'Urss che non c'era. Salutammo il pubblico e l'arbitro fischiò il calcio d'inizio, ancora oggi non capisco come sia stato possibile. Ci furono nove passaggi in avanti. Quando il pallone arrivò tra i piedi di Carlos Caszely, centravanti e idolo del Colo-Colo, pensammo che l'avrebbe fatto, pensammo che avrebbe buttato il pallone in fallo laterale come segno di protesta verso quella messinscena del regime. Ma Caszely all'ultimo momento non se la sentì, neppure calciò nella porta vuota, appoggiò la palla a Valdés, era lui il capitano: che lo segnasse lui il gol più assurdo del mondo.
Era figlio di operai, militanti di sinistra. A casa avevano pianto l'undici settembre, l'ultimo giorno di Allende. Quando rientrammo negli spogliatoi, dopo il gol ai fantasmi dell'Urss, Valdés corse in bagno a vomitare. Caszely lo abbracciò e gli chiese scusa, gli disse che avrebbe dovuto metterla fuori lui, lui che si è sempre rifiutato di stringere la mano a Pinochet. Una squadra di vigliacchi, questo ci sentimmo. Qualcuno di noi chiese al ct di essere esentato almeno dall'amichevole con il Santos, ma ormai era tardi per il resto. Eravamo la squadra di Pinochet, ai Mondiali in Germania ce lo avrebbero ricordato in ogni istante.
Ma le verità hanno sempre una faccia nascosta. Prendiamo Valdés, per esempio. Sta così male che anni dopo prende la penna e scrive una lettera immaginaria a Pablo Neruda, il poeta dell'amore e dell'impegno, tifoso del Colo-Colo. Gli spiega di non aver avuto la forza di dire no, che si sente il mondo crollare addosso, "sono schiacciato da una responsabilità che non avrei voluto sopportare, ero stato scelto per un gioco più grande di me". Anche Caszely è sconvolto. In Germania si fa buttare fuori contro la Germania dando la caccia a Berti Vogts. La sua espulsione ci condiziona il cammino, usciamo subito dai Mondiali, la giunta di Pinochet ordina che Caszely non metta più la maglia del Cile.
In realtà lo richiameranno per la Coppa America del '79 e per i Mondiali del 1982. Contro l'Austria, in Spagna, Caszely sbaglia un rigore e i giornali scrivono che l'ha fatto apposta, lui, il socialista. Quando tre anni dopo lascia il calcio, la sua partita d'addio si trasforma nella più grossa manifestazione d'opposizione a Pinochet. Nell'anno del referendum per un nuovo mandato presidenziale, Caszely va in tv e mette la sua faccia contro il dittatore: racconta di sua madre, sequestrata e violentata dagli uomini del regime. Pinochet viene battuto alle urne.
Ecco, quel giorno, finalmente, il Cile ha buttato il pallone fuori.
Racconto interessante. Giuseppe
EliminaA me quello che indigna è proprio questo, che dobbiamo tenerceli tutti sul grioppone come dici tu Milco finché campano. Pensare che dobbiamo pagare la Grenot a vita o tanti come lei che vincono nulla... ieri ha corso anche la Hooper, bella e simpatica (lo dico per rimarcare che il mio non è un astio nei confronti dei singoli ma un discorso solo tecnico), i telecronisti anche se molti preparati stavano lì a cercare di difendere l'indifendibile dicendo che aveva fatto il personale. Mah.. personale e poi non ti qualifichi. E ti alleni in Florida arruolata con la Forestale. Sarò ripetitivo, forse troppo polemico, ma visto l'attuale periodo storico che stiamo vivendo la situazione di questi stipendifici mi sembra assurda, almeno se non legata ai risultati. Ieri pomeriggio parlavo con un signore che ha aperto una profumeria nel centro città da parecchio dopo aver perso il suo lavoro in fabbrica. Ad aprile chiude e se ne va a Cuba con la moglie. Non ce la fanno più mi spiegavano perché gli si stanno mangiando tutti i pochi guadagni che ha. Mi ha esternato tutto in 5 minuti dopo che vedendola ha intuito che mia moglie è cubana... poi accendo la tv e sento il modo di parlare della Grenot e vorrei mettermi sotto al divano. Vale
RispondiEliminaBisogna anche dire che senza i gruppi militari avremo il calcio e poco altro
EliminaVerissimo, ma a parte il fatto che al momento i risultati disastrosi sono sotto gli occhi di tutti (pur avendoli i gruppi sportivi), io non dico di eliminarli, ma di legarli ai risultati. Come in qualsiasi posto di lavoro che non sia uno stipendificio statale. Vali? Te lo meriti? Porti risultati? Benissimo. Vali zero e stai lì solo a scaldare la sedia (in questo caso ad allenarti 4 orette al giorno senza risultati)? Vai a casa e cercati pure un lavoro! Ultima considerazione: l'atletica, a differenza del nuoto per esempio(dove i materiali incidono di più), è uno sport dove i miglioramenti dei risultati (record ma non solo) avviene più lentamente e anzi ad un certo punto quasi si "ferma". Quindi a mio avviso non si può rimanere legati ai gruppi sportivi, bisogna inventarsi un altro modo, o legarli ai risultati oppure non so. E questo, ripeto, senza contare il periodo storico attuale. Se i gruppi sportivi li leghi ai risultati avremmo comunque i Tomba e non le Grenot e compagnia bella. Vale
RispondiEliminaGli sponsor arrivano coi campioni che arrivano grazie agli aponsor.
RispondiEliminaUn gatto che si morde la coda.
Io credo che se hai portato onore e gloria poi a fine carriera la nazione si deve occupare di te.
In caso contrario....congedo e cercarsi un lavoro come tutti
La Grenot dopo il 23° tempo nelle eliminatorie( e ripescaggio) era ancora convinta di salire sul podio,difficile trovare elementi cosi presuntuosi.I commentatori dell'atletica sono come quelli del calcio: se per esempio arrivi 8° ai campionati europei con un tempo pessimo,ti vantabo per giorni e giorni,difficile venirne fuori.Cmq io tifo sempre Cuba Max
RispondiEliminaDopo l'eliminazione è sgaiattolata via....
RispondiEliminaArieccome...
RispondiEliminaPovera Grenot...me ľ avete massacrata...
io cmq dalla gattona mi farei graffiare tutta la schiena...jajaja...
Nn dimentichiamo peró ľ oro agli europei di Zurigo...
A presto!
Freccia
Tho.....il vacanziere perenne....
RispondiEliminaSenti chi parla...
Eliminapistola cmq sai che ero in background....ma sempre vigile ed attento...
Freccia
Saluti da Birillo
EliminaDai non si può mantenere a vita Grenot e soci, i gruppi sportivi vanno eliminati sono una vergogna e un gasto notevole e non produttivo,poi ci sta che i giovani piu' talentuosi e promettenti vengano almeno nei primi tempi allenati e sovvenzionati da strutture statali ma poi stop....nel tennis avviene qualcosa di teoricamente simile a ciò che io vorrei per l'atletica ..il problema è che siamo in Italia e allenamento e sovvenzioni li ricevono i raccomandati e i figli di papà e non i Roberto Palpacelli o Adelchi Virgili...vabbeh..due ultime cose ; uno i giochi della gioventù erano utilissimi per iniziare i giovani all'atletica e ricercare talenti; due brutta scena ieri arrivo cinese marcia in trenino pure il loro coach italiano Damilano in diretta si è detto schifato e che lui aveva dato indicazioni diverse salvo con un sospiro aggiungere 'alle ragazze arrivato ordine dall'alto..siamo in Cina d'altronde'...ciao Milco
RispondiEliminaStefano
Calma, calma, calma.
RispondiEliminaVergogna niente, i gruppi sportivi militari svolgono un ruolo fondamentale nello sport italiano.
E' ora di finirla con questa storia che “lo stato non deve...” perche' di questo passo finiremo come negli Usa dove l'ambulanza se nel taschino hai l'assicurazione che copre i costi ti tira su altrimenti ti lascia sverso per terra.
I gruppi servono ma non devono garantire vitalizi, la Belmondo e' stata un'orgoglio del nostro paese ed e' giusto, ora che e' una paciosa signora, che la nazione le riconosca una vita decorosa.
Pero' la Belmondo e gente di quel livello, per gli altri a fine carriera o alleni all'interno del corpo o ti congedi e ti tiri su le maniche.
D'accordo coi giochi della gioventu' ma siamo il solo paese europeo dove alle elementari all'educazione fisica ci deve pensare la maestra, magari ultrasessantenne, perche' non la lasciano andare in pensione.
Veloce non rende l’idea. Dafne Schippers credeva che battere America e Giamaica sul traguardo dei 200 metri fosse abbastanza per fare la storia ma è andata molto oltre questo obiettivo: record europeo in 21”63. Ovvero ha archiviato uno dei tempi della Germania Est, il cronometro di Marita Kock, poco affidabile riferimento per il continente da 36 anni. E in più ha sistemato pure i conti con le assenti. Molti, soprattutto sulle sponde giamaicane e americane, sostenevano che le sarebbe stato facile prendersi l’oro dei 200 visto che la signora delle acconciature stravaganti, Shelly-Ann Frasier, si è limitata ai 100m e l’indistruttibile Felix si è dedicata ai 400m. Ma le due signore, abituate a contendersi il mezzo giro di pista, non sono mai andate veloci quanto Schippers: «Quando ho visto il risultato credevo che si fosse rotto il cronometro».
RispondiEliminaL’olandese registra il terzo tempo di sempre, dietro a uno dei record meno affidabili che esistono, l’irraggiungibile (e ci sarà un motivo) 21”34 di Florence Griffith e il cancellabile 21”62 di Marion Jones. Entra in una zona grigia in cui l’atletica gira a fari spenti. E proprio come è successo con Bolt forse Dafne è la donna giusta per portare un po’ di luce.
Eredita il nomignolo «Olandese volante», la prima è stata Fanny Blankers-Koen, regina dei Giochi di Londra del 1948 e punto di riferimento dell’atletica europea. Le due proprio non si somigliano e all’inizio il paragone pareva blasfemo a molti. Non più.
Altro legame con una leggenda sportiva, è nata a Utrecht come Van Basten. La città vuole dedicarle una via, toccherà fare un quartiere intitolato alle glorie per non scatenare invidie sulla toponomastica.
Due anni fa ha vinto un bronzo mondiale come eptatleta e si è spostata sullo sprint solo nella stagione successiva quando durante un meeting ha stabilito il record nazionale dei 200 metri. Era già partita dalla velocità, ma prima di capire il potenziale si è subito buttata nelle prove multiple. In realtà è nata come tennista. Pare fosse mediocre ma assatanata, capace di allenarsi per ore e di non farsi deprimere per i risultati. Un tecnico caritatevole ha indirizzato le sue energie all’atletica prima che si perdesse nel circuito.