martedì 24 gennaio 2017

RIVOLUZIONI



In questi giorni, visto tutto il discorso che abbiamo fatto sui ritardi nei soccorsi a seguito dei disastri in centro Italia, si sente da piu' parti dire che; “Ci vorrebbe una Rivoluzione”.
Sempre piu' gente sostiene che, per ribaltare questo secchio pieno di rumenta, ci vorrebbe davvero un sovvertimento dello status quo attuale.
Questo blog e', in gran parte, dedicato ad un paese dove la Rivoluzione l'hanno fatta sul serio.
L'hanno fatta partendo in 4 gatti, con le pezze al culo e senza ben sapere dove sarebbero andati a parare.
Tralasciando paragoni storici che non starebbero ne' in cielo ne' in terra, mi limito ad osservare che, per tentare di dare inizio a una Rivoluzione ci vogliono perlomeno 2 cose.
Un leader credibile e non aver nulla da perdere....se non le catene.
Quindi il progetto rivoluzionario italiano si infrange subito sul primo scoglio.
Il leader.
I barbudos riconoscerono subito Fidel come proprio Comandante en Jefe, lo riconobbero per levatura morale, idee, cultura, appeal, crediblita' e fede in un ideale.
La sua leadership non fu mai messa in discussione da nessuno, tantomeno da Camilo, come ogni tanto insinua la gusaneria confederata.
Quando il Che si accorse che in un pollaio ci puo' stare solo un gallo, si diede ai viaggi fino a trovare la sua famosa, forse agognata, morte che lo consegno' al Mito Eterno.
Ho una discreta fantasia ma, anche impegnandomi, non riesco ad immaginare un attuale mito nostrano in possesso tali e tante capacita' da mettersi in testa ad una rivolta realmente in grado di cambiare le cose.
Non parlo necessariamente, come fecero i nostri nonni, di imbracciare il moschetto e di andare in montagna a combattere.
Quelli erano anni che richiedevano una scelta di campo precisa; o eri un fascista o volevi un mondo libero, oggi e' tutto realmente piu' sfumato.
Ripeto, lasciamo stare i diversi contesti storici parlo di intenzionalita', di voglia di cambiare realmente le cose.
Quanto ognuno di noi e' disposto a sacrificare per un cambio radicale di governo, potere, istituzioni sociali?
Ve lo dico io.
Un cazzo.
Oggi ci lamentiamo della situazione della nostra sanita', coi pazienti curati per terra perche' mancano i letti o delle nostre scuole coi ragazzi rimandati a casa perche' non sono stati accesi i riscaldamenti.
Cuba e la sua Rivoluzione hanno lasciato in regalo ai posteri una sanita' che, con tutti i limiti di un paese povero, e' comunque un'esempio per il resto del mondo.
Negli altri paesi della regione i bambini sono mandati a lavorare, sfruttati, abusati, rapiti uccisi....a Cuba vanno a scuola.
Una scuola con tutti i limiti che vogliamo ma che comunque svolge in pieno la sua funzione didattica.
La rivoluzione da noi andava fatta dopo la guerra, ho sempre in mente quella scena di Mediterraneo dove Abbatantuono, anni dopo, torna nell'isola dove Cederna era rimasto a vivere con la sua “puta”.
Cederna gli chiede come sono andate le cose in Italia e Diego risponde; “non ci hanno fatto cambiare le cose, non ce lo hanno permesso”.
Forse e' proprio in quella scena che e' raffigurata tutta un epoca, tutto cio' che sarebbe potuto essere e non e' stato.
Restiamo noi, individui singoli che possiamo, coi nostri atteggiamenti di ogni giorno, essere dei Rivoluzionari.
Fare il proprio dovere in un paese dove molti non lo fanno e' rivoluzionario, cercare, nel nostro piccolo di dare una mano a chi resta indietro e' rivoluzionario, fare di tutto per diventare delle persone decenti, persone con una vita che vale la pena di essere vissuta e' rivoluzionario.
Avere un sogno che includa anche Cuba, la terra della Rivoluzione, e' rivoluzionario.
M&S CASA PARTICULAR HA AGGIUNTO UNA CASA

27 commenti:

  1. Al di là delle differenze tra un uragano (prevedibile) e un terremoto (imprevedibile), valga l’esempio di Cuba come buona ragione per interrogarci su alcune questioni, tutt’altro che tecniche
    di Davide Angelilli
    “Il segreto dell’esito della Difesa Civile Cubana è non pensare al costo che suppone fermare imprese, traslocare centinaia di migliaia di persone, alimentare gli sfollati, paralizzare economicamente il paese quando è imprescindibile. L’esito radica nel dare la massima priorità alla salvaguardia della vita umana.” Così terminava un articolo di Fernando Ravsberg, giornalista uruguaiano corrispondente a Cuba per la BBC, uscito sul giornale spagnolo Público. L’articolo spiegava perché l’uragano Matthew, lo scorso ottobre, non ha causato vittime a Cuba, mentre nelle altre isole caraibiche il ciclone mortale aveva provocato moltissime vittime mortali
    Il giornalista del canale informativo britannico, tutt’altro che vicino al Partito Comunista Cubano, descriveva l’incredibile capacità di resistenza e risposta del modello cubano alle molteplici calamità naturali che si abbattono sull’Isola. Un modello basato sulla partecipazione e l’informazione, in cui la chiave per garantire la protezione alla cittadinanza è la solidarietà tra gli abitanti. Una solidarietà, però, tutt’altro che spontanea o caduta dal cielo, bensì organizzata nei minimi dettagli, sia a livello istituzionale che sociale, a livello statale ma soprattutto comunitario.
    In situazioni di emergenza, tutte le famiglie cubane evacuate trovano sistemazioni in scuole, istituzioni, qualsiasi edificio è messo a disposizione in caso di pericolo per calamità naturale. Durante l’ultimo uragano, qualche mese fa, queste operazioni hanno coinvolto più di un milione di persone (su una popolazione di undici milioni). La Difesa Civile è, per l’appunto, composta soprattutto da civili: solo una piccola parte degli uomini e delle donne che si attivano in caso di rischio fanno parte dei corpi statali, il resto sono persone che nella vita quotidiana svolgono altri mestieri. Infatti, in un altro articolo, Alexis Lorenzo, psicologo e membro della “Rete Latinoamericana di Psicologia per i casi di Emergenze e Disastri”, spiega: ‹‹se chiedessimo a un cubano cos’è la Difesa Civile, risponderebbe: siamo noi, ogni persona partecipa nelle diverse tappe di preparazione››.
    “Vale milioni di volte di più la vita di un solo essere umano, che tutte le proprietà dell’uomo più ricco del terra”, scriveva il Che in una lettera ai suoi genitori.

    RispondiElimina
  2. A Cuba, nonostante gli ingenti danni materiali, l’organizzazione, la solidarietà e la protezione della vita ad ogni costo hanno impedito all’uragano Matthew di spazzare via altre vite umane… dopo le centinaia di vittime provocate ad Haiti, le 34 negli Stati Uniti e le 4 nella Repubblica Dominicana.
    Appena iniziato il rischio per la popolazione, tutti i mezzi d’informazione statali si sono messi a disposizione della Difesa Civile, utilizzando i propri canali per informare i cittadini e le cittadine. Non c’è stato modo, come qui in Italia, di catturare l’attenzione pubblica con sensazionalismo e sciacallaggio mediatico; tutta l’informazione si è messa al servizio della salvaguardia della vita umana.
    Myrta Kaulard, coordinatrice dell’Onu a Cuba, ha spiegato che il paese deve essere un esempio per il resto del mondo, perché “le forze che investe per proteggere le vite umane e i beni materiali sono straordinarie”.
    Al di là delle differenze tra un uragano (prevedibile) e un terremoto (imprevedibile), valga l’esempio di Cuba come buona ragione per interrogarci su alcune questioni, tutt’altro che tecniche. Forse anche noi, in quest’Italia martoriata da una lacerante crisi politica e sociale, dovremmo cominciare a guardare al modello cubano per ristabilire una dignità di paese, proprio a partire dalla filosofia e dalla prassi con cui si affronta una calamità territoriale. Una filosofia che pone la solidarietà tra le persone e la salvaguardia della vita umana al primo posto; una prassi che si basa sulla partecipazione e la cooperazione, l’educazione e l’organizzazione territoriale e comunitaria.
    Purtroppo non sarà la mano invisibile del mercato, a cui tutto affida il dogma neoliberista, a poterci dotare di un sistema di protezione civile efficace; la competizione e l’individualismo non serviranno certo a metterci in sicurezza più rapidamente. Invece, proprio in questi giorni di dolore e indignazione, dovremmo confrontarci con il senso più profondo della deriva morale che vive un paese come l’Italia. E, magari, ricominciare a guardare con interesse e creatività a modelli di società alternativi al capitalismo neoliberista.

    RispondiElimina
  3. Abbiamo troppo il culo al caldo per fare le rivoluzioni. Giuseppe

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Quoto totalmente. Le rivoluzioni si fanno quando ormai non si hanno più chances....fono a che il culo è protetto...

      Elimina
  4. Questo e' vero ma il culo, rapidamente, si sta' raffreddando

    RispondiElimina
  5. si sta raffredando super velocemente le generazioni future ci penseranno a una vera rivoluzione declino serio ciccio simone romagnolo

    RispondiElimina
  6. Io trovai lavoro, a 18 anni in mezza mattinata, oggi abbiamo una disoccupazione giovanile vicina al 50%

    RispondiElimina
  7. hola! premettiamo che siamo un popolo di chiaccheroni capaci solo di fare i furbi quindi qui nulla di serio capiterà mai, la sottomissione è quasi massima. Poi è vero si sta ancora troppo bene per come è la situazione e questo è divuto ai genitori che mantengono i figli 30-40 enni ( un altra delle distorsioni itagliane, una cosa ridicola e fuori logica in ogni paese del mondo) ma se pensassimo al futuro altro che rivoluzione qui bisognerebbe radere al suolo. Il fatto è che nessuno ha voglia di fare ed ormai non esiste più programmazione poi siamo inseriti in un contesto pessimo sotto ogni punto di vista. Morale qualcuno diceva che gli itagliani sono un popolo benestante pechè hanno case di proprietà ( peccato che non si riescano nemmeno a mantenere e rendere abitabili.......) Ormai la maggior parte si accontentano di pasta ed insalata. Non mi sembra di essere troppo pessimista, ma pensiamo alle prossime vacanze nella terra de la revolucion chao Enrico

    RispondiElimina
  8. Anche perché una volta ribaltato, tutto al posto di questi....chi mettiamo?

    RispondiElimina
  9. Quando la maggior parte del popolo sarà alla fame vera allora sì la gente non ha niente da perdere e può fare una rivoluzione.paolino.

    RispondiElimina
  10. Paolino siamo l'Italia....non avverrà mai.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Allora che facciamo quando avremo la pancia vuota insomma?paolino.

      Elimina
  11. Risposte
    1. Certo milco ma con le chiacchiere mica si mangia,un bel casotto,ci toccherà scappare nell isola che non c'è.paolino.

      Elimina
    2. Appunto scappare....non fare rivoluzioni

      Elimina
  12. Come non citare questo testo del Maestro, correva il 1980:

    "La fantasia dei popoli che è giunta fino a noi
    non viene dalle stelle…
    alla riscossa stupidi che i fiumi sono in piena
    potete stare a galla.
    E non è colpa mia se esistono carnefici
    se esiste l’imbecillità
    se le panchine sono piene di gente che sta male.

    Up patriots to arms, Engagez-Vous
    la musica contemporanea, mi butta giù.

    L’ayatollah Khomeini per molti è santità
    abbocchi sempre all’amo
    le barricate in piazza le fai per conto della borghesia
    che crea falsi miti di progresso
    Chi vi credete che noi siam, per i capelli che portiam,
    noi siamo delle lucciole che stanno nelle tenebre.

    Up ecc…

    L’Impero della musica è giunto fino a noi
    carico di menzogne
    mandiamoli in pensione i direttori artistici
    gli addetti alla cultura…
    e non è colpa mia se esistono spettacoli
    eon fumi e raggi laser
    se le pedane sono piene
    di scemi che si muovono.

    Up ecc…"

    Quasi 40 anni e non é cambiato un beato cazzo...

    Concordo con Milco:
    La vera rivoluzione per cominciare va attuata in noi stessi...tutti i giorni...

    Freccia

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Perché Bandiera bianca non sarebbe attuale?

      Elimina
    2. Ooooooooohhh...alla grandissima...

      Freccia

      Elimina
  13. Fame e povertà non credo siano sufficienti per la rivoluzione, manca un movimento politico che se ne approfitti e per ora non c'è niente nè di qua né di là. A meno che la novità siano i 5stelle ma nn credo proprio. Al massimo andremo tutti in piazza con casseruole e coperchi tipo Argentinav oppure scappiamo all'estero con la pensione finchè si può o se siamo giovani e ne abbiamo da dare andiamo a lavorare fuori. Il resto si rimane a tirare la cinghia che in quello siamo parecchio bravi. Io spero nel reddito di cittadinanza così divento itagliano e me lo faccio bonificare a cuba! :-)

    RispondiElimina
  14. Desde horas de la tarde de este lunes 23 de enero se reportan intensas penetraciones del mar en el litoral norte occidental, y fuertes rachas de viento que han provocado inundaciones en zonas costeras de esa región del país. Alessio

    RispondiElimina
  15. purtroppo i tentativi del '68 e del '77 pur se hanno apportato dei cambiamenti hanno fallito e molti che hanno militato in quelle fila si sono ritirati, altri hanno preso le P38 con tutti i risvolti tragici che gli anni di piombo hanno rappresentato senza approdare a nulla di concreto. Forse nelle intenzioni di Renato Curcio c'era un progetto condivisibile, ma i mezzi usati non sono stati all'altezza degli ideali. P68

    RispondiElimina
  16. Il 77' l'ho fatto, facevo prima superiore e occupammo la scuola.
    Dormii alcune notti in classe, stranamente fra tutti i vari "Compagni" presenti ero il solo figlio di operai e senza eskimo e Clark..
    Gli altri figli di magistrati, negozianti, industriali ecc....

    RispondiElimina
  17. allora aveva ragione Pasolini che riteneva che i veri figli del proletariato fossero i poliziotti.P68

    RispondiElimina
  18. Pasolini aveva sempre ragione.
    A prescindere....

    RispondiElimina