domenica 30 ottobre 2016

FATE I BRAVI



Ci siamo
Dopo 7 mesi si torna a fare una vacanza, ovviamente destino la maggiore delle Antille.
Sono stati mesi intensi, pieni di belle cose, sto' facendo una vita che mi piace, quando questo accade tutto cio' che fai non ti pesa.
La Fly Gym viaggia discretamente bene, ottobre piu' 35% rispetto allo scorso anno, sabato ci siamo riuniti tutti e 3 per fare il punto della situazione, invece di batterci le mani sulle spalle abbiamo parlato su cio' che ancora deve funzionare meglio e sul dove dobbiamo essere ancora piu' bravi.
Lo scopo di un'azienda, di un'impresa non e' quello di fare soldi ma di fornire un buon servizio e/o un buon prodotto, il denaro e' solo la conseguenza, piacevole, di scelte giuste.
Ho iniziato soltanto venerdì pomeriggio a pensare, seriamente, al viaggio che mi aspetta.
Ho assolutamente bisogno di fermarmi e di riposare, come mi hanno fatto notare piu' persone mi ritrovo con le occhiaie che sfiorano i menischi, e' il momento di un pit stop.
Almeno 10 giorni senza allenarmi per recuperare le forze, a far descansare gli acciacchi dovuti a mesi di allenamento e all'eta' del dattero maturo.
Sabato pomeriggio, dopo la chiusura, ho portato Birillo da un'amico della palestra che vive in una casa rurale alle porte di Caselle, ha terra, un cane, gatti.
Si e' offerto di tenermelo, l'ho lasciato un paio di giorni la scorsa settimana per vedere se si ambientava ma il Birillone dove lo metti sta'...con tutta l'irrefrenabile voglia di vivere di un Beagle.
Ci sono cose peggiori di andare in un posto col proprio cane ed andare via senza, ma non sono molte.
Come dicevo e' solo da un paio di giorni che ho la testa al Caribe, piano piano pero' si sta' delineando in me la vacanza che sta' arrivando.
Mi sta' lentamente entrando dentro la voglia di mare, sole, pescado, tette grosse, jogging per Tunas con in cuffia Red Hot e Bruno Mars, Green Day e Ramones.
Come avviene da oltre due anni ci vado senza legami ne' laccioli di nessun tipo che non siano il piacere, sincero, di rivedere il familion e di passare un po' di tempo con gente a cui voglio bene.
Io non voglio bene a molta gente...
Credo, anzi sono sicuro che mi faro' qualche giorno di mare, probabilmente qualcuno a La Habana a trovare amici.
Per il resto mi godro' i ritmi lenti della palestina cubana.
Come sempre gli ultimi giorni, per le nostre Visas, sono pericolosissimi, spendiamo un sacco di soldi in cazzate ma ogni tanto e' anche bello poterlo fare.
Visto che ho tutto a Cuba parto con in valigia sughi, parmigiano, Nutella, dolci, pasta e tutto cio' che serve per cucinare, ogni tanto.
Buoni libri questo si, finalmente, lontano dalle mille menate italiane potro' riprendere il piacere della lettura.
Lunedì in palestra fino alle 22 poi martedi' mattina mi viene a prendere un'altro amico della Fly Gym che mi portera' direttamente in aeroporto a Caselle per il volo.
Torino-Havana, andata un ora e mezzo di scalo a Parigi, ritorno un'ora ad Amsterdam, comprato ad aprile a 505 euro.
Arrivato a La Habana, se sono stanco mi fermero' a dormire in una delle tante case con cui opera M&S, altrimenti mi faro' portare al terminal Viazul.
A quel punto o mi imbacucchero' come uno sherpa nepalese e prendero' la guagua oppure, come ho fatto altre volte, mi aggreghero', pagando il giusto, a quei tur che i cubani utilizzano per portare la gente dalla capitale a oriente.
Vedremo, non ci sono frette ne' priorita', faro' quello che in quel momento avro' voglia di fare.
Nessuna mariconeria di trolley, due borsoni sportivi abbastanza al di sotto del peso consentito.
Lascio tutto in buone mani, Fly Gym ai miei soci, M&S a Simone, per la stagione estiva e' presto mentre, forse, qualcos'altro bolle in pentola. 
Grande Torino e' spesso occupata, l'altro giorno ho chiuso con un'italiano per un mese e mezzo a partire da gennaio ad un ottimo prezzo.
Il blog viene in ferie con me, ci risentiamo, probabilmente, a fine novembre.
Vado in un mondo migliore, quindi vi lascio con Vasco e il "Freddo" che hanno sempre un loro perche'.
Fate i bravi.

venerdì 28 ottobre 2016

INDIPENDENZA



Ho trascorso 14 anni, almeno 40 vacanze nelle case de renta di Cuba, buona parte delle quali a Las Tunas.
Sostanzialmente 3 case de renta dove, entro certi limiti, mi hanno sempre lasciato fare il cazzo che volevo.
Si e' sempre trattato, come per ognuno di voi, di una camera con un bagno.
Ne parlavo la settimana scorsa, telefonicamente, con un conoscente di vecchia data.
Andato in pensione poco dopo i 50 anni, da oltre un decennio si divide, con la moglie cubana fra i 2 paesi.
Da ottobre ad aprile a Cuba, il resto nel dolce clima primaverile ed estivo del bel paese.
Ha casa a Tunas, quando e' in Italia ci pensano i suoceri a tenergliela in ordine.
Nessuna residenza, proprieta' della casa alla moglie, 10 anni che tutto fila liscio come l'olio, alla faccia degli sfigati di sventura.
Si parlava proprio del piacere di vivere in una casa che non sia un cuarto de renta.
Sia chiaro, avendo una casa de renta e un'agenzia che si occupa dell'affitto delle stesse, a livello generale ritengo siano un ottimo contributo allo sviluppo del genere umano.....
Parlo pero' per me personalmente, per noi che frequentiamo l'isola da tanti anni.
Ci sono state cose che ho accettato, in questi lustri, unicamente perche' ero a Cuba.
Il vivere, pagando, relegato in una camera, il dovermi giustificare per ogni fanciulla o anche solo amico che invitavo, la paura delle ragazze di essere puntate nel famigerato registro.
Ho girato parecchio mondo, ma certe situazioni le ho trovate, ed accettate, soltanto a Cuba.
Come dicevo ho frequentato 3 case nella maggior parte dei miei viaggi, i proprietari oltre ad essere inseriti in M&S CASA PARTICULAR, sono diventati amici veri.
Ricordo anche che M&S e' costato zero; Simone ha fatto il sito, io gli ho dato visibilita', ognuno gestisce le proprie trattative in assoluta autonomia gestionale ed economica.
Ad ogni viaggio, anche se ora il mio percorso e' differente, non manco mai di passare a trovarli, non mi dimentico di chi mi ha fatto stare bene quasi come se fossi a casa mia.
Appunto quasi....
Ne parlavo giusto al telefono l'altro giorno con l'amico, oggi probabilmente non mi ci abituerei piu' ad essere relegato in un cuarto de renta.
Ogni stagione della vita ha le sue caratteristiche, se non avessi la possibilita' di avere una casa da dividere con la famiglia, probabilmente avrei fatto scelte differenti per le mie vacanze.
Avrei cambiato destinazione, oppure avrei affittato un'appartamento tutto per me.
Lo so che il nostro status ci consente soltanto di risiedere in strutture turistiche ma i sistemi ci sono...
A La Habana conosco parecchia gente che affitta mensilmente appartamenti, e' un po' border line ma non hanno mai avuto problemi di nessun tipo.
Mi piace essere indipendente, non dover rendere conto a nessuno di cio' che faccio, alla fine vivo esattamente come in Italia.
Certo non porto fanciulle in casa, ma la location per questo tipo di cose e' davvero l'ultimo dei problemi.
Non solo.
Dopo il militare me ne sono andato a vivere per conto mio, piu' o meno le cose sono continuate in quel modo e mi sta' benissimo.
Pero', limitatamente a 2-3 mesi ogni anno, o forse proprio perche' parliamo di 2-3 mesi ogni anno, mi piace essere parte di una famiglia.
Oggi a Cuba, esattamente come in Italia, sono totalmente indipendente; vivo in una grande casa, abbiamo una renta che aiuta ad arrotondare, sono all'interno di una famiglia che, fra le altre cose, mi cuida.
Non e' poco.
Indietro non si torna, il presente e' la risultante del passato ed e' la piattaforma verso il futuro.
So che molti di voi sono in situazioni analoghe, le case de renta sono un ricordo, ognuno gestisce le proprie di case, con la propria famiglia.
Si tratta di un percorso, sicuramente, diverso per ognuno di noi, che ci ha portato ad andare avanti, metterci in gioco, raggiungere obiettivi.
In fondo la vita non e' molto di piu' di tutto questo.
A lunedi per i saluti.

 

giovedì 27 ottobre 2016

VIA EL BLOQUEO!

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191 voti a favore del sollevamento del bloqueo, 2 astenuti.
Usa e Israele.
Cioe' gli Usa che da oltre 50 anni mettono in piedi un'embargo assassino ed antistorico, si astengono nella risoluzione in cui si chiede di toglierlo.
Sarebbe un po' come se organizzassi una cena della palestra, trovassi il ristorante, concordassi il prezzo, convincessi tutti a venire e poi...non mi presentassi alla serata.
Il Cancelliere cubano Bruno Rodriguez aveva preparando l'ennesimo discorso all'Onu in vista dell'ennesima votazione riguardante la risoluzione sul sollevamento del Bloqueo che gli Stati Uniti da 50 anni mantengono nei confronti dell'isola caraibica.
Visti gli avvenimenti di questi ultimi 18 mesi la gente normale, che non si occupa in modo particolare di cio' che accade a Cuba, e' convinta che el bloqueo sia gia' stato tolto.
Molte persone con cui quotidianamente parlo in palestra, ma altre in altri luoghi non sanno che, da questo punto di vista, non e' ancora cambiato nulla.
Certo, Obama col familion e' stato a La Habana, grande gesto simbolico, lo stesso presidente americano ha piu' volte detto che il bloqueo non ha funzionato, badate bene non che sia stato un crimine contro l'umanita' ma....semplicemente che non ha funzionato.
Quindi il bloqueo e' ancora in piena attuazione, ogni ditta che commercia con Cuba rischia multe milionarie, ogni cittadino che vuole, privatamente, viaggiare a Cuba rischia di persona, ogni banca che ha transizioni commerciali con l'isla a sua volta mette a rischio la possibilita' di operare sul suolo statunitense.
Anche questa faccenda di poter effettuare acquisti in divisa americana, annunciata dal dipartimento di stato yankee, si e', per ora, dimostrata una bufala.
Cuba non puo' utilizzare il dollaro per niente e per nulla.
Non e' nelle prerogative del presidente statunitense, l'attuale o il futuro, il poter sollevare el bloqueo, tocca al congresso americano, attualmente a maggioranza repubblicana.
Sia Hilary che Trump hanno affermato che il processo di normalizzazione con Cuba proseguira' anche sotto la loro eventuale presidenza.
La presidenza Clinton, dopo quella Carter e' stata la meno aggressiva nei confronti dell'isola dei Castro, basta ricordare l'episodio di Elian.
Dubito che con Reagan e Bush le cose avrebbero avuto lo stesso epilogo che, e' bene dirlo, si svolse in linea con le leggi e la costituzione statunitense.
Pero siamo sotto elezioni, nessun candidato sano di mente rischierebbe di sbilanciarsi troppo rischiando di giocarsi i milioni di voti che la potente comunita' cubano americana garantisce.
Da sempre quella comunita' e' stata un serbatoio di voti repubblicani, le cose stanno cambiando anche da questo punto di vista.
Le nuove generazioni non spingono piu' per un cambio politico a Cuba, vogliono semplicemente che i loro parenti e la loro famiglia rimasti sull'isola possano vivere il meglio possibile, di conseguenza spingono perche' i rapporti fra i due paesi si normalizzino sul serio.
Certo ci sono stati parecchi passi avanti, molti americani, inserendo una motivazione alla richiesta di viaggiare sull'isola hanno potuto sbarcare a La Habana, da qualche settimana ci sono voli regolari fra i 2 paesi, le navi di crociera statunitensi fanno scalo nei porti cubani, le rimesse oggi possono essere piu' corpose rispetto al passato ma Cuba continua a non poter comperare tecnologie, ad esempio, in campo medico per poter curare la propria gente.
Il bloqueo incide ancora nella vita di tutti i giorni, per poter reperire dal mercato esterno cio' di cui l'isola ha bisogno, occorre ancora fare larghi, tortuosi e costosi giri.
Il popolo americano si e' espresso chiaramente a favore del sollevamento di questo embargo criminale nei confronti di un'isola che, legittimamente, ha scelto di continuare a sviluppare il proprio modello politico Socialista.
E' un problema di governanti, l'attuale e i prossimi si sono detti favorevoli anche loro alla risoluzione del problema.
Per fortuna Rubio e la gusaneria che rappresenta sono stati sconfitti e non potranno incidere piu' di tanto su questa decisione.
E' il momento di togliere el bloqueo, lo chiede ogni paese al mondo, lo impone la storia.

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ROGER Y YULIET 

 

mercoledì 26 ottobre 2016

FAR DI CONTO

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L'altro giorno commentavamo in palestra, con dei ragazzi, il fatto che ne abbiano aperta, a settembre, una nuova a pochi km da noi.
La zona e' gia' abbastanza battuta ma la cosa che mi ha sorpreso e' che, pare, chi ha aperto (di cui non mi hanno parlato in termini lusinghieri per quello che vale la chiacchiera) abbia speso oltre 350 mila euro per tutto l'ambaradan.
Il primo pensiero e' stato “questi sono pazzi!”
Quando cazzo rientrano di una cifra simile?
Infatti i prezzi sono alti, diciamo che in generale la cosa ci preoccupa poco.
Noi abbiamo spesso una cifra ragionevole, visto che le cose vanno abbastanza bene (ma possono e devono andare ancora meglio) siamo gia' praticamente rientrati, dopo poco piu' di un'anno, dell'investimento.
Avevamo programmato due anni per il rientro, siamo riusciti a farlo prima, bene cosi' ma sopra la testa, come limite ci deve essere il cielo, non un soffitto.
Oggi il prezzo e' diventato un fattore prioritario, o sei in grado, con costi di gestione ragionevoli, di offrire un vantaggioso rapporto con la qualita' o...tiri giu' la saracinesca.
La cosa mi ha riportato ai tanti discorsi che facciamo ogni giorno su Cuba e sulla volonta', vera o presunta, di fare qualcosa.
Un conto e' un piccolo investimento come ha fatto il mio amico con la spaghetteria o, se vogliamo, l'umile scriba con la renta.
Sono situazioni in cui un piano di rientro neanche si deve fare.
Se si rientra bene altrimenti ….nessun grosso problema.
Lui e' sicuramente gia' ampissimamente rientrato, io sono al terzo anno dei 4 che, ipoteticamente, avevo programmato e...ci siamo.
Lo dico sapendo di produrre rigetti gastrici a chi si augurava che tutto andasse male, che si fottessero anche i rubinetti del cesso ecc....
Invece, dopo 3 anni, tutto procede tranquillamente, confermando l'assioma che Cuba e' uno specchio e le persone con cui ti relazioni agiscono nei tuoi confronti conformemente a come agisci tu nei loro.
Parliamo pero' di investimenti limitati, che rappresentano i vizi non certo il filetto.
Pero' leggo di paladar, case de renta che costano centinaia di migliaia di euro, o di locali, come l'ultimo aperto a Tunas, costati una paccata di quattrini.
In questo caso parliamo davvero di soldi veri, soldi che fanno la differenza e che devono assolutamente dare un frutto in tempi relativamente brevi.
Non solo.
Prima di mettere mano al borsillo occorrerebbe trattare l'eventuale investimento nell'isola alla stregua di un qualunque investimento importante da fare in qualunque paese al mondo.
Quindi analisi di fattibilita', ragionamento sui costi, reperimento delle materie prime, piano ipotetico di rientro, costi della burocrazia ecc....
Ma Cuba, la Cuba di oggi consente di fare ragionamenti simili?
Forse, e dico forse, la Cuba della capitale, con i suoi milioni di turisti con le tasche piene di soldi.....ma anche questo non e' Vangelo.
Parlo spesso del Cache di Tunas e di come, un locale di livello abbia avuto un buon successo contrariamente a quanto pensavo.
Ognuno di noi ha il suo percorso ed ogni testa e' sempre il solito piccolo mondo.
Personalmente, a questo punto della storia, la priorita' e' dormire tranquillo e sopratutto riuscire a dormire.
Per questa ragione prima la renta poi la palestra hanno risposto in pieno a questa mia scelta, se vogliamo anche obbligata, di fare piccoli passi, mettendo in sicurezza quello precedente prima di avventurarmi in quello successivo.
Non sono piu' gli anni dei colpi di testa, non lo sono sia per l'eta' del dattero che per la situazione che il nostro paese e il nostro borsillo stanno vivendo.
Faccio i migliori auguri a chi si avventura in queste situazioni cosi' impegnative, spero davvero che tutto giri loro per il meglio.
Spero sopratutto che siano consapevoli che i soldi a Cuba devono essere equiparati ad una giocata in borsa e non a quelli della spesa all'Esselunga.

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MARGARITA 


martedì 25 ottobre 2016

CIAO CUC...?!

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Forse ci siamo.
Dico forse perche' gia' un paio di volte tutto faceva pensare che fossimo vicini alla conclusione della faccenda, entrambe le volte la cosa era finita in cavalleria.
Parlo della moneta unica a Cuba.
Forse, e dico forse, per fine anno dovremo esserci, il cuc passera' a miglior vita e ci troveremo a combattere col cup, la loro moneda nacional.
Lo ha accennato Raul, ma in tutta sincerita' ci credero' soltanto quando il provvedimento sara' messo in campo.
Forse e' il caso di fare un piccolo riassunto delle nostre avventure, e disavventure, con la valuta a Cuba.
Quando, nel 2000, ho messo per la prima volta il piede sull'isola c'era la Mn, ma sopratutto tutto quanto ruotava attorno al dollaro americano.
Da noi avevamo la Lira, oggi cosi' tanto rimpianta, ma la cui eliminazione, a noi italiani viaggiatori, ha consentito di risparmiare un discreto numero di quattrini.
Ricordo che per il primo viaggio cambiai la Lira col dollaro a 2500 e rotti, un bel bagno di sangue.
In pratica una notte in casa de renta a Cuba costava 50 mila lire, i 26/27 cuc attuali, quasi 17 anni fa.....un discreto bagno di sangue.
A Cuba, come dicevo, girava tutto attorno alla divisa statunitense, la compravo in banca da noi, prenotandola giorni prima, arrivavo a Cuba che ero a posto per tutta la vacanza.
Esisteva la MN, ma per noi turisti era poco piu' che carta straccia.
Non ho una grande nostalgia, economicamente parlando, di quei periodi.
Fidel decise che non era dignitoso, per Cuba e la sua Rivoluzione, continuare a utilizzare la divisa del grande nemico del nord, si invento' il peso convertibile, il cuc.
Ricordo gli ultimi giorni del dollaro in giro per Las Tunas, tutti cercavano di sbarazzarsene, prima che finisse a 0,80, oppure di imboscarlo in attesa di tempi migliori.
Molti pensavano che il cuc non sarebbe durato, invece ce lo ritroviamo fra i piedi ancora oggi.
Piano piano, iniziando a fare una vita diversa da quella del normale turista, ho iniziato a prendere confidenza col cup, che oggi viene accettato in tutte le tiendas esattamente come il cuc.
Ho iniziato a cambiare sempre piu' spesso con questa divisa, che veniva accettata nei mercati e dai venditori della calle meglio che quell'invento del cuc.
In fondo i salari sono sempre stati corrisposti in cup, la divisa con la quale la gente continua ad avere piu' dimestichezza....el “dinero cubano”.
Ora pare che il cuc scompaia a fine 2016, cambieremo i nostri euro in cup, sono curioso di vedere a che cambio certo come sono che riusciranno, in qualche modo, a fotterci anche questa volta.
Pare che abbiano messo in circolazione banconote di tagli maggiori ma saremo comunque destinati, quando cambieremo 1000, 2000 euro ad andare in giro con la borsa piena di banconote un po' come in Germania durante la repubblica di Weimar.
Di eliminazione del cuc si parla da oltre 2 anni, pare che ci siano state, e ancora ci sono, difficolta' per tutte le aziende, le imprese, i negozi per modificare la loro contabilita'.
Tutto un sistema, che si basava sulla doppia moneta, dovra' riconvertirsi, finalmente, ad una moneta unica.
Questa faccenda di girare con la doppia moneta e' una cosa solo cubana, non mi risulta che nessuna altra nazione al mondo abbia un problema simile.
Ripeto, chissa' che cambio ci faranno?
Oggi in banca, ma anche dai cambiavaluta por la calle, ti danno 24 pesos per un cuc, anche se fra di loro il cambio e' a 25 ed e' su questa cifra che solitamente si fanno i raffronti.
Alla fine, per noi, non cambieranno molte cose, dovremo andare in giro col rigonfiamento nella tasche, qualche fanciulla equivochera' pensando che siamo contenti di vederla, ma i cambi si limiteranno a questo.
Chissa' quanti turisti al primo viaggio sono stati inchiappettati con la doppia moneta, quanti 20 pesos sono stati rifilati in cambio dei 20 cuc....ci sarebbero da scrivere altri libri amici miei.

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lunedì 24 ottobre 2016

IL VUOTO

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Capita, con sempre piu' frequenza di leggere viaggiatori che, rientrando da Cuba, si lamentano sul come l'isola stia cambiando in un modo tale da non garantire la voglia di impegnarsi, da parte del viaggiatore stesso, in future visite.
Tempo fa scrissi un pezzo sulle aspettative eccessive che molti riversano sull'isola e su quello che, oggi, e' in grado di offrire.
In molti affiora la, neanche troppo velata, nostalgia per i bei tempi andati.
Francamente non capisco, ma forse e' un mio limite.
Come si puo' pensare che un paese resti immobile per 20 anni?
Come si puo' anche solo ipotizzare che tutti i mutamenti che hanno toccato il mondo, non abbiano anche investito la nostra isola?
L'Italia e' la stessa di 20 anni fa'?
Noi siamo gli stessi fisicamente e nel modo di affrontare la vita?
Per molti si tratta della classica nostalgia per il mezzo pollo congelato con cui si risolveva il momento ludico, di questi neanche voglio parlare.
Certo, le cose sono cambiate, non e' vero che tutto cambia per, al final, non cambiare nulla.
Telefonini, tablet, wi fi, cuentopropistas, liberta' di viaggiare per il mondo (la parte del mondo in cui sono accettati) possibilita' di acquistare, sopratutto di vendere, case, auto e moto, possibilita' di entrare in ogni hotel del paese, abolizione della carta blanca sono solo pochi dei mille cambiamenti che l'isola ha vissuto in questi ultimi pochi anni.
Certo, per le nuove generazioni, esiste quello che qualcuno, imbroccandoci in pieno, ha definito il VUOTO.
Per loro i vecchi modelli non funzionano piu', anche perche' en vida real, pur con alcune cose positive, non si puo' dire che abbiano funzionato alla perfezione.
Mancano prospettive, idee, iniziative per consentire loro di giocarsela davvero nel loro paese.
Il problema e' rappresentato dalla totale assenza di nuovi modelli che possano sostituire i vecchi.
A meno di non voler indicare come nuovi modelli la merda in cui tutti noi, nessuno escluso, stiamo vivendo.
Poi puo' puzzare di piu' o di meno, ma sempre di liquido organico si tratta.
I vecchi modelli non piu' attuali, quelli nuovi rappresentati da Facebook e altre prelibatezze simili hanno portato a questo vuoto.
Oggi un giovane o pensa di andarsene, senza sapere cosa lo aspetta, senza avere la voglia di mettersi in gioco ne' le capacita' professionali per entrare in un mercato saturo, aspettando sempre qualcuno che paghi la cuenta, oppure resta nel paese....barcamenandosi alla bene e meglio o aspettando, anche in questo caso qualcuno che metta mano al borsillo.
Sia chiaro, i nostri giovani non sono messi molto meglio ma abbiamo scuole migliori, professionalita' spendibili, siamo in Europa ed esiste la libera circolazione di braccia e menti all'interno della comunita'.
Loro non hanno neanche questo.
Cuba e' oggi in questa pericolosa fase di stallo, non e' piu' quella che era prima ma non e' ancora quella che sara', anzi non ha neppure idea di cosa diventera'
Un popolo non deve restare indietro solo perche' il turista di turno possa divertirsi a basso costo.
Chi di noi ha saputo uscire dal canovaccio classico del turista, (nessuno era obbligato a farlo) creandosi un mondo suo, inserendosi nel tessuto sociale cubano senza restarne ai margini, allora vivra' questi cambiamenti con la giusta serenita', cavalcando l'onda senza esserne investito.
In caso contrario non servira' a nulla passare le ore seduto sulla panchina di un parque, col catetere e il pantalone di flanella tenuto su con le bretelle, non cagato da nessuna, rimpiangendo i bei tempi andati quando le fanciulle ti saltavano addosso.
Da quel punto di vista sono cambiate unicamente le regole di ingaggio, chi ha saputo mentalmente e fisicamente restare sul mercato se la godra' comunque.
Gli altri saranno attesi nella Baggina, oppure bivaccheranno tristemente sul web 20 ore al giorno.

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CASA YANELA 

venerdì 21 ottobre 2016

GUYANA

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¡No me tires fotos! –Pedrito sólo consiente que mire sus manos desgranando maíz–. Es que quiero irme de nuevo. Si tú me tiras fotos y las pones en internet, capaz que me metan en una computadora, me fichen, y luego no me dejen salir.
Toti, la mujer de Pedrito, adora fotografiarse. Pero esta vez se niega. Me aleja como si espantara moscas.
¡No, mijo, no, que este me mata si tú publicas una foto de esas!
Y así, entre dientes, entrecortados, hurtando el cuerpo, se atreven a contarme cómo Pedrito fue a Guyana y volvió de Guyana, sin saber bien dónde queda Guyana, sin procurarse antes un mapa, sin haber tenido un teléfono móvil nunca. Y tanto se cuidan de mí que les ofrezco toda la protección que puedo garantizar: él será Pedrito y ella Toti, el pueblo rural donde viven no tendrá nombre.
Cerradas las fronteras ecuatorianas para los cubanos, inquieta Centroamérica luego de las últimas crisis migratorias, desmanteladas numerosas redes de traficantes de personas, cada vez se torna más angosta la ruta para llegar desde la Isla a Estados Unidos. Pero queda una puerta para alcanzar Sudamérica, y todavía parece un acceso cómodo, una escala posible. Ahí está Guyana, el último recurso para quienes siguen saliendo de Cuba y se adentran por el istmo de Panamá.
Esta es la historia de la mentalidad campesina, del estupor guajiro, ante el sinuoso camino.
¿Cómo se te ocurrió irte a Guyana?
Me enteré que todo el mundo estaba cogiendo para allá.
¡Es visado libre! –la pregunta es ociosa para Toti: sólo hay una opción de entrada en tierra firme–. Es que Guyana es uno de los pocos países con libre visado para los cubanos. No te piden nada. Sacas pasaje y te vas.
Guyana y Rusia –confirma Pedrito.
No sé si Surinam también –duda Toti–. Por suerte tienen frontera.
¿Conoces más gente por acá que ha hecho ese camino?
¡Un millón! –Toti no viajó a Guyana. Qué lástima, pues se porta más locuaz.
De este mismo pueblo, no –Pedrito cavila–, pero muchísima gente de las cercanías sí… Bueno, de aquí son tres muchachos que se quedaron.
¿Quiénes?
Unos que están en Trinidad y Tobago.
Mala idea –le explico a Pedrito–: son islas. Desde ahí, el viaje se complica.
Toti tiene su teoría sobre los arribados a Trinidad.
El objetivo es llegar a Estados Unidos –razona–. Claro, unos tienen posibilidades y otros no. Unos van con el objetivo de quedarse posados y hacer algún dinero en Guyana o Trinidad. Otros tienen quien los respalde y van más seguros, no se tienen que quedar a trabajar. Si vas más apretado, sí te quedas.
Toti, si hubiera acompañado a Pedrito –se me ocurre–, quizá no se frustra el viaje.
Pero, ¿qué pasa? –ella sigue–. Se acabó la opción de Ecuador. Aunque Ecuador y Guyana están más o menos ahí cerca. El trayecto es el mismo. Ecuador, por supuesto, tenía más fluido de personas. De entrada, el idioma no es el mismo. ¿Cuál es el idioma de Ecuador?
Español, como aquí –le digo.
Toti ratifica su tesis.
¡Y en Guyana es el inglés!
Cuéntame cómo lo hiciste, Pedrito.
Como todo cubano, tienes que vender todo lo que tengas: el caballo, el carretón, la montura. Tuve que pedir dinero y vender muchas cosas.
¡Vendes todo! –grita Toti–. Vendes tu casa, un coche de caballos que tú tengas, el televisor, el dividí, ¡todo!… ¿Esta entrevista no será para la policía? –se ríe, segura de la broma, y finge susto–. ¡Ay, Dios mío!
La casa está vacía. Queda una mesa de manicura. Toti se sienta sobre la mesa, hunde los puños en la sudadera, se encapucha poco a poco, se disfraza. La sonrisa se ve –¡ay, la policía, ay! –, al fondo del túnel de la caperuza. Frente a la mesa, crece el montículo de granos de maíz.
El pasaje costaba mil novecientos dólares –Pedrito me enseña los boletos–. Cuando fui a pagarlo, ese día había bajado a mil cuatrocientos y pico. Me salvé.
¡Oye, no pongan los nombres de nosotros! –se asusta cuando advierte otra vez la grabadora–. Es que yo quiero irme otra vez, de aquí a unos días. Va y no me dejan salir. ¡No me tires fotos! ¡No me enredes!
¿En qué aerolínea compraste el pasaje?
En Copa, aquí en Santa Clara.
Habana-Panamá-Georgetown, leo en los pases de abordar.
Cuando llegas a Guyana te preguntan para dónde tú vas, y el dinero te lo cuentan. En La Habana, por veinticinco dólares, se consigue un papel con el nombre y la foto del hotel. “¿Para dónde tú vas?” y enseñas ese papel.
Ibas para el Aracari Resort –eso dice la hoja impresa–. ¿Lo tenías reservado entonces?
¡No! Es un papel nada más.
Aracari es un pájaro, uno bien exótico, pariente del tucán. Aracari es un resort. Seas quién seas, te consta que el edén de la época es un resort.  Más vale Aracari en mano: un resort también aparece como el pretexto ideal de la época para entrar al continente vedado.
Es una pre reservación –dice Toti, salvadora de su marido lacónico–. Sólo te cuesta veinticinco dólares. No puedes llegar a Guyana y, cuándo te pregunten para dónde vas, decir “Ay, no sé”.
Pedrito iba a Georgetown con su boleto, algún dinero americano y la foto de un resort. “Guear du yu gou?” “Aquí, aquí.” Pedrito señala una playa en el papel, una silla bajo una palmera, un coco con absorbente.
¿Qué sentiste al verte por primera vez en el extranjero?
Si llego a ir con alguien más, de dónde sea, pero de Cuba, yo no regreso. Pero me sentí muy extraño. Nadie me entendía. Ni en el aeropuerto había un traductor. Yo buscaba y nada.
¿Pero entraste a Guyana sin problemas?
Te ponen en un grupo, en una fila. Te dan un papel con un lápiz, y te hacen señas para que saques el dinero –Pedrito imita el gesto de contar billetes–. Yo tenía mi dinero, y por eso pude pasar.
¿Venían otros cubanos en ese vuelo?
¡Todos eran cubanos!
También están los que se dedican a buscar ropa para vender aquí –aclara Toti.
En el viaje de regreso, lo mismo –recuerda Pedrito–. Más de doscientos cubanos cargados de ropa.
El maíz se desborda, inunda la casa. Toti se acomoda en la mesa. Mira en torno, palpa el vacío; no el tedio de la única calle del pueblo, palpa el vacío bajo la mesa de cabillas, el vacío de las noches sin dividí.
Volvamos a Georgetown. Estabas desorientado. ¿Qué hiciste al pasar los controles, cuando entraste al país?
¡Pasé un hambre de pinga! No sabía dónde vendían nada. Vi que había como un merendero y llegué con el dinero americano. Compré una cosa, me costó un dólar, algo como una fritura. No me la pude comer. Y a la hora de devolverme, ¡me dieron una cantidad de billetes! Un americano vale doscientos pesos allí. ¡Una salvajá de dinero!
Fui a un hotel –no me explicó cómo pudo encontrar uno– y al otro día viré para Cuba. El hotel me costó treinta pesos. Tuve que pagar doscientos dólares para virar, para que me adelantaran el regreso.
¿Volviste para el aeropuerto y explicaste con señas que querías volver?
Sí, así fue.
¿Nunca encontraste a ningún cubano que te ayudara?
Yo me fui con cubanos. Pero me entretuve y todos tenían carros afuera, esperándolos. ¡Se montaron y se perdieron! Me quedé solo. Eran como dos horas de camino para llegar al pueblo. El aeropuerto está intrincado.
El aeropuerto se llama Cheddi Jagan, como aquel presidente de Guyana, dentista y comunista. De ahí a la capital hay cuarenta y un kilómetros, menos de tres cuartos de hora en automóvil. El pueblo de Georgetown no anda lejos, ¿pero está al norte o al sur? ¿al este? Pedrito no se mueve del Cheddi Jagan. Se siente confuso. Intrincado.
Perdí el dinero del pasaje, y doscientos más… Por suerte, ninguna de esa gente de Guyana supo a qué iba. Si se enteran me viran automáticamente. Un negro allá me preguntó en inglés: “¿Por qué te vas?” Le dije que por problemas familiares. Ellos sacaban un celular y escribían todo lo que yo decía. No sé si lo traducían así.
¿Cuándo partes de nuevo a probar suerte?
No sé, pero pronto.
Por esta casa, ¿cuánto les dan aquí?
Veinte mil pesos cubanos –se adelanta Toti–. Claro, hay que conseguir ochocientos dólares más para enseñar en el aeropuerto.
Da para el pasaje –confía Pedrito.
¿Cogerás la misma ruta?
Sí, me voy a Guyana. De ahí seguiré… –vacila– por Colombia.
¡Por Colombia tiene que seguir todo el mundo! –Toti anda más segura, siempre –. Guyana, Venezuela…
¿Se pasa fácil por Venezuela?
Sí, pero todo se complica a partir de Colombia.
La selva del Darién. Miles de cubanos en una botella, sellados por el “tapón del Darién”. Una botella de artesanía, de esas que exhiben un velero dentro sin que nadie sepa cómo entró el velero.
¿Estás al tanto de las estrategias de esos países para impedir el paso de los cubanos?
No me importa. Si bajan los pasajes, me voy. Buscar dinero para hacerlo de nuevo no es fácil.
¿Apoyas a tu marido en ese proyecto? –me vuelvo a la mesa de manicura.
¡Qué voy a hacer! –Toti baja la pierna y derrumba la pila de maíz, la lastima con ira–. Le doy un consejo, pero él decide. De corazón te digo, no hay que ir a la escuela para saber por qué la gente se va. Aquí, en un pueblo de campo como este, no hay futuro.
Reunirse luego sería el plan, ¿no?
Yo digo que con dinero todo es posible –Toti se amarga al fondo de la capucha–. Cualquiera llega a Estados Unidos. El problema es que no tenemos dinero. El camino de Guyana es para los miserables.
¿Qué falló en este viaje? ¿Las conexiones? ¿La suerte?
Me fallaron los nervios. Como yo, lo han intentado miles en Cuba. No soy tan especial. Por eso no me saques fotos. ¡Yo sé lo que te digo!
Questo lungo, a tratti simpatico ma allo stesso tempo inquietante racconto, fotografa esattamente la situazione attuale e i pensieri, spesso malsani, che circolano nel cerebro dei cubani.
Un guajiro, probabilmente mai stato a oltre 50 dal luogo dove e nato, va ad infilarsi in un misterioso paese, di cui ignorava l'esistenza, dove si parla una lingua di cui non conosce una parola, senza soldi ne' idee....il tutto pur di lasciare un paese dove, secondo la sua opinione, non esiste futuro.
Questa faccenda della Guyana l'ho sentita la prima volta da una delle amiche che frequento solitamente a Cuba, che vive in un monte sperduto nella provincia di Camaguey.
In quella landa sperduta, ai piedi dell'ultimo monte, tutti sapevano che, per entrare in Guyana, non era necessario il visto.
Divertito, le ho chiesto se sapeva dove si trovava quel paese, domanda a cui io stesso saprei rispondere soltanto dopo aver consultato una cartina geografica, lei mi rispose....”da queste parti...non troppo lontano...”.
Ricorderete i casini che migliaia di cubani affrontarono quando Nicaragua e Costarica chiusero le frontiere, tutto il bordello che ne e' conseguito, ancora non si sa bene come la cosa sia andata a finire.
Questi sono pazzi.
Gente con familion al seguito, che attraversa 7 paesi col rischio di lasciarci le piume per mille ragioni, rischiando di essere in balia dei vari “Cojote” armati fino ai denti che imperversano da quelle parti.
Posso capire i disgraziati che fuggono dall'Africa, da Siria, Libia, Iraq.....gente che ha visto morire i famigliari, e' stata sotto i bombardamenti ma...i cubani...
Per quale cazzo di ragione lasciare una vita che comunque, per tutti, garantisce almeno il minimo sindacale per andare verso l'ignoto.
Sono finiti i tempi in cui anche negli Usa erano accolti a braccia aperte con soldi, casa e lavoro.
Oggi non c'e' trippa neanche per loro, i parenti che li ospitano per un mese poi saranno i primi ad invitarli ad alzare le tende e a camminare con le proprie gambe.
Conosco gente che si vende la casa, l'auto, il motor....gente che vive bene, gozando il giusto e il tutto per cosa?
Salire dal pais....
Capisco farlo su un comodo avion, salendo a Cuba e scendendo nelle terre della Confederazione, ma il mettersi in cammino risalendo non il percorso di Compostela, ma il Sud America, proprio e' cosa da fuori di cabeza.
Fra le altre cose la Cuba di oggi non e' quella di 15 anni fa dove c'erano sacche di poverta' evidenti, oggi tutti bene o male la sfangano.
Davvero non capisco...Guyana....

M&S CASA PARTICULAR HA AGGIUNTO UNA NUOVA CASA
CASA VIDAL 

giovedì 20 ottobre 2016

ITALO-TUNERI

 Risultati immagini per paladar italo cubano

Come avrete letto pare che, provvisoriamente, il governo cubano abbia sospeso la concessione di licenze per apertura di paladar, questo a causa di irregolarita' a carico delle attivita' commerciali del settore gia' esistenti.
Facciamo il punto sulle attivita' legate alla ristorazione di matrice “italica”, esistenti a Las Tunas.
Gente che alle pugnette ha sostituito i fatti.
Manco da Cuba da primavera, un periodo piuttosto lungo, ma qualcuno l'economia italiana deve pur mettersela sulle spalle :-)
Quando me ne sono andato c'erano a Las Tunas 4 attivita' commerciali legate alla ristorazione di origine....italiana.
Nel frattempo se ne e' aggiunta una quinta.
E' bene ricordare che, oltre un'anno fa, un'altro paladar italiano aveva chiuso i battenti; prima si era stufato il cuoco italiano poi, lasciata la cosa in mano ai cubani, era saltata in aria in poco tempo.
In ordine di tempo il primo locale “italiano” che apri' in citta' fu la Romana.
Mi piace sempre andarci almeno 1-2 volte a vacanza, conosco bene lei mentre lui, un romano, e' un conoscente di vecchia data.
Potenzialmente potrebbe fare un culo cosi' a tutti ma, per varie ragioni ha sempre lavorato, secondo il mio modesto parere, al di sotto delle sue reali possibilita'.
Locale molto bello, vicino al centro, soffitti altissimi, molta italianita' all'interno, cibo tutto sommato buono.
Solitamente mi faccio sempre un'antipasto ed un secondo, ovviamente secchiello con ghiaccio con vino bianco cileno o spagnolo.
Si spende discretamente ma il rapporto qualita'-prezzo ci puo' stare, sopratutto per chi come me, cena fuori casa soltanto un paio di volte ogni settimana.
Buon locale per portarci una fanciulla, non una qualunque ma una di quelle che apprezza il buon cibo e il buon vino.
Di Mario e della sua spaghetteria abbiamo gia' parlato, locale piccolino, abbastanza spartano, una ventina di posti a sedere, un clima molto famigliare.
Cucina a vista, nel senso che a fianco dei primi tavoli c'e' Mario che cucina la pasta.
Ottimo per un almuerzo veloce, una pasta ben fatta e da consumare senza troppe pretese.
Ci vado spesso alla sera, in orario di chiusura, con Mario ed altri pochi amici ci beviamo un traco chiacchierando, ovviamente, di massimi sistemi.
Diciamo un punto d'incontro che spero di ritrovare con lo stesso spirito di quando l'ho lasciato.
A marzo, nel vecchio boulevard, un'italiano che gira in citta' da anni ma con cui non ho mai avuto nulla a che fare, ha aperto un una sorta di take away.
Pizza a 10 pesos, lasagna a 3 cuc e altre cose.
Ci lavorava una mia amica, ci ho preso un pezzo di pizza....mah...speriamo che il negocio gli giri bene.
C'e' poi un'altro locale abbastanza famoso di fronte al Cache, non ci ho mai mangiato, probabilmente il vedere, nei mesi di apertura, un tizio della sicurity all'ingresso, a Cuba in un ristorante, mi ha fatto passare la voglia di visitarlo.
Magari si mangia bene...ma non so dirvi.
Da poco ha aperto il Dolce Vita, una sorta di bar e hostal nel nuovo boulevard.
Conosco entrambi i proprietari sia l'italo svizzero che l'italiano.
Ho piu' confidenza con quest'ultimo che ha economicamente le spalle molto ma molto ma molto larghe.
Mi ha portato, mesi fa, a visitare il suo nuovo appartamento che stava ristrutturando vicino al centro e l'allora avanzamento dei lavori nel locale.
Ottima zona, casa di interesse culturale, credo che abbiano fatto un buon lavoro, non so come riescano (per varie ragioni...) a gestirlo ma sicuramente avranno trovato le soluzioni e le persone giuste.
Se spendi quei soldi devi avere un progetto ben definito, altrimenti e' follia.
Ci hanno chiesto l'inserimento in M&S CASA PARTICULAR e li abbiamo accontentati.
Come sempre nei confronti di chi rischia in proprio sia in Italia che a Cuba manifesto sempre il mio rispetto.
Fra l'altro mi pare di capire che questo nuovo locale abbia scatenato un po' di invidie....gli italiani che frequentano Cuba sono cosi'.....aspetto di sentire i commenti dei lungodegenti “tuneri” :-)
Io, nel mio piccolo, porto avanti il progetto GRANDE TORINO, nel nuovo anno, per qualche mese, affitteremo tutta la casa, modificando (forse temporaneamente) il tipo di licenza, a fronte di una richiesta importante e remunerativa.
Quando hai un'attivita' occorre navigare l'onda sapendo sempre come tira il vento.
Oltre alla mia ci sono almeno un'altro paio (ma forse sono di piu) case de renta con un paisa' infilato dentro in qualche maniera, solitamente si tratta di gente che vive in citta' in pianta stabile, fra cui l'italiano da cui ho comperato Grande Torino.
Comunque auguri sinceri a tutti e che gli Orishas camminino sempre al nostro fianco.

M&S CASA PARTICULAR HA AGGIUNTO UNA NUOVA CASA
CASA PABLO