sabato 13 agosto 2016

BUON COMPLEANNO, COMANDANTE EN JEFE

 Fidel castro celebra su 70.º cumpleaños el 13 de agosto de 1996, La Habana, Cuba. Foto: Ismael Francisco/ PL.

Oggi e' il compleanno del Comandante en Jefe, del Lidel Maximo, di Fidel.
El Caballo spegne 90 candeline.
Non corro il rischio di cadere nella retorica affermando che, dopo la morte di Madiba, Fidel rimane, al mondo, il solo grande della storia.
Puo' piacere o meno ma e' indubbio che Castro sia stato uno dei grandi protagonisti di una storia del mondo che, probabilmente, si e' conclusa, ma che tutti gia' stiamo imparando a rimpiangere.
Un mondo dove c'erano delle ideologie, dove ci si batteva e moriva per un'idea, dove si facevano scelte di campo e le si difendevano strenuamente.
Nulla a che vedere coi Trump e con lo schifo che questo mondo sta' diventando.
Ritirandosi a vita privata 10 anni fa per sostituire la divisa verdeoliva con la tutta da ginnastica, ha “disarmato” anche tutta la gusaneria di Miami convinta che, una volta sceso dal podio lui, Cuba sarebbe diventata una facile preda.
Sopravvivendo a due cifre di presidenti americani, a svariati Papi, ad alcuni Segretari dell'Urss e all'Urss stessa, ha dimostrato una lungimiranza sconosciuta ad altri leader.
Sopratutto ha dimostrato di sapersi salvare le piume, durante i centinaia di tentativi di omicidio che la Cia e la guasenria cubano americana hanno cercato di realizzare nei decenni.
Questo grazie alla sua leggendaria prudenza, si dice che abbia piu' volte suggerito a Chavez di non mangiare cibi se non preparati dal suo cuoco personale, per evitare avvelenamenti o cose simili.
Il leader bolivariano, vista la sua dilatazione fisica degli ultimi anni di vita, probabilmente, non ha ascoltato Fidel, magari la cosa non ha inciso ma....e' finita come e' finita...
Fidel ha inciso in tanti episodi storici vicini e lontani; dalla guerra in Angola, alla fine del governo afrikaans in Sudafrica, dai falliti golpe ai danni di Chavez e Correa a tanti altri episodi.
Oggi festeggia serenamente i suoi 90 anni, nella sua Cuba libera, Socialista e sovrana.
Se la storia fosse una competizione o una gara si potrebbe dire che ha sicuramente vinto.
Certo la Rivoluzione poteva fare meglio, ma alla fine ha fatto quello che ha potuto non certo quello che ha voluto.
Oggi tutto un popolo dentro e fuori dal paese gli tributera' i giusti onori, Fidel e' Fidel senza se e senza ma.
E' l'ultimo grande, dopo di lui solo nani e ballerine...
Nei commenti posto un paio di articoli, uno dei quali dell'immancabile Quirico che, da Miami, continua a rosicare per non poter mettere piu' piede sull'isola da cui e' stato cacciato a calci in culo.
Questo blog augura al Comandante en Jefe tutto il meglio per questo importantissimo compleanno.
Hasta la Victoria Siempre!

18 commenti:

  1. Felicidades Comandante!!!

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  2. LA STAMPA
    mimmo cándito
    miami

    È un vecchio uomo ormai fragile, Fidel Castro che domani compirà 90 anni. Una tuta scarna da pensionato ha sostituito la balda uniforme militare, ha la barba bianca, le gambe deboli, la voce flebile, i compañeros lo aiutano a stare in piedi. Però, la Revolución è ancora lui. Le pagine ormai gialle dell’Autunno del patriarca gli si sfogliano addosso, e lo accompagnano verso quella che nell’ultimo suo discorso al congresso del Pcc, ad aprile, lui ha chiamato «la strada di tutti»: mentre lo diceva stancamente dalla poltrona dove l’avevano seduto, di fronte a lui i 1300 delegati gli gridavano commossi, le braccia in aria a fermare il tempo crudele, che no, che lui no, che lui è sempre Fidel e sempre lo sarà.
    Sono le liturgie del potere, dove la lacrima che scende stanca paga un tributo alle illusioni; perché, il tempo che è crudele non si ferma. E se è vero che lui è ancora la Revolución, è anche vero che la rivoluzione non è più lui. Il mito lo accompagna imperioso verso «la strada di tutti», ma quello che lui si lascia alle spalle è una realtà amara, dove le contraddizioni – pur vere, i forti progressi sociali e però anche le limitazioni drammatiche della libertà – scontano un bilancio che rattoppa le deficienze e i fallimenti con la retorica dell’orgoglio nazionale.
    LE TINTE SBIADITE
    I murales a colori raccontano tuttora il dovere della lotta contro «el imperialismo yanqui», ma le tinte sono sbiadite dal vento che sale indifferente dal Malecón, e i taxi (privati!) chiedono 40 dollari ai turisti «yanqui» che sbarcano nell’isola del comunismo tropicale con la curiosità ingenua di quell’«imperialismo» che sta dall’altra parte del corto mare della Florida.
    Con 40 dollari, molti a Cuba ci campano quasi un mese. Ma sono quelli dell’isola numero 2, l’isola dei fortunati che acchiappano i rivoli felici del turismo e ci costruiscono il futuro. Però c’è anche l’isola numero 1, quella delle gente comune, che deve campare con i pochi pesos che tiene in tasca e con la «libreta» che stenta ad assicurargli la sopravvivenza alimentare. Fidel, questa contraddizione non la vede, perché lui è la Revolución e la Revolución va avanti ad autocelebrarsi.
    Ma un tempo è finito, García Márquez è morto, ed è morto anche il colonnello Aureliano Buendía che di rivoluzioni ne aveva fatte 32 e però le aveva tutte fallite. In 90 anni, e in 50 anni di potere, anche Fidel Castro ha dovuto registrare molti fallimenti – già dai suoi due assalti armati del ’53 e del ’56, con i suoi compagni morti, la prigione, la fuga – ha dovuto subire mutamenti di rotta e abbandoni; ma sempre ha saputo uscirne indenne, forte di un orgoglio che gli faceva ignorare il conto amaro della realtà, come nel ’62, nella crisi dei missili, quando Kennedy e Kruscev siglarono un accordo scavalcandolo senza nemmeno avvisarlo, o quando nel ’90 «el período especial» lo privò dei sussidi di Mosca, e lo costrinse ad accettare per l’economia allo sbando aperture e concessioni che negavano il passato.....

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  3. ......SOCIALISMO E PATRIA
    Il successo della sua strategia politica dopo la fuga di Batista e la conquista del potere è strettamente legato alla sua capacità di farsi erede delle rivendicazioni nazionaliste di José Martí e Carlos Emanuel De Céspedes: la sua Revolución si offriva come il recupero delle vecchie lotte contro il colonialismo spagnolo, integrava l’orgoglio vittorioso di una patria comune – di tutti, socialismo o muerte – con la ribellione allo sfruttamento umiliante importato dal nuovo colonialismo monroeiano, di Cosa nostra, delle società e delle imprese yankee, del gioco d’azzardo, delle puttane da comprare facili.
    Questa identità integrata (mito rivoluzionario e nazionalismo) ha retto la storia di Castro e dell’isola anche quando la rivoluzione-progetto si era ormai drammaticamente modificata in rivoluzione-regime. E il «nosotros» di tutti era poi diventato la spaccatura tra il «nosotros», della gente comune, e il «los otros», gli altri del potere ufficiale e della nomenklatura. L’assorbimento di questa mutazione è stato comunque possibile grazie agli investimenti sociali della Revolución, che – anche se ha creato una nomenklatura – ha tuttavia favorito la creazione di un Paese dove l’istruzione gratuita fino all’università e un efficiente sistema di sanità pubblica sono stati gli investimenti prioritari dei guerriglieri barbuti fattisi uomini di Stato. E i cubani, questo lo sanno bene anche quando raccontano ai turisti del loro desiderio di capitalismo.
    Sono dieci anni, ormai, che Fidel si è messo un po’ da parte, la tuta di felpa ha sostituito l’uniforme verdeoliva. La rivoluzione-regime ha guardato alla Cina, e Raúl Castro ha scelto di non ripittare il colore dei murales. Un vecchio rivoluzionario si avvia sulla strada di tutti, e porta via con sé il tempo del mito, quello che García Márquez diceva «il tempo interminabile dell’eternità». Un giorno lui, il Comandante, aveva preteso che «la Storia mi giudicherà»; lo ha già giudicato.

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  4. REPUBBLICA

    Il 31 agosto 1986, dopo un interminabile viaggio di 17 ore dall'Avana, con scalo a Ilha do Sal, di fronte a Capo Verde, Fidel Castro arrivò a Harare, la capitale dello Zimbabwe, per prendere parte alla conferenza dei Paesi non allineati. Si insediò nel villino alla periferia della città che gli esperti del ministero dell'Interno avevano comprato e preparato per lui, e che successivamente sarebbe servito come residenza permanente dell'ambasciatore cubano. C'era un giardinetto con un muro intorno accanto alla porta principale, e il villino era isolato e il mezzogiorno tranquillo quando Fidel uscì dalla casa nel piccolo cortile, infagottato in una vestaglia viola che gli scendeva fino alle caviglie e con le pantofole.
    Fece qualche passo con le mani infilate nelle tasche della vestaglia quando si accorse della presenza di una dozzina di suoi collaboratori accalcati nel parcheggio adiacente alla recinzione, e rientrò in casa. A quel punto a uscire fu il colonnello Joseíto (José Delgado), il capo della sua scorta, che andò dal gruppetto e disse, in tono di vera e propria supplica: "Signori, cazzo, vi prego di uscire da quell'ingresso e non guardare più da questa parte, così lui potrà credere di essere solo". In tutto il tempo che ho trascorso vicino o insieme a Fidel, questo è il momento più patetico che conservo nella memoria. Troppo intelligente per non sapere che la sua solitudine era impossibile, sembrava accontentarsi di credere in un'illusione. Eppure - e questo si dava per scontato - era una solitudine che veniva garantita con il dispiegamento di una compagnia rafforzata dei ranger delle Truppe speciali, portata dall'Avana per l'occasione e armata addirittura di missili antiaereo portatili.
    Implicito nella scena, quel vago patetismo (termine che non uso in senso peggiorativo), è debitamente rivelatore di una personalità in lotta permanente per assicurarsi un perimetro di intimità e renderlo inviolabile. Questo veniva espresso, o per meglio dire giustificato ideologicamente, in molti modi, e tra l'altro garantiva alcuni vantaggi inaspettati. L'idea, per usare le parole dello stesso Fidel, era che la sua vita personale non doveva mischiarsi con la sua vita politica. In quel caso, per decantazione, niente di meglio che la sua guardia pretoriana per tracciare e difendere la frontiera. Era qui che faceva atto di presenza la sua vera preoccupazione: disporre del miglior servizio di scorta del mondo. Idea e scorta che più tardi gli sarebbero servite (com'era logico) per darsi alla pazza gioia in festini organizzati sfruttando le sue misteriose case di sicurezza o, come successe in un periodo, per eludere la costante persecuzione che Celia Sánchez, sua compagna di guerriglia sulla Sierra Maestra, gli scatenò contro per tutta Cuba quando seppe dei suoi amoreggiamenti con Dalia Soto del Valle.

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  5. Per quanto riguarda la sua famiglia, vale la pena di dire, questo concetto di roccaforte protetta fu difeso con un accanimento ancora più forte. Sto parlando della famiglia vera, di questa signora, sua moglie, Dalia, e dei cinque figli che ha avuto con lei, in ordine decrescente: Alex, Alexis, Alejandro, Antonio e Ángel. Occasionalmente, negli ultimi tempi, uscivano fuori alcune foto dell'intimità familiare e venivano pubblicate fuori da Cuba, ma la spiegazione delle autorità su queste indiscrezioni era di rassegnazione: normale che succedesse, perché ognuno dei ragazzi era cresciuto e aveva preso la sua strada. In realtà, a guardar bene, nonostante le rare foto pubblicate su riviste scandalistiche fuori da Cuba, si è trattato di un trionfo del servizio di sicurezza personale, perché fino alla maggiore età nessuno aveva mai potuto vedere neanche una foto dei ragazzini.
    Tutto nasceva, originariamente, da un criterio elaborato da Fidel, che era politico (anche se lui voleva riconvertirlo in una questione di sicurezza): secondo le sue stesse parole, pronunciate molte volte nella cerchia dei suoi amici più stretti, il criterio era non contaminare la sua famiglia con il resto dei suoi subordinati.
    E non valeva solo per il volgo. Nemmeno Raúl Castro per molto tempo ebbe accesso a quella famiglia e a quelle case. Raúl era pazzo di felicità il giorno in cui suo figlio Alejandro, che aveva già più di vent'anni, conobbe finalmente per caso, a una festa, due dei suoi cugini, figli di Fidel. Fu un momento di esaltazione per il generale dell'esercito e capo delle forze armate (e attuale presidente della Repubblica) quando ne fu informato, e chiamò i subordinati che stavano lì in quel momento e li mandò a cercare della vodka per brindare all'incontro. E non era solo il contatto con qualche cugino. L'accesso di Raúl e dei suoi familiari, come di qualsiasi altro cittadino, alla piscina termica coperta della famosa clinica Cimeq era proibito quando doveva usarla Dalia. Le spiegazioni per la condotta di Fidel e per il manto di protezione in cui faceva vivere la sua famiglia potevano essere molteplici, ma l'argomento di fondo andava sempre a parere, inesorabilmente, sulla Cia. È chiaro che si trattava anche di una spiegazione per l'esterno. Io direi che le ragioni possono essere intime come rivelò il colonnello Joseíto quella mattina a Harare: sentirsi solo.
    Cosicché, finora, quello che abbiamo avuto è un uomo che emette segnali di distrazione in maniera costante, metodica. Insomma, un uomo rivestito di una corazza di enigmi e che poteva contare sull'apparato repressivo di uno Stato per conseguire il suo obbiettivo. Un obiettivo che ora, con il passare del tempo e nel momento in cui compie novant'anni, domani, ci appare indistinto, rarefatto. In che direzione andava? O peggio ancora, in che direzione ci portava? Novant'anni, per Dio. Se togliamo dal conto i primi, investiti nella bucolica infanzia del figlio di un latifondista, e nella sua necessaria istruzione, e nella sua attività di campione di pallacanestro sotto l'egida dei gesuiti, il resto, settant'anni e più, da quando cominciò il suo addestramento di politico e pistolero all'Università dell'Avana fino a quando si è guadagnato il posto di ultimo leader del movimento comunista internazionale, quello che ci si para davanti è un gigante, che ci sfugge dietro cortine di fumo, imbrogli, manovre di occultamento e circoli ristretti.
    È curioso che quest'uomo, che tutti noi che siamo stati suoi contemporanei in qualche momento abbiamo venerato, e perfino amato, rimanga ancora un enigma, e che alla fine l'unica cosa che ci lascerà di se stesso sarà un'astrazione.

    (Traduzione di Fabio Galimberti)
    L'autore è un giornalista e scrittore cubano

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  6. Messaggio a Fidel Castro per i suoi 90 anni da parte segretario del Partito Comunista Marco Rizzo.

    Caro Comandante Fidel,

    possano i tuoi 90 anni esser leggeri quanto solida e forte e’ stata la Tua opera. Nella Tua vita hai saputo dimostrare quanto sia possibile affrontare e battere i potenti se supportati dall’essenza degli insegnamenti di chi nei secoli si e’ battuto per l’eguaglianza. La lotta per il Comunismo nel mondo si è arricchita della Tua presenza ed il popolo cubano resterà per sempre legato alla rivoluzione del 1959 che ha dimostrato quanto una piccola isola, con una grande idea e con grandi uomini, può garantire la propria indipendenza e dignita’ anche di fronte allo strapotere dell’imperialismo yankee. La Vostra storia, Comandante, e’ fatta di giganti: assieme a Te, il Che, Camilo, Raul e tanti altri. La vita di ogni uomo e’ breve e puo’ risultare anche inutile. Spesso i tempi della nostra vita non sono i tempi della storia, ma Voi ci avete insegnato che gli uomini che si battono per il proprio popolo lasciano scritto il loro nome nella storia. ‘A qualunque costo!’ Comandante!

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  7. Los presidentes de Venezuela y de Bolivia, Nicolás Maduro y Evo Morales, respectivamente, suscribieron la felicitación de la Red de Intelectuales, Artistas y Movimientos Sociales En Defensa de la Humanidad al líder cubano, Fidel Castro, por su 90 cumpleaños este sábado.
    La portavoz del capítulo boliviano de la Red, María Nela Prada, precisó en declaraciones a Prensa Latina que, junto al Presidente del Estado Plurinacional, firmaron la felicitación el vicepresidente, Álvaro García Linera, y el ministro de la Presidencia, Juan Ramón Quintana.

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  8. Por: Silvio Rodríguez
    Pasé mi cumpleaños 50 en Cuba, no de muy buenas ganas. Estaba aquí porque tenía trabajo; pero sucedía que en 1996 Niurka estaba cursando su beca en el Conservatorio Superior de París y ese año tenía más deseos de estar en la rue Monge que en mi casa.
    En los días cercanos a mi cumpleaños, para matar el tiempo que no veía pasar, hacía casi cualquier cosa que se me presentara. Por eso el 25 de noviembre salí a encontrarme con alguien. Estando en aquel sitio, al que iba por primera vez, sonó el teléfono y, para mi sorpresa, me lo pasaron diciéndome que preguntaban por mi. Era Felipe Pérez Roque, que me dijo que estaba con Fidel en la puerta de mi casa y que no me moviera de donde estaba, que el Comandante quería pasar a felicitarme por mi cumpleaños.
    Fidel me llevaba un libro de fotografías que se había publicado por aquellos días. Su título es Cien Imágenes de la Revolución Cubana, y en una de ellas aparecíamos los dos, sentados en un sofá, con gestos parecidos. Por supuesto, me dedicó el libro. Cuando terminó de escribir observó sus palabras y me dijo que le hubiera gustado ponerme algo más poético. La dedicatoria decía: “Para Silvio, amigo entrañable, hermano inolvidable.”
    Hablamos poco. Por entonces Fidel casi siempre tenía prisa. Recuerdo que me preguntó cómo me sentía y le contesté que un poco raro, que no acababa de acostumbrarme a la idea de los 50. Entonces me puso una mano en el hombro y me soltó: “Deja que cumplas 70 para que veas lo que es raro”. Y claro que todos nos echamos a reír.
    Me hubiera gustado devolverle aquella visita a Fidel, ahora que va cumplir 90 y que yo, como me prometió, voy a saber bastante pronto lo que es raro. Si lo viera, seguro me diría que más adelante sabré lo que es rarísimo.
    Felicidades, Fidel, amigo entrañable, hermano inolvidable.

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  9. FABIO MARCELLI
    IL FATTO QUOTIDIANO
    Il 13 agosto 1926 nasceva a Biran, Cuba, Fidel Castro Ruz. Sto rileggendo la parte finale della lunga intervista che concesse dieci anni fa al giornalista francese Ignacio Ramonet (Cien horas con Fidel). Una delle risposte di notevole lunghezza riguarda le conquiste sociali, politiche e culturali effettuate da Cuba dalla Rivoluzione ad oggi. Vale la pena di farne una breve sintesi, nella consapevolezza che, a dieci anni di distanza, i dati andrebbero ulteriormente sviluppati ed arricchiti alla luce di nuovi elementi positivi, come ad esempio il ruolo essenziale svolto dai medici cubani nel contrastare l’epidemia di Ebola in Africa. Fidel cita il più alto tasso di scolarizzazione dell’emisfero occidentale (sicuramente superiore anche al nostro), l’assenza totale di analfabetismo, anche di natura funzionale (il che da noi non può certo dirsi, almeno a leggere certi commentatori di blog), la riduzione della mortalità infantile dal 60 al 6 per mille, l’assenza di pubblicità commerciale su radio e televisione, l’inesistenza di paramilitari, squadroni della morte, violenza contro il popolo e tortura (purtroppo fenomeni invece molto diffusi in altri Paesi, non solo latinoamericani, si vedano le esecuzioni sommarie dei neri negli Stati Uniti), lo sviluppo della ricerca scientifica a favore dell’umanità, l’impegno internazionalista che ha contribuito fra l’altro in modo determinante alla fine dell’apartheid, la diffusione di missioni mediche cubane in molti Paesi poveri, ideologicamente affini e meno.
    Altre considerazioni di interesse molto attuale sono dedicate alla lotta contro la corruzione e alla superiorità del sistema democratico cubano rispetto a quello di altri Paesi, basato sulla forza del denaro e l’immagine dei candidati. Considerazioni oggi molto pertinenti nel momento in cui i destini della massima potenza mondiale paiono affidati, in competizione fra loro,a un miliardario razzista e fascista o a una creatura bionica dei poteri forti.
    Ma Fidel non si ferma certo qui. Aggiunge infatti che, ad ogni modo, le generazioni future vedranno quelle attuali come una sorta di cavernicoli. Giudizio netto e spietato, che certo vale meno per Cuba che per qualsiasi altro Paese del pianeta. Giudizio che indica ad ogni modo un ottimismo di fondo, certamente molto più della volontà che dell’intelligenza, e che poggia sulla solida base costituita dall’ammirevole esperienza di vita oramai novantennale di un grande leader, che ha saputo guidare la trasformazione di un Paese piccolo e schiavo della maggiore potenza mondiale in un esempio per tutto il mondo quanto a dignità, indipendenza e raggiungimento di notevoli obiettivi sociali ed ambientali....

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  10. ......Non certo un paradiso, beninteso, dato che paradisi in terra non ne esistono. Ma un Paese, piccolo e indomito, che fa fronte da oltre cinquant’anni a isolamento, terrorismo, tentativi di corruzione e problematiche varie, registrando successi notevoli e indiscutibili e avendo ottenuto di recente significativi riconoscimenti anche da parte della storica Potenza antagonista.
    Ovviamente questa storia della quale tutta l’umanità dovrebbe andare orgogliosa si è scontrata, nel corso dei quasi sessanta anni della sua durata, con l’ostilità del sistema informativo mondiale, che ha piazzato i suoi gatekeeper, i Campo dell’Orto globali, retribuiti per mentire, e specie per diffamare Cuba, all’interno dei gangli decisionali di stampa e televisione. Questi omuncoli biliosi se ne inventano di tutti i colori pur di insultare Cuba, attività spregevole nella quale trovano tuttavia un tornaconto, anche di natura economica. Così come si gettano come una muta di cani rabbiosi su qualsiasi esperimento alternativo al neoliberismo imperante. Si veda al riguardo il trattamento riservato al Venezuela bolivariano.
    Questo dell’informazione asservita al potere costituisce d’altronde un grave problema e anche in Italia ne sappiamo qualcosa, specie dopo le recenti purghe renziane alla Rai e i processi interminabili di concentrazione dell’informazione. Ma la presenza, in questa umanità appiattita culturalmente e in preda a guerra e terrorismo di grandi vecchi come Fidel Castro ci consente di sperare ancora in un futuro differente da questo sconfortante presente. Il suo esempio e il suo pensiero sono oggi di grande valore per l’America Latina, oggi sottoposta a una crociata di restaurazione neoliberista con inquietanti tratti di autentico fascismo. Ma per tutto il mondo e anche per l’Europa in crisi irreversibile che deve trovare nuove vie per sopravvivere. La storia della piccola isola della dignità e del grande vecchio che l’ha saputa guidare per molto tempo, costituiscono al riguardo fonti di ispirazione impareggiabili. Specie per chi non si rassegni al ruolo di zerbino della finanza, del complesso militare-industriale e delle multinazionali che portano il pianeta allo sfacelo e che intenda contribuire finalmente all’uscita dell’umanità dalla perdurante Età della pietra del neoliberismo.

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  11. Tanti auguri al nostro comandante e giù il cappello in rispetto al più grande

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  12. tanti auguri Comanante,se ho conosciuto Cuba è merito del tuo mito e quello dei barbudos che sconfiggono un esercito e la mafia che regnsva sull'isla...potevi fare meglio?certo che si..ma mi piace pensare che quando hai sbagliato lo hai fatto per troppo amore verso la tua patria...auguro 100 di questi giorni all'ultimo gigante della storia
    Andrea M.

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  13. Mañana cumpliré 90 años. Nací en un territorio llamado Birán, en la región oriental de Cuba. Con ese nombre se le conoce, aunque nunca haya aparecido en un mapa. Dado su buen comportamiento era conocido por amigos cercanos y, desde luego, por una plaza de representantes políticos e inspectores que se veían en torno a cualquier actividad comercial o productiva propias de los países neocolonizados del mundo.
    En una ocasión acompañé a mi padre a Pinares de Mayarí. Yo tenía entonces ocho o nueve años. ¡Cómo le gustaba conversar cuando salía de la casa de Birán! Allí era el dueño de las tierras donde se plantaba caña, pastos y otros cultivos de la agricultura. Pero en los Pinares de Mayarí no era dueño, sino arrendatario, como muchos españoles, que fueron dueños de un continente en virtud de los derechos concedidos por una Bula Papal, de cuya existencia no conocía ninguno de los pueblos y seres humanos de este continente. Los conocimientos trasmitidos eran ya en gran parte tesoros de la humanidad.
    La altura se eleva hasta los 500 metros aproximadamente, de lomas inclinadas, pedregosas, donde la vegetación es escasa y a veces hostil. Árboles y rocas obstruyen el tránsito; repentinamente, a una altura determinada, se inicia una meseta extensa que calculo se extiende aproximadamente sobre 200 kilómetros cuadrados, con ricos yacimientos de níquel, cromo, manganeso y otros minerales de gran valor económico. De aquella meseta se extraían diariamente decenas de camiones de pinos de gran tamaño y calidad.
    Obsérvese que no he mencionado el oro, el platino, el paladio, los diamantes, el cobre, el estaño, y otros que paralelamente se han convertido en símbolos de los valores económicos que la sociedad humana, en su etapa actual de desarrollo, requiere.
    Pocos años antes del triunfo de la Revolución mi padre murió. Antes, sufrió bastante.
    De sus tres hijos varones, el segundo y el tercero estaban ausentes y distantes. En las actividades revolucionarias uno y otro cumplían su deber. Yo había dicho que sabía quien podía sustituirme si el adversario tenía éxito en sus planes de eliminación. Yo casi me reía con los planes maquiavélicos de los presidentes de Estados Unidos.
    El 27 de enero de 1953, tras el golpe alevoso de Batista en 1952, se escribió una página de la historia de nuestra Revolución: los estudiantes universitarios y organizaciones juveniles, junto al pueblo, realizaron la primera Marcha de las Antorchas para conmemorar el centenario del natalicio de José Martí.
    Ya había llegado a la convicción de que ninguna organización estaba preparada para la lucha que estábamos organizando. Había desconcierto total desde los partidos políticos que movilizaban masas de ciudadanos, desde la izquierda a la derecha y el centro, asqueados por la politiquería que reinaba en el país.......

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  14. ........A los 6 años una maestra llena de ambiciones, que daba clases en la escuelita pública de Birán, convenció a la familia de que yo debía viajar a Santiago de Cuba para acompañar a mi hermana mayor que ingresaría en una escuela de monjas con buen prestigio. Incluirme a mí fue una habilidad de la propia maestra de la escuelita de Birán. Ella, espléndidamente tratada en la casa de Birán, donde se alimentaba en la misma mesa que la familia, la había convencido de la necesidad de mi presencia. En definitiva tenía mejor salud que mi hermano Ramón —quien falleció en meses recientes—, y durante mucho tiempo fue compañero de escuela. No quiero ser extenso, solo que fueron muy duros los años de aquella etapa de hambre para la mayoría de la población.
    Me enviaron, después de tres años, al Colegio La Salle de Santiago de Cuba, donde me matricularon en primer grado. Pasaron casi tres años sin que me llevaran jamás a un cine.
    Así comenzó mi vida. A lo mejor escribo, si tengo tiempo, sobre eso. Excúsenme que no lo haya hecho hasta ahora, solo que tengo ideas de lo que se puede y debe enseñar a un niño. Considero que la falta de educación es el mayor daño que se le puede hacer.
    La especie humana se enfrenta hoy al mayor riesgo de su historia. Los especialistas en estos temas son los que más pueden hacer por los habitantes de este planeta, cuyo número se elevó, de mil millones a fines de 1800, a siete mil millones a principio de 2016. ¿Cuántos tendrá nuestro planeta dentro de unos años más?
    Los científicos más brillantes, que ya suman varios miles, son los que pueden responder esta pregunta y otras muchas de gran trascendencia.
    Deseo expresar mi más profunda gratitud por las muestras de respeto, los saludos y los obsequios que he recibido en estos días, que me dan fuerzas para reciprocar a través de ideas que trasmitiré a los militantes de nuestro Partido y a los organismos pertinentes.
    Los medios técnicos modernos han permitido escrutar el universo. Grandes potencias como China y Rusia no pueden ser sometidas a las amenazas de imponerles el empleo de las armas nucleares. Son pueblos de gran valor e inteligencia. Considero que le faltó altura al discurso del Presidente de Estados Unidos cuando visitó Japón, y le faltaron palabras para excusarse por la matanza de cientos de miles de personas en Hiroshima, a pesar de que conocía los efectos de la bomba. Fue igualmente criminal el ataque a Nagasaki, ciudad que los dueños de la vida escogieron al azar. Es por eso que hay que martillar sobre la necesidad de preservar la paz, y que ninguna potencia se tome el derecho de matar a millones de seres humanos.

    Fidel Castro Ruz

    Agosto 12 de 2016

    10 y 34 p.m.

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  15. Fidel, senza se e senza ma.... nonostante qualche mesa redonda di troppo e oratorie che tenevano impegnate per ore sotto il sole dei tropici un'orda di persone stanca e annoiata che magari avrebbe preferito dedicarsi d altro. Comunque sicuramente resta un vero leader, un uomo che con tenacia è riuscito a non soccombore all'imperialismo statunitense e a dare dignità ad un popolo che pur rimproverandogli alcune privazioni vuole bene al proprio Comandante e gli riconosce il merito di tante conquiste sociali. Anche se la vita a Cuba non è mai stata facile pe rle tante battaglie in nome dei diritti di tutti la storia già lo ha assolto e in tutto il mondo non mancano gli ammiratori. Auguri Comandante.P68

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  16. fidel castro e ultimo di un mondo cambiato in peggio di fidel puoi parlare per giorni punto auguri dal mio cuore fidel ciccio simone il romagnolo

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  17. Vladimir Putin si e' congratulato con l'ex leader cubano Fidel Castro per il suo novantesimo compleanno inviandogli un telegramma. "In Russia lei e' altamente rispettato come una figura politica straordinaria che ha dedicato la vita al popolo cubano", si legge nel testo, pubblicato dal Cremlino. Il presidente russo si e' inoltre augurato che le relazioni tra Mosca e L'Avana "continueranno a svilupparsi in modo fruttuoso, favorendo il miglioramento della stabilita' e della sicurezza regionali".

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  18. Grandissimo Fidel......gigante della storia! Mi ritengo molto fortunato...e credo di essere tra i pochi che è riuscito a vederlo e a sentire un suo discorso(festa della gioventù comunista de Latino-America-Agosto 1997 Università dell'Havana)blanco79

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