mercoledì 26 ottobre 2016

FAR DI CONTO

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L'altro giorno commentavamo in palestra, con dei ragazzi, il fatto che ne abbiano aperta, a settembre, una nuova a pochi km da noi.
La zona e' gia' abbastanza battuta ma la cosa che mi ha sorpreso e' che, pare, chi ha aperto (di cui non mi hanno parlato in termini lusinghieri per quello che vale la chiacchiera) abbia speso oltre 350 mila euro per tutto l'ambaradan.
Il primo pensiero e' stato “questi sono pazzi!”
Quando cazzo rientrano di una cifra simile?
Infatti i prezzi sono alti, diciamo che in generale la cosa ci preoccupa poco.
Noi abbiamo spesso una cifra ragionevole, visto che le cose vanno abbastanza bene (ma possono e devono andare ancora meglio) siamo gia' praticamente rientrati, dopo poco piu' di un'anno, dell'investimento.
Avevamo programmato due anni per il rientro, siamo riusciti a farlo prima, bene cosi' ma sopra la testa, come limite ci deve essere il cielo, non un soffitto.
Oggi il prezzo e' diventato un fattore prioritario, o sei in grado, con costi di gestione ragionevoli, di offrire un vantaggioso rapporto con la qualita' o...tiri giu' la saracinesca.
La cosa mi ha riportato ai tanti discorsi che facciamo ogni giorno su Cuba e sulla volonta', vera o presunta, di fare qualcosa.
Un conto e' un piccolo investimento come ha fatto il mio amico con la spaghetteria o, se vogliamo, l'umile scriba con la renta.
Sono situazioni in cui un piano di rientro neanche si deve fare.
Se si rientra bene altrimenti ….nessun grosso problema.
Lui e' sicuramente gia' ampissimamente rientrato, io sono al terzo anno dei 4 che, ipoteticamente, avevo programmato e...ci siamo.
Lo dico sapendo di produrre rigetti gastrici a chi si augurava che tutto andasse male, che si fottessero anche i rubinetti del cesso ecc....
Invece, dopo 3 anni, tutto procede tranquillamente, confermando l'assioma che Cuba e' uno specchio e le persone con cui ti relazioni agiscono nei tuoi confronti conformemente a come agisci tu nei loro.
Parliamo pero' di investimenti limitati, che rappresentano i vizi non certo il filetto.
Pero' leggo di paladar, case de renta che costano centinaia di migliaia di euro, o di locali, come l'ultimo aperto a Tunas, costati una paccata di quattrini.
In questo caso parliamo davvero di soldi veri, soldi che fanno la differenza e che devono assolutamente dare un frutto in tempi relativamente brevi.
Non solo.
Prima di mettere mano al borsillo occorrerebbe trattare l'eventuale investimento nell'isola alla stregua di un qualunque investimento importante da fare in qualunque paese al mondo.
Quindi analisi di fattibilita', ragionamento sui costi, reperimento delle materie prime, piano ipotetico di rientro, costi della burocrazia ecc....
Ma Cuba, la Cuba di oggi consente di fare ragionamenti simili?
Forse, e dico forse, la Cuba della capitale, con i suoi milioni di turisti con le tasche piene di soldi.....ma anche questo non e' Vangelo.
Parlo spesso del Cache di Tunas e di come, un locale di livello abbia avuto un buon successo contrariamente a quanto pensavo.
Ognuno di noi ha il suo percorso ed ogni testa e' sempre il solito piccolo mondo.
Personalmente, a questo punto della storia, la priorita' e' dormire tranquillo e sopratutto riuscire a dormire.
Per questa ragione prima la renta poi la palestra hanno risposto in pieno a questa mia scelta, se vogliamo anche obbligata, di fare piccoli passi, mettendo in sicurezza quello precedente prima di avventurarmi in quello successivo.
Non sono piu' gli anni dei colpi di testa, non lo sono sia per l'eta' del dattero che per la situazione che il nostro paese e il nostro borsillo stanno vivendo.
Faccio i migliori auguri a chi si avventura in queste situazioni cosi' impegnative, spero davvero che tutto giri loro per il meglio.
Spero sopratutto che siano consapevoli che i soldi a Cuba devono essere equiparati ad una giocata in borsa e non a quelli della spesa all'Esselunga.

M&S CASA PARTICULAR HA AGGIUNTO UNA CASA
MARGARITA 


26 commenti:

  1. Questa sera altra partita di campionato.
    Siamo a S.Siro con l'Inter.
    I neroazzurri sono in un momentaccio ma non mi fido per nulla.
    Anche il Milan doveva spaccare tutto e ieri ha preso 3 pere.
    Faremo un po' di cambi, dietro dovrebbe giocare Moretti in mezzo uno o tutti due i negher e forse anche davanti potrebbe esserci qualche cambio; Martinez per Yago o addirittura la Galina per il Gallo.
    Sarebbe importante fare risultato per continuare a frequentare le zone nobili della classifica.
    Per inciso, zone dove sempre il Toro dovrebbe essere.

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    1. Il Conte Rosso era il nome del pullman su cui viaggiavano i giocatori del Grande Torino quando andavano in trasferta. E fu proprio il Conte Rosso a chiudere il corteo delle auto che trasportavano le bare, durante i funerali avvenuti il 6 maggio 1949, due giorni dopo la tragedia di Superga, 500 mila persone, una folla impressionante, attonita e incredula. Adesso «L’ultimo viaggio del Conte Rosso» è il titolo di un documentario appena uscito in dvd, realizzato da Fabiana Antonioli per Filmika, che racconta le storie di quattro giocatori della squadra giovanile del Torino (ora hanno 84, 85 anni; un quinto, Franco Audisio, non ha partecipato al film) che entrarono in campo nove giorni dopo Superga. E i cavalieri fecero l’impresa. Vinsero le quattro partite che mancavano alla fine del campionato, contro Genoa, Sampdoria, Fiorentina, Palermo e guadagnarono anche sul campo uno scudetto comunque già assegnato.
      Giovani ottantenni
      I protagonisti del «Conte Rosso», i giovani ultraottantenni che non dimenticano un tiro, un volto, una parata, un infortunio, sono Guido Vandone, portiere, Umberto Motto, capitano, Antonio Giammarinaro, mezzala, Lando Macchi, centrocampista. E sono, le loro storie, tristi e bellissime, rese eterne da un evento con il quale si dovettero misurare, nel maggio del 1949, la domenica successiva allo schianto dell’aereo. Erano ragazzini, non avevano neanche 18 anni, e furono chiamati a una responsabilità grandissima. «Tutti, tutti, erano morti tutti. Non soltanto i giocatori, ma anche i dirigenti - ricorda Motto - anche il nostro allenatore, Leslie Lievesley e noi entrammo in campo come degli orfani, lasciati soli di fronte alla vita che avevamo appena cominciato».
      Come giocavano
      Raccontano come giocavano, Umberto, Guido, Antonio, Lando. Erano le promesse del vivaio granata, giocatori «Allievi» del Grande Torino. Dice Vandone: «Il destino ci ha costretti a vestire le maglie di questi che erano anche i nostri idoli, con cui ci eravamo allenati fino a qualche giorno prima; ci ha costretto a prendere il loro posto e a giocare le ultime quattro partite del Campionato». E Macchi: «Io sarei dovuto partire con loro, come riserva, ma non mi timbrarono in tempo il passaporto». E, umanamente, piange. «Grandi come loro - continua Gianmarinaro, che arrivava dalla Tunisia - non fummo mai, il pubblico lo capì: ma quelle quattro partite le vincemmo tutte».
      Il perché dei sentimenti
      «L’ultimo viaggio del Conte Rosso» è la loro storia e insieme il ricordo della più grande squadra di calcio italiana. Una narrazione che completa quella cominciata con «Finché morte non ci separi», sempre di Fabiana Antonioli, dedicata al Grande Torino caduto sulla sua città. Agli scudetti. Allo stadio demolito. Ai sentimenti. E al perché dei sentimenti, che non si spiega. Racconta, nel «Conte Rosso», Gian Paolo Ormezzano: «Sentimenti e premonizioni aleggiavano intorno a tutti loro. Come se la tragedia e la morte fossero alla ricerca della preda migliore».
      Ma c’è una storia nella storia: ed è quella di Filmika, una società cooperativa indipendente dove lavorano, oltre a Fabiana Antonioli, Barbara Andriano e Davide Marcone. Dice Antonioli: «Non c’è un logo, non c’è un marchio, in questo documentario. Abbiamo lavorato tutti al massimo del risparmio e con il massimo della passione. E poi c’erano dei segni. Io, ‘sto pullman, ‘sto Conte Rosso, non riuscivo più a trovarlo, si diceva che la vecchia società del Toro, ormai in crisi, lo avesse venduto a una banda musicale. Bene. Un giorno arrivo a lavorare, con il mio cane, e proprio accanto allo studio vedo parcheggiato questo pullman d’epoca, identico a quello originale. Granata. L’ho ripreso e ho chiuso il filmato».

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    2. Ciao ! Franco Audisio in realtà ha partecipato alle riprese, ma la sua memoria è già altrove...ma c'è anche lui, in una immagine,davanti al portiere Vandone, in trattoria : )

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  2. Hai ragione ma la gente, a Cuba, molte volte ragiona con un organo situato piu' in basso che il cervello. Giuseppe

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    1. Lo so pero' poi quando le cose vanno male e' sempre colpa di Cuba e non di chi ha rischiato troppo.
      A quel punto le cubane tutte puttane....i cubani tutti chulos ecc....

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  3. massimo gramellini

    Si aggirano col favore delle tenebre. Scivolano furtivi, reggendo sulle spalle frigoriferi e materassi, anche qualche divano andato a male. Sono i poteri forzuti e vogliono spegnere le menti più illuminate dei Cinquestelle. Il drammatico allarme è stato lanciato proprio da una di loro, la sindaca Raggi: le strade di Roma si stanno misteriosamente riempiendo di frigoriferi vecchi. Chi c’è dietro e magari dentro? Qualcuno ha azzardato: dipenderà dal fatto che il servizio di ritiro a domicilio è sospeso da mesi. Sciocchezze. Quei rifiuti ingombranti da rottamare sono una metafora. Come una firma d’autore. È lui, il toscanaccio del Sì, che sta organizzando questa migrazione di elettrodomestici clandestini, questa lunga notte dei frigoriferi, per attribuirne la colpa alla Evita Piagnon de noantri.
    Poi ci sono i materassi. L’assessora all’ambiente Muraro ci è rimasta secca, l’altra sera: stava passando per una piazza che i suoi netturbini avevano appena ripulito come la hall di un collegio svizzero, quand’ecco spuntarne uno accanto ai cassonetti. E chi lavorava in una celebre fabbrica di materassi, se non il capo della P2 in persona, Licio Gelli? La loro proliferazione per le strade di Roma fa dunque parte del famigerato piano di rinascita democratica con le molle. Eppure i cattivi non prevarranno. Dopo gli anni grigi del loden di Monti e dei monologhi-tisana della Boschi, i Cinquestelle hanno riempito la casella Cazzeggio lasciata libera da Berlusconi. Non ce li lasceremo portare via senza lottare: a colpi di materasso, se necessario.

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  4. Le somme spese da taluni a Cuba sono veramente fuori controllo. Delle due una : ho c'hanno tanti soldi da buttare o , più facilmente , pensano di essere sapienti.
    Conosco un tipo che a Cuba ha investito ( meglio buttato ) , in 20 anni , il corrispettivo che in Italia avrebbe pagato un palazzo di 10 piani creando una società assai nota a L'Avana ed in tutta Cuba: ....l'ho fatto, dice sempre ,consapevole di perderci ma mi dava la possibilità di sfuggire ad una moglie arpia e da dei figli avidi ... in questo caso , come dargli torto ?

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    1. Scusassero per l' H .... refuso correttore automatico :-(

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    2. Se hai famiglie di quel tipo la cosa migliore e' mangiarsi il grano fino all'ultimo centesimo...poco ma sicuro.

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  5. Milco volevi dire 350 mila euro, e non 350 euro :-)

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  6. hola! è vero molte persone a Cuba fanno quello che mai fareberro nel proprio paese, sarà per fare i fighi, per especular, per sentirsi qualcuno. Alla fine los negocios che gli yumas persone fisiche possono fare sono circoscritti, mentre per i più grossi c'è sempre l'abbraccio letale del regime. In borsa ci sono gli stop loss ma nella vita reale no. Ambito ns "bel paese" ormail il prezzo è la discriminante maggiore a scapito della qualità d'altronde in un paese con i ns salari e costo vita da usa non possiamo pretendere di sacrificarci ancora di più (già la qualità della vita è bassa) per cose che ormai sono diventate quasi un lusso come frequentare un centro fitness. chao Enrico

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    1. Infatti o hai prezzi accessibili oppure tiri giu' la serranda....

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  7. A proposito di Esselunga, il compianto Caprotti ha lasciato 75 milioni di euro alla fedele segretaria!!!!!

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    1. Maaa quale segretaria? Ha iniziato con quel ruolo...oggi è una dirigente con le palle che ha sempre fatto gli interessi delľ azienda a differenza di altri...ecco il perché del lascito...

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    2. Cosi' l'hanno definita tutti gli organi di stampa.
      Io manco ci faccio la spesa all'Esselunga....

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  8. Ho letto.
    Magari per decenni non e' stata solo la segretaria....chissa'....

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  9. La mia azienda chiude. Il sogno di mio padre svanisce. L’avidità dello Stato e la miopia di governanti inetti ha vinto. La qualità non ha pagato. Essere rimasti onesti non è servito. Altre persone senza stipendio. In Italia non c’è futuro. Non è giusto.
    Mentre non riesco a trattenere le lacrime, sono queste le frasi che mi rimbalzano nella testa e me la spaccano in mille pezzi.
    Voglio raccontare che cosa si prova quando un giovane vede svanire il sogno imprenditoriale, il sogno di creare posti di lavoro, il sogno di portare avanti i sacrifici di un padre. Il sogno di essere attori del ben-essere di un territorio. Ed è ciò che sto vivendo.
    Quando tre anni fa ho accettato di prendere in mano le redini dell’azienda la situazione non era facile e sapevo che il rischio di perdere la sfida era alto. Ma fissati gli obiettivi e definite le tappe per raggiungerli in poco tempo sono riuscito ad ottenere molto di più di quanto mi aspettassi e stavo per uscire da una fase di riassetto aziendale ad una fase di sviluppo che seguisse precise direttrici: politica commerciale, internazionalizzazione, innovazione, eco-sostenibilità. Ma non avevo fatto i conti con un fattore esterno che ha lanciato la sua scure sulla nostra testa: lo Stato.
    La pressione fiscale al 64% è ormai un dato acquisito, l’insensatezza degli studi di settore pure ed è inutile che mi dilunghi sul peso della burocrazia in Italia. Ciò che però ha determinato mortalmente il proseguo del sogno imprenditoriale è stata l’inettitudine di politicanti-burattini che a livello centrale hanno accettato i capricci di Usa, UE, Francia e Germania in materia di politica estera. Tutto ha avuto inizio con le tensioni ucraino-russe in Crimea, il cui apice è stato raggiunto con le stupide sanzioni imposte a Mosca, la svalutazione del 30% del rublo e il conseguente contro– embargo che la Russia ha fatto su settori strategici per il made in Italy e il basso veronese come arredamento, ortofrutta, latticini. Quando nell’estate 2014 abbiamo avuto notizia di queste decisioni a livello europeo, a mio papà ho detto che dovevamo prepararci a tempi duri e cercare di prendere le necessarie contromisure in tempo. Game over. Una piccola impresa come la nostra non aveva la forza né le risorse per cambiare repentinamente mercati di riferimento così come fanno i grandi gruppi industriali. E il fatturato inizia a scendere, prima del 25% nel 2015, poi del 50% nel 2016, e del 65% negli ultimi mesi fino a che per ottobre ci siamo trovati a non avere alcun ordine di lavoro. Zero.
    Non sono serviti gli interventi di risparmio energetico, il controllo serrato dei costi, e i licenziamenti in quattro mesi della metà dei dipendenti. Si chiude.
    E allora si apre la voragine della depressione, della frustrazione, del senso di fallimento che logora la mente e stringe il petto come per la morte di una persona cara. Otto persone che nel giro di un anno hanno perso il lavoro. Otto famiglie che hanno perso una fonte di reddito. E ciò che fa ancora più male è sapere che chi ha cinquant’anni con una licenza media e per tutta una vita ha lavorato nel mondo del mobile, oggi completamente in crisi, difficilmente troverà nuova occupazione. La povertà è dietro l’angolo.

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  10. E allora si apre la pericolosa porta della rabbia e dei cattivi pensieri per cui si è tentati a gesti estremi se non fosse che si è attorniati da persone che fanno da cuscinetto, se non da sfogatoio.
    La mia azienda chiude perché ha sempre lavorato di qualità, come sanno fare i cultori del made in Italy. La mia azienda chiude perché ha sempre pagato le tasse mentre committenti della Sicilia si presentavano in ufficio per dire che loro “lavorano per il 99% con il nero”. La mia azienda chiude perché non ha voluto cedere alla guerra del prezzo, altrimenti detta guerra tra poveri che ammazza i poveri ed ingrassa i soliti ricchi.
    La mia azienda chiude perché lo Stato, oltre a fare la parte del socio occulto di maggioranza, si è permesso il lusso di penalizzare settori strategici per le economie dei nostri territori strutturate per distretti produttivi sanzionando partners strategici come la Russia. E quando un distretto muore, un territorio sta morendo.
    Per questo aver visto Renzi a Treviso che elogiava le imprese in una delle terre con il maggior numero di suicidi tra imprenditori, e aver sentito Benetton che voterà sì al referendum mi fa una gran pena. Perché a pagare il prezzo della stupidità politica sono tante, troppe aziende come la mia.
    Né Renzi, né Boschi né i leccaculo di questo governo si sono mai dimostrati realmente interessati a togliere le sanzioni alla Russia, diminuire la pressione fiscale infame, migliorare i servizi da terzo mondo e garantire un’effettiva libertà d’impresa.
    Infatti i nostri giovani sono costretti ad emigrare al ritmo di 100mila l’anno mentre ci riempiono l’Italia di “risorse”, e chi rimane ha la prospettiva di un lavoro ormai senza tutele con stipendi da fame.
    Le leccate reciproche tra il Benetton di turno e il ducetto fiorentino stridono maggiormente quando la Caritas denuncia l’aumento della povertà in Italia, e la Camera di Commercio di Verona segnala l’aumento di imprese straniere a fronte di una costante diminuzione di quelle italiane. Ma ricordiamoci sempre che siamo noi i razzisti.
    Lo Stato ha dichiarato guerra ai piccoli imprenditori, alle famiglie, ai giovani, ai bambini, agli anziani. E’ lo Stato anti-sociale contro il quale bisogna unirsi e ribellarsi, prima che sia troppo tardi.

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  11. Inter (4-3-3): Handanovic; Ansaldi, Miranda, Murillo, Nagatomo; Brozovic, Banega, Joao Mario; Candreva, Icardi, Eder. A disposizione: Carrizo, Andreolli, Palacio, Jovetic, Ranocchia, Santon, Gnoukouri, D’Ambrosio, Perisic, Yao, Miangue, Gabriel. Allenatore: De Boer.
    Torino (4-3-3): Hart; Zappacosta, Rossettini, Moretti, Barreca; Acquah, Valdifiori, Obi; Iago Falque, Belotti, Ljajic. A disposizione: Padelli, Cucchietti, Bovo, Baselli, Maxi Lopez, Benassi, Martinez, Vives, Lukic, De Silvestri, Boyè, Ajeti. Allenatore: Mihajlovic.

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  12. Dal sito del Granma:
    La Asamblea General de la ONU aprobó la resolución cubana de la necesidad de poner fin al bloqueo económico comercial y financiero de Estados Unidos contra Cuba, que se mantiene intacto y con rigor por más de 50 años.
    Un total de 191 naciones votaron a favor, ningún país se opuso y dos se abstuvieron, por primera vez Estados Unidos e Israel.
    El enfoque de Estados Unidos esta mañana es una señal positiva, dijo el canciller cubano en la sede de Naciones Unidas, pero la verdad es que el bloqueo persiste y marca la realidad cubana actual.
    El resultado de 191 votos a favor y solo dos abstenciones es un triunfo de la heroica resistencia del pueblo cubano.
    Alessio

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  13. Ne parlo giusto oggi....sempre sul pezzo!

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