domenica 27 novembre 2016

HASTA LA VICTORIA SIEMPRE!

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Oggi, per la riapertura del blog (avrebbe dovuto riaprire domani ma...la cronaca ha sempre la precedenza) avevo in mente un altro pezzo, diciamo il solito pezzo di “rientro”.
Poi...sabato, verso le 11 del mattino arrivo a Caselle da Amsterdam, un Villans viene a prendermi per portarmi a casa.
Salgo in auto, accendo il movil, nel nostro gruppo di whatsapp apprendo della morte del nostro Comandante en Jefe.
Sono partito da Cuba alle ore 17 cubane del venerdi e tutto era tranquillo.
Fidel aveva pochi giorni fa ricevuto il presidente del Vietnam in visita privata, sembrava quello di sempre.
A Cuba nessuna notizia, ovviamente, era trapelata sul conto di un'eventuale peggioramento delle condizione di salute del Comandante en Jefe.
L'annuncio al popolo di Cuba lo ha dato Raul, affermando che il fratello era deceduto alle 22.19, forse e' accaduto qualche ora prima ma questo non e' importante.
Tutti i telegiornali hanno dato la notizia per prima, accompagnandola con servizi e filmati, fra cui quelli della gusaneria di fancazzisti festanti a Miami.
La morte del Leader Maximo ha gia' raggiunto l'obiettivo di rendermi un po' piu' simpatico Trump.
Faccia un culo cosi' a tutta quella gente, tiri su 10 muri e tolga la lej di ajuste cubano una volta per tutte.
Volete giocarvela?
Bene allora partite alla pari con messicani, peruviani, guatemaltechi e con chiunque voglia, con un viaggio, risolvere la propria vita in qualche modo.
Che la fiesta finisca una volta per tutte.
Detto questo cos'altro posso aggiungere su un personaggio di una grandezza simile?
Si tratta dell'ultimo grande della storia, non credo che in futuro ce ne saranno altri.
Ci lascia da vincente dopo aver fottuto una doppia cifra di presidenti statunitensi, aver portato una piccola isola agli onori del mondo, solevandola dalla schiavitu' culturale ed economica, consentendole di avere sempre ed in ogni occasione di la schiena dritta.
Errori?
Certo, senza dubbio.
La storia pero' lo ha gia' assolto relegando i suoi avversari al ruolo di nani e ballerine.
Non fatevi prendere per il culo da chi ha tanto tempo libero e non sa come occuparlo, non esistono opposizioni serie che non siano 4 sfaccendati che sperano di spillare qualche soldo all'amministrazione americana, un po' come fecero la bloggara a gettone e le ladrones en blanco.
Ho conosciuto e mi sono innamorato della Cuba di Fidel, oggi convivo con quella di Raul in attesa di sapere come sara' la prossima, ma senza quella di Fidel e della sua Rivoluzione un bel pezzo della mia vita sarebbe stato differente.
Non so se migliore o peggiore, sicuramente differente.
Tutto il mondo sta' tributando i giusti onori all'Jefe della Rivoluzione Cubana, persino un'inutile idiota come Gentiloni si e' sentito in dovere di dire le sue cazzate.
Gentiloni che parla di Fidel...come cazzo siamo arrivati a questo punto in questo paese?
Saviano che habla mierda grazie anche ai soldi delle tasse del vostro umile scriba....
Ovviamente questo blog Rivoluzionario, che pero' non ha mai fatto mancare le sue critiche alla Rivoluzione, piange il suo Comandante in Capo, il suo Lider Maximo.
HASTA LA VICTORIA SIEMPRE!!!

P.S. Riapre il blog con la formula di prima; 4 pezzi in settimana, il venerdi il commento su notizie e scritti altrui, il fine settimana i consigli per gli acquisti.
Valgono le regole di sempre, i commenti sono molto benvoluti a patto che non siano anonimi o abbiano firme farlocche.
In questi casi verranno, ovviamente, cestinati.

22 commenti:

  1. «Saviano ha usato gli stessi argomenti della mafia cubana che Fidel Castro cacciò dall’isola insieme ai lacchè di Battista, dopo la Rivoluzione e che oggi a Miami festeggia sperando di poter tornare a fare i suoi loschi affari a Cuba» Così Alessandro Mustillo, dell’ufficio politico del Partito Comunista a commento delle parole dello scrittore sulla morte di Castro. «Avrebbe fatto meglio a contare fino a dieci prima di scrivere quell’ammasso di bugie sul suo profilo facebook. Cuba socialista ha dato dignità al suo popolo, istruzione, sanità, condizioni di vita, assenza di sfruttamento. Non una parola è giunta da Saviano sul blocco economico a Cuba, che ancora oggi impedisce alla Rivoluzione socialista di poter assicurare ancora di più al popolo cubano. Fidel resta un grande della storia – conclude la nota – a differenza di tanti commentatori e venditori di fuffa, che oggi volteggiano come avvoltoi»

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  2. Basta siempre....un articolo di spessore , non il solito coccodrillo...

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  3. francesco semprini
    L’AVANA

    Il silenzio, vellutato e profondo, da Plaza de la Revolución al Malecón, e più a nord sino ad avvolgere Vedado e Miramar. Un silenzio cadenzato da luci appassite e dal bisbiglio sofferto di chi compostamente racconta la sofferenza per la «scomparsa alla quale non avrebbero mai voluto assistere». «Non sembra vero, pensavamo vivesse in eterno», spiega Daniel Romero.
    Accanto a lui c’è chi volge gli occhi lucidi al cielo come a cercare, invano, la stella che non brilla più, la più brillante e più alta del firmamento cubano, la stella rossa del Líder Máximo. Venerdì alle 22,29 si è chiuso uno dei capitoli più rivoluzionari e controversi dalla storia contemporanea, e a mettere la parola fine è stato il suo stesso protagonista. Un capitolo che ha la sua genesi nelle trame post-coloniali e che, attraversando la Guerra fredda, è ambientato nelle ultime pagine in un mondo lontano anni luce dal suo. Quasi a volerne fermare la storia, una storia durata poco meno di un secolo, una storia che porta il nome di Fidel Castro.
    L’annuncio del fratello
    L’ex presidente si è spento dopo dieci anni di malattia, a raccontarne l’ultimo respiro è stato il fratello Raúl con un breve e sofferto discorso televisivo alla nazione: «Caro popolo di Cuba, è con profondo dolore che compaio in questa sede per informare voi, gli amici della nostra America e il mondo intero della scomparsa del comandante in capo della Rivoluzione cubana, Fidel Castro Ruz. Hasta la victoria siempre». Il presidente è visibilmente commosso, anche lui che, otto anni fa aveva ricevuto il testimone della guida del Paese dal Líder Máximo, alle prese con l’ultima grande battaglia contro la malattia, non era pronto ad assistere alla scomparsa del fratello. E la sensazione all’Avana è questa, è come se nessuno fosse pronto a un tale evento, nonostante i 90 anni compiuti dal barbudo pioniere del socialismo reale al di qua della cortina di ferro.
    Come Daniel Romero in tanti non se ne capacitano, scuotono la testa, la stringono tra le mani ripetendo il nome Fidel in maniera quasi ossessiva. «Sono distrutta - dice Aitana - la nostra storia è la sua storia, ci ha preso per mano e ci ha condotto per tutti questi anni, non posso crederci». L’Avana piange il suo líder ovattata in quel silenzio surreale di calma apparente che sembra covare un dolore orfano dell’elaborazione del lutto.
    Le ultime parole
    Come se i cubani della capitale e non solo fossero stati convinti che non avrebbero mai vissuto questo momento. Quelli di loro che sono scesi in strada a dar voce al dolore, raccontano il dramma come una sorta di stupro al normale corso della vita. Come quando un padre assiste alla scomparsa del figlio, nonostante molti di loro siano figli di Fidel Castro e della sua rivoluzione. E così in questo silenzio pneumatico che si coglie sin dall’arrivo a José Martí, lo scalo internazionale, riecheggiano le parole ultime che Fidel pronunciò in pubblico. «Presto compirò 90 anni, presto sarò come tutti gli altri, è un momento che arriva per tutti - disse lo scorso aprile durante il congresso del Partito -, ma le idee dei comunisti cubani rimarranno come prova che su questo pianeta, se si lavora con fervore e dignità, si possono produrre materiali e beni culturali di cui gli esseri umani hanno bisogno. È necessario combattere senza mai rinunciare».

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  4. Parole che per i cubani fedeli al regime sono il «testamento» del loro leader: «Fidel l’immortale» come dice qualcuno perché così è l’immagine che di lui emerge nelle prime ore successive al lutto. Ore nelle quali pian piano si diffonde la notizia nella capitale e nell’isola, dove la televisione non è un bene di largo consumo e dove Internet è un lusso concesso col contagocce al popolo. Perché il regime è anche questo, anzi molto di più, nonostante la lenta riapertura e il ripristino delle relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti, alle quali però non è ancora seguito un ritiro degli embarghi. Ma oggi a L’Avana non si parla di questo. Si piange solo il Líder Máximo e lo si fa secondo l’ordine impartito da Raúl quando, congedandosi dai teleschermi dopo l’annuncio della morte del fratello, ha pronunciato la formula magica: «Hasta la victoria, siempre».
    Le lacrime dei cubani
    Perché è questo che i cubani di Cuba, o almeno quelli fedeli al loro líder, si vogliono sentir dire, gli esuli di Miami sembrano lontani anni luce così come i nemici del regime. «Per le riflessioni ci sarà tempo, anche per parlare del futuro», spiega Ramon a chi gli chiede cosa si aspetti ora dai palazzi del potere dell’Avana. Cuba, una certa Cuba, vuole solo piangere il suo Líder Máximo, ricordandone l’aspetto iconico nella sua mimetica verde oliva, col cappello e il Cohiba in bocca, e con lo sguardo compiaciuto e ambizioso. Non più giovane ma sicuro, malgrado tutto, di essere portatore di una messaggio ancora rivoluzionario.
    Così come viene rappresentato nelle immagini che campeggiano per la città, quelle che lo rendono «immortale», come quando nel 1960, pronunciò il discorso fiume di 269 minuti dinanzi all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Immortale davanti ai potenti della Terra. Immortale come il compagno di lotta di un tempo Ernesto Guevara, detto il «Che», con cui espugnò L’Avana nel gennaio del 1959, cacciò la dittatura di Fulgencio Batista e stabilì la spina marxista nel fianco dell’Occidente a stelle e strisce. Aveva 32 anni, il più giovane leader in America Latina. Allora sì che sembrava immortale.
    «Sarà uno spettacolo importante, come ai tempi del “Che”», dice Edmundo, signore con un numero di anni sufficienti a ricordarsi la cerimonia in onore del padre della «Guerra di guerriglia», morto in Bolivia in circostanze poco chiare. «C’erano centinaia di migliaia di persone - prosegue - Questa volta per il Líder Máximo saranno ancora di più».
    Il lutto
    Nove giorni di lutto, come annuncia Raúl Castro, in cui «non si svolgeranno spettacoli, le bandiere saranno a mezz’asta in sedi pubbliche e istituti militari e tv e radio pubbliche rispetteranno una programmazione informativa storica e patriottica sulla vita di Castro». Fidel sarà cremato, secondo sua volontà, le ceneri portate a Santiago de Cuba, culla della sua ribellione armata. I funerali si terranno il 4 dicembre quando il popolo si raccoglierà a lutto inneggiando a «socialismo o muerte», il grido di battaglia che lo ha reso immortale. Sino a ieri.

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  5. REUTERS

    luis sepúlveda

    La notizia arriva con le prime luci del giorno, forse con la stessa intensa luce dell’alba che videro i membri dell’equipaggio del «Granma» sulla costa dell’isola prima di sbarcare e cominciare l’impresa che ha segnato il riscatto della dignità latinoamericana.
    Negli occhi di quel gruppo di uomini e donne che toccò la sabbia bianca di Cuba c’era anche la luce dei caduti nell’assalto della Moncada e, per questo, il braccialetto con la scritta «26 luglio» era l’identità di coloro che – come avrebbe scritto più tardi un argentino chiamato semplicemente Che – compivano il grande passo verso la condizione superiore dell’insorto, del ribelle, del militante, e diventavano guerriglieri.
    La dignità latinoamericana cominciò con il colore verde oliva e l’odore di cordite, polvere, sudore delle marce dentro la foresta, la fatica del combattente che, invece di stancarsi, dava ancora più slancio alla vocazione di giustizia dei guerriglieri, dei combattenti di Fidel, dei barbudos che indossavano vestiti sbrindellati, armati di machete da contadini e fucili sottratti al nemico in combattimento.
    I combattenti della Sierra Maestra, i guajiros, gli studenti e i poeti, passo dopo passo, sparo dopo sparo, mostrarono all’America Latina che la stella del Comandante Guerrigliero era il distintivo del primo a combattere, di colui che dava l’esempio e coltivava la fiducia in un destino migliore.
    E mentre i guerriglieri del «26 luglio» avanzavano sulle montagne e attraverso la giungla, in tutto il continente latinoamericano, dal rio Bravo fino alla Terra del Fuoco, gli umili innalzavano le loro bandiere di stracci, «perché adesso la storia dovrà fare i conti con i poveri dell’America».
    Oggi è il giorno del ricordo rivoluzionario. È il giorno del dolore di coloro che ebbero il coraggio di compiere un grande e imprescindibile passo, abbandonare un’esistenza arrendevole e di sottomissione per unirsi al percorso senza ritorno della lotta rivoluzionaria.

    Hasta la Victoria Siempre, Fidel! Hasta la Victoria Siempre, Comandante Guerrigliero!

    @Luis Sepúlveda

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  6. Si sa già chi eventualmente del nostro governo va ai funerali? Mat.

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  7. Risposte
    1. Lo avevano chiesto a Gordiano Lupi ma ha rifiutato....non vuole correre il rischio di rivedere la bloggara a gettone....

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  8. Castro, il silenzio inedito dell'Avana
    E' stata, quella appena passata,la not-
    te più silenziosa che l'Avana ricordi
    negli ultimi anni. Nessuna band nei lo-
    cali, nessuno spettacolo, stop alla
    vendita di alcolici e solo acqua anche
    per i tanti turisti che affollano la
    città. Persino la Casa della Musica,
    tempio delle musiche tradizionali cuba-
    ne, è rimasta chiusa e lo resterà fino
    al 5 dicembre.

    Un rigore dettato dalle regole del
    lutto nazionale, ma anche dallo spaesa-
    mento di tanti cubani sorpresi dalla
    scomparsa di chi "credevano immortale".

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  9. W el comandante hasta la muerte!!!
    Paolino

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  10. dal blog di lia.ilcircolo.net:
    Io credo che i cubani,oggi, si sentano abbastanza male.E che ne abbiano tutti i motivi.
    Tocca invece invidiare il padreterno, se c'è, chè finalmente se lo vede la, sto famoso fidel, e finalmente può farci 2 chiacchiere.
    Non ha aspettato poco, decisamente. E mi piace immaginare che, tra i due, il piu' curioso sia il padreterno.

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  11. Dopo 6 ore di discorso di Fidel e' piu' facile che il padreterno si converta al Marxismo che il contrario...:-)

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  12. Ci sono occasioni in cui il silenzio o il rispetto valgono più delle parole. Lo scrittore cortigiano Roberto Saviano, i cui riconoscimenti superano abbondantemente le sue qualità, non ha saputo resistere alla insana tentazione di mettere bocca anche su materie che non conosce.

    In un tweet che ha reso felice il ciarpame reazionario in Italia e nel mondo (vedi sotto) ha attaccato Fidel Castro come dittatore e come persecutore di omosessuali. Se Saviano si fosse informato prima, avrebbe evitato l’ennesima brutta figura.

    Saviano scrive da un paese – il nostro – dove negli ultimi anni sono emigrati all’estero più cittadini di quanti ne siano arrivati fuggendo da fame e guerra. E’ evidente che in qualsiasi paese del mondo si cerchi di andare fuori dal proprio se si ritiene che le proprie aspettative possano essere realizzate meglio di quelle che si hanno a disposizione. E' valido per Cuba, è valido per l'Italia. Se Saviano avesse messo a confronto gli indicatori sociali di Cuba con quelli dei paesi limitrofi – e quindi simili per condizioni materiali – avrebbe potuto verificare la distanza abissale tra Cuba, Repubblica Dominicana, Haiti. Ma Cuba è anche un paese povero. Le poche risorse di cui dispone le ha distribuite piuttosto che concentrarle in poche mani. Gli ideali di Cuba e di Fidel Castro? Hanno fatto la storia e hanno influenzato l’America Latina dando vita ad una stagione progressista che ha cambiato il volto di quel mondo. Quelli di Saviano al massimo hanno influenzato Fabio Fazio

    Quei tre giorni di pubblicità che gli possono venire da un tweet fetido come quello che ha scritto, verranno presto dimenticati (non da tutti però). Di Fidel Castro parlerà la storia. Di Saviano chi si ricorderà?

    Saviano dovrebbe inoltre avere l’umiltà di informarsi, leggere, sapere prima di parlare.

    L'omosessualità è stata depenalizzata a Cuba venti anni fa, nel 1997, quando è stata eliminata dal Codice penale che la perseguiva come scandalo pubblico. Nel 2010 lo stesso Fidel Castro mise fine alla discriminazione verso gli omosessuali anche attraverso una onesta autocritica: "Se qualcuno è responsabile, sono io. Non darò la colpa a nessuno", aveva dichiarato Fidel Castro in un'intervista alla direttrice del quotidiano messicano La Jornada. “E’ stata una grande ingiustizia” ha riconosciuto Fidel, "In quei momenti non mi potevo occupare di questo problema.

    Nel 2015, all’Avana, un migliaio circa di persone hanno dato vita al Gay Pride . Al corteo c’erano anche sacerdoti che hanno benedetto una ventina di coppie. Con un dettaglio. Nessuno dei religiosi presenti apparteneva alla Chiesa Cattolica. C’era infatti il pastore metodista Raul Suarez (per anni deputato all’Assemblea Nazionale del Potere Popolare), c’erano il reverendo americano Troy Perry della Metropolitan Community Churches di Los Angeles e Roger LaRade, il capo della Chiesa cattolica di Toronto, ma nessuno della Chiesa Cattolica di Cuba.

    E proprio il reverendo Raul Suarez, che abbiamo avuto la fortuna di incontrare di persona negli anni scorsi (lo abbiamo invitato due volte in Italia negli anni terrbili del "periodo especial"), ci disse con grande acume che in una società si può sconfiggere la segregazione razziale abolendone le leggi, si può sconfiggere il razzismo impedendogli di manifestarsi, ma la cosa più difficile è sconfiggere il pregiudizio razziale perchè sta dentro il senso comune delle persone. E questa era la situazione anche a Cuba. Per cambiare il senso comune e battere i pregiudizi servono generazioni, non decreti.

    Saviano continua ad essere una vittima. Non della camorra, che ormai se lo è scordato e forse non lo neanche mai temuto, ma della sua megalomania. Una brutta bestia che ha rovinato anche teste migliori delle sue, quando non se ne sono rese conto per tempo.

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  13. Ciao Milco, bentornato....anche se in un momento triste...Mi sono commosso dopo aver letto della morte di Fidel ed aver visto il video del fratello Raul che ne dava la notizia in televisione visibilmente commosso! Adìos Comandante en Jefe! Alessio

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  14. Le idee dei grandi uomini sopravvivono sempre a loro.

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  15. bentornato Milco,io mi sono innamorato della Cuba gia di Raul,cio non toglie il dispiacere per la morte di un uomo come Fidel,ho trovato assolutamente squallide le scene dei festeggiamenti a Miami,davvero ignoranza e cattiveria a go go,basura pura,quale differenza se le si paragona alla dolorosa e ferma compostezza di Raul o alle parole di condoglianza del Papa da te riportate,
    ciao
    Andrea M.

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    1. QUANDO IN TESTA SI HA SOLO MERDA CI SI COMPORTA IN LINEA CON QUESTO....

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  16. Grande tristezza....è scomparso un gigante della storia....! Posso dire di essere stato molto fortunato nel riuscire a vederlo e a sentire un suo discorso(agosto 1997...discorso all'Università dell'Havana per la festa della gioventù comunista Latino-Americana) Profondo schifo invece verso l'informazione e i pennivendoli Italiani(saviano...Annunziata...La Repubblica...La Stampa...ecc...) che si sono dimostrati ancora una volta...dei servi...! Viva Fidel....!blanco79

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    1. C'e' pero' questo giornalista de La Stampa che sta' facendo buoni articoli...strano.

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