martedì 15 settembre 2015

FONDO MONETARIO

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Forse avrete letto la notizia, non so quanto affidabile, riguardante il presunto desiderio del governo cubano di rientrare nel Fondo Monetario Internazionale da cui, dopo aver collaborato a crearlo, Cuba usci' nel 1964.
Ripeto non so quanto questa notizia abbia i crismi della affidabilita', ma se cosi' fosse, a mio avviso, sarebbe tutt'altro che un segnale positivo.
Una delle cose che ho sempre ritenuto belle di Cuba e' stato il suo stare distante dalla quel branco di strozzini tagliagole.
Questo non vuol dire che Cuba non abbia, in questi decenni, contratto debiti con altri paesi.
La Russia, recentemente, bonta' sua, ha cancellato il 90% del debito che l'isola di Fidel e Raul aveva accumulato nei decenni di guerra fredda e anche successivamente.
Prima con l'Unione Sovietica e poi con la Russia che si ritiene, a ragione, erede di quel glorioso paese, senza il quale, forse, oggi ci saluteremo per strada con la mano tesa.
La Cina, gia' da tempo ha fatto qualcosa di simile, io che coi cinesi ci combatto ogni anno, immagino quanto deve essere costato ai caporioni di Pechino rinunciare ad un qualcosa che ritenevano dovuto.
La politica pero' e' anche questo.
Altri paesi, come il Venezuela, hanno fatto passare il debito cubano in cavalleria, oppure hanno accettato un “cambio merce” con i servigi di medici ed insegnati cubani all'interno dei vari “Barrio adentro” e cose simili.
Non l'Argentina che da un lato chiede che le venga cancellato il suo debito estero dovuto a maneggi, finanza creativa e bolle finanziarie esplose, ma dall'altro non vuole rinunciare al credito che vanta con Cuba.
Non so come sia la situazione debitoria di Cuba nei confronti di decine di aziende italiane ai cui responsabili e' stato intimato di lasciare Cuba la mattina dopo senza tante cerimonie, abbandonando sull'isola tutto il materiale che, a loro spese, avevano portato per avviare il negocio.
Non e' ancora ben chiaro se la Telecom, giusto per fare un'esempio, sia stata saldata.
Il Tronchetto dell'infelicita', due o tre anni fa, metteva ancora a bilancio il grano che aspettava di ricevere da La Habana.
Pero' si trattava, in tutti questi casi, di accordi fra i paesi, non di un organismo sovranazionale come il FMI.
Per poter avviare Cuba nel cammino dello sviluppo, pare che i sistemi usati fino ad ora non siano piu' sufficienti.
Occorrono investimenti mirati e potenti.
C'e' tutto un sistema economico da ribaltare dalle fondamenta e non lo si puo' fare coi pochi mezzi che Cuba dispone.
Le recenti aperture al commercio estero non sono sufficienti, troppi balzelli, troppe menate e troppa incertezza per poter allettare investitori seri.
Cresce l'esigenza di reperire capitali dove sia possibile farlo, da qua' nasce il discorso riguardante il FMI.
Prima esisteva il veto statunitense che, oggi, con il ristabilimento di rapporti diplomatici ed il bloqueo ad un passo (forse) dall'essere sollevato, pare non sia piu' cosi' pregiudiziale come lo e' stato in precedenza.
Il FMI sicuramente sara' in grado di elargire il denaro che permetterebbe a Cuba di svilupparsi, ma a che prezzo?
Vale la pena mettersi nelle mani di quegli strozzini che minimo pretenderebbero la verginita' di tutte le figlie femmine che nasceranno a Cuba nei prossimi decenni?
Opinione personale, a quel punto meglio la mafia italo americana e Toto' Riina.
Meglio U'Curtu che quella gentaglia in giacca e cravatta di foggia italiana.
Si trovino altre strade, si mettano in piedi leggi che siano piu' attrattive per imprenditori seri, ma Cuba stia alla larga da quei vampiri che rovinano ogni paese dove riescono a mettere i loro invadenti piedi.

7 commenti:

  1. A San Pellegrino c’è un istituto alberghiero servito malissimo dai pullman, che hanno ulteriormente ridotto le corse dopo gli ultimi tagli della Regione, conseguenza inevitabile di quelli del governo. Potendoselo permettere, le famiglie dei milleduecento studenti affittano un paio di automezzi e organizzano un servizio alternativo di scuolabus. Lo spirito è quello di Alessandro Gassmann che prende la scopetta per pulire il marciapiede sotto casa. Il privato che subentra al pubblico e supplisce alle sue carenze, riconoscendo un’amara verità: certi servizi, un tempo finanziati dalle tasse, oggi per funzionare richiedono un contributo supplementare - in tempo e in denaro - da parte di chi ne fruisce. Quand’ecco la sorpresa. La Provincia di Bergamo (ma non erano state abolite, le province?) blocca il progetto dei genitori degli alunni, tacciandolo di concorrenza sleale.
    A riprendere in mano i fili della storia, sembra di impazzire. Un’istituzione che non dovrebbe più neppure esistere mette i bastoni tra le ruote (è il caso di dirlo) a un’iniziativa privata sorta per garantire un servizio che gli enti locali non sono più in grado di fornire. Bollandola come concorrenza sleale. Ma concorrenza sleale a chi? A qualcosa che non c’è o comunque non funziona. Per il burocrate di casa nostra, evidentemente spalleggiato dalle leggi, il cittadino è costretto ad accontentarsi della sbobba sempre più scadente passatagli di mala grazia dal convento pubblico. Se pretende un piatto di spaghetti al dente ed è persino disposto a pagarselo, deve rinunciare perché trattasi di concorrenza sleale. Alla sbobba.
    MASSIMO GRAMELLINI

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  2. Un promotore finanziario di 61 anni con il vizio del gioco ha perso al casinò tutti i risparmi degli investitori: ben 9 milioni e 400 mila euro che ha letteralmente bruciato, oltre che in un casinò, in viaggi, auto di lusso e bella vita. Gli accertamenti della Guardia di Finanza di Forlì, diretti dal pm Filippo Santangelo, si sono conclusi con l’avviso di fine indagini, che porterà al rinvio a giudizio. A marzo l’uomo si era presentato in lacrime in caserma, confessando tutto.
    L’uomo, S.V., originario dell’Aretino ma residente nel Forlivese, aveva ingannato i clienti producendo la documentazione attestante gli investimenti, falsificando i loghi di note società finanziarie, che inviava per posta ai clienti. Tradito dai sensi di colpa, aveva poi spiegato ai finanzieri - di rientro dall’ennesima “notte brava” al casinò - di non voler più tornare a casa, per paura e vergogna, chiedendo di poter restare in caserma prima di commettere un gesto estremo. Quindi - in condizioni psicologiche precarie, tanto che le Fiamme gialle avevano chiesto l’intervento del 118 - aveva cominciato a raccontare a cosa l’aveva portato la sua irrefrenabile spinta per il gioco d’azzardo. La moglie, del tutto ignara della patologia dell’uomo, era stata informata direttamente dall’uomo con una telefonata fatta alla presenza dei finanzieri.
    Per carpire la fiducia degli investitori e non destare sospetti l’uomo - che aveva intascato milioni di euro tra denaro contante, assegni e bonifici - si recava periodicamente a Milano, dove hanno sede banche e società di investimento con cui risultavano sottoscritti i falsi investimenti, appositamente per spedire le rendicontazioni periodiche e rassicurare così anche i clienti più diffidenti. Solo i primi “fortunati” investitori sono riusciti a riottenere capitale e interessi maturati, che il promotore riconosceva anche al 20% delle somme investite per alimentare la sua “fama” e il passaparola.
    Sono 70 le persone truffate, tra cui imprenditori, notai, commercialisti, avvocati e gente comune. Tra i casi più eclatanti, quello di una pensionata di 71 anni dell’Aretino, il cui marito era stato docente proprio di S.V. ai tempi delle scuole superiori, e che negli anni aveva affidato al promotore circa 730mila euro. Ma la febbre del gioco ha distrutto anche i familiari più stretti: il cognato ha visto svanire nel nulla 600 mila euro che gli aveva affidato per investirli a nome delle figlie, nipoti del professionista. A chi chiedeva la restituzione delle somme quando ormai era troppo tardi, l’uomo con freddezza chiedeva tempo adducendo difficoltà a svincolare fantomatici titoli obbligazionari o pacchetti di investimento vincolati a scadenze future.
    Per raggirare la normativa antiriciclaggio, aveva escogitato un sistema che gli consentiva di utilizzare i titoli raccolti dagli investitori direttamente nella casa da gioco. Dal 2011 richiedeva ai risparmiatori l’emissione di assegni circolari intestati a due sigle societarie che sono risultate riconducibili al Casinò da lui assiduamente frequentato. Gli ignari investitori accettavano di intestare i propri assegni ad acronimi che, ironia della sorte, se digitati sui motori di ricerca riconducevano a società finanziarie, tanto da rassicurare ulteriormente i risparmiatori. In realtà quegli acronimi erano le iniziali della casa da gioco dove il professionista sperperava i titoli. In altri casi il promotore chiedeva di intestare gli assegni a persone fisiche che sono risultati essere dipendenti del Casinò stesso. Il valore complessivo dei titoli intestati direttamente alla casa da gioco ammonta a circa 2 milioni di euro.
    Gli accertamenti compiuti al casinò hanno consentito di riscontrare violazioni alla normativa antiriciclaggio e contestare la violazione di omessa segnalazione di operazioni sospette per complessivi 3.618.400 euro, con una sanzione prevista fino al 40% dello stesso importo.

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  3. Sarebbe una gran brutta cosa. Giuseppe

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  4. Poichè raul castro mai ha fatto riferimento a che cuba entri nel fmi, un organismo che ti detta le ricette economiche, basate sulla privatizzazione di tutto, anche del posteriore,è ovvio che non è nelle intenzioni del governo dell'isola.
    Si tratta di notizie farlocche.

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  5. Speriamo Nino perché sarebbe davvero una jattura

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  6. Ora è ufficiale. Il Governo di Cuba ha finalmente in agenda di valutare l'adesione al Fondo monetario internazionale (Fmi), ed eventualmente formulare una domanda formale in questo senso. E così, alcuni esperti stranieri starebbero assistendo l'Esecutivo dell'Avana - secondo quanto riporta la stampa internazionale - in quest'operazione. Del resto la Nazione caraibica è uscita dall'istituzione (sbattendo la porta) nel 1964 - cinque anni dopo la Rivoluzione - pur essendone stata tra le fondatrici. Dell'importanza che avrebbe - per il Paese socialista - l'adesione al Fondo, aveva già parlato (in un'intervista alla "Stampa" di dicembre) Andrea Montanino. Secondo l'ex direttore Fmi per l'Italia (sino al novembre 2014), non solo è finalmente «caduto il veto Usa», ma detta adesione - come dimostra il caso cinese - non imporrebbe nessun cambio di regime politico.
    Come sopravvive Cuba?
    Sino a oggi i cubani riescono a vivere - e in certi casi a sopravvivere - solo grazie a tre voci finanziare, le quali assicurano oltre il settanta per cento delle entrate in valuta pregiata. Grazie al turismo, alle rimesse familiari e alla fornitura di servizi medici, Cuba riesce a raggranellare circa 8.850 milioni di euro l'anno: una somma certo ragguardevole ma insufficiente per innescare un vero circolo virtuoso. Un processo cioè, che sappia portare la popolazione fuori dalle secche del sottosviluppo, e verso il benessere sociale.
    Nell'Isla grande mancano i capitali necessari per finanziare la progressiva liberalizzazione dell'economia, modernizzare le infrastrutture, e soprattutto garantire la sostenibilità di prestazioni sociali degne di questo nome. E ciò a causa dell'irrilevanza di due voci, che sarebbero invece assolutamente necessarie per l'Isola: da un lato, la pochezza del risparmio interno, e dall'altro, l'esiguo accesso alle linee internazionali di credito.
    L'unificazione monetaria è ancora lontana
    Sostengono gli analisti, un appoggio (almeno tecnico) del Fondo monetario internazionale, potrebbe aiutare l'Esecutivo castrista nella complessa transizione verso una sola moneta. Del resto - secondo gli a volte vituperati ambienti finanziari internazionali - il dualismo monetario cubano (il peso convertibile e la moneda nacional) rappresenterebbe ormai una dannosa zavorra. E tuttavia l'auspicata unificazione - graduale quanto si voglia - non potrà essere semplice, né indolore. Se, infatti, certe riforme strutturali sono imprescindibili, sia per assicurare un minimo di competitività al Paese, sia per sia rendere appetibile il suo export (oltre che per seguire il modello vietnamita), va da sé che togliere di mezzo il peso cubano convertible (Cuc) innescherà una forte spirale inflazionistica, e soprattutto, una pesante riduzione del potere d'acquisto di salari statali, che già - nella sostanza - non ne hanno.
    In attesa dei finanziamenti della Bid
    Insomma Cuba, per molti osservatori, non può più contare solo sulla speranza d'investimenti stranieri diretti, o linee di credito bilaterali. E come ha affermato Héctor Torres, ex direttore esecutivo Fmi, il Paese caraibico potrà anche essere sgradito politicamente - in ogni caso deciderà a maggioranza semplice il Consiglio esecutivo dell'organo - «ma compie chiaramente i requisiti per formulare l'adesione al Fondo». E una volta membro dell'organo, Cuba potrà attingere ai finanziamenti della Banca interamericana di sviluppo (Bid) sinora preclusi per la sua non appartenenza all'Organizzazione degli Stati americani

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