martedì 23 maggio 2017

MANCHESTER

 Risultati immagini per attentato manchester

Come sapete cerco, per quanto possibile, di tenere questo piccolo blog lontano dall'attualita', ma ci sono situazioni che non me lo consentono.
Questa mattina appena alzato, accendo la tv, mentre mi industrio nelle solite cose in cui siamo impegnati ogni mattina.
Solitamente Rai tg 24, giusto per sapere, mentre mi muovo per casa prima di uscire, cosa accade nel mondo.
La strage di Manchester.
In un'arena piena di giovani per un concerto di una di queste cantanti tanto di moda fra i ragazzini, esplode una bomba, pare imbottita di chiodi.
In questo momento siamo a 22 morti e 59 feriti, ma e' un tragico conteggio destinato a modificarsi in peggio.
Ancora una volta siamo colpiti, noi del vecchio continente, da questo terrorismo fatto di vigliacchi senza onore.
Gente che si proclama combattente per un idea, una religione, ma che in realta' non e' altro che una banda di sicari al soldo di qualche fanatico dotato di mezzi economici illimitati.
L'Inghilterra, da sempre multietnica e cosmopolita, si ritrova a dover piangere i suoi ragazzi usciti di casa per una serata di festa e divertimento.
Manchester dopo Parigi, Bruxelles, Nizza, Madrid ecc......
Cio' che questi terroristi vogliono e' che il terrore regni sovrano, vogliono farci pensare che non saremo al sicuro in nessun luogo, in nessun momento.
Lasciamo stare le responsabilita' di chi ha, deliberatamente, voluto aprire il vaso di Pandora per fare uscire di tutto.
Siamo viaggiatori, gente che si muove, sbuffiamo annoiati ogni volta che in qualche aeroporto del mondo, siamo sottoposti a controlli che riteniamo esagerati.
Si scatenano campagne di stampa quando un sindaco o un governatore riempie una citta' di telecamere, blaterando sul Grande Fratello o sul come i nostri diritti costituzionali e la nostra privacy vengano messi in discussione.
Personalmente sono dell'idea che controllare tutto e tutti non sia possibile.
Ogni tanto ci provano negli stadi ma poi, alla fine, entra di tutto.
Controllare decine di migliaia di persone che vanno ad un concerto e' un impresa disperata, cosi' come pensare di controllare ogni metro quadro di ogni posto europeo, statunitense, canadese, russo, cinese ecc.....
Ne si puo' arrivare a pensare che ogni arabo, mussulmano o di qualche altra etnia presente da noi sia un terrorista, un potenziale terrorista od un fiancheggiatore.
Che fare?
Io non ho certo risposte, penso soltanto che avere paura, dargliela vinta, non uscire piu' di casa o non fare piu' uscire i nostri figli sia il piu' grande errore che potremo fare, sarebbe come dargliela vinta a quegli assassini vigliacchi.
Mettendo in campo ogni misura di prevenzione possibile dobbiamo continuare a fare la nostra vita di ogni giorno.
Uscire, riempire le strade, i locali, i cinema....vivere.
La nostra Cuba, da sempre, e' stata vittima del terrorismo.
Molti di voi conoscono la storia, sanno di Di Celmo, dei Martiri di Barbados e di tutto il resto.
La cosa buffa e' che, fino a poco tempo fa, Cuba era inserita fra i paesi canaglia, fomentatori del terrorismo da parte del Dipartimento di stato Usa.
Da quando i sicari cubano americani foraggiati dalla Cia hanno smesso di mettere bombe a Cuba non e' piu' accaduto nulla.
Il fatto di essere un isola, di non avere frontiere di terra rende piu' facile il controllo nei confronti di chi entra e chi esce.
Controlli che comunque sono accurati e costanti.
Dobbiamo tutti rinunciare a una parte di privacy, diciamo pure di liberta' per accettare di vivere in un mondo in cui dobbiamo tutti essere piu' controllati, non ci sono vie di mezzo.
Cuba e' un paese sicuro perche' tutto e' sotto controllo, certo ogni tanto dal cielo piove un po' di cocaina ma parliamo di un fenomeno episodico e molto circoscritto.
Poi chiaro, Cuba non ha fatto nulla per diventare oggetto di un certo tipo di terrorismo mediorientale.
Ma lasciamo stare....
Questo piccolo blog, per quello che vale, e' vicino alle famiglie di quei poveri ragazzi rimasti a terra dopo l'esplosione di Manchester.
Ora e' il momento del cordoglio, della rabbia, delle indagini ma poi....la vita deve continuare.
Riposate in pace, Ragazzi.

12 commenti:

  1. Famiglie con bambini, gruppi di amiche, coppie di fidanzati. Doveva essere una serata di gioia. E invece quella all'Arena di Manchester si è trasformata in una notte di terrore. Erano le 22,35. Il concerto della pop star Ariana Grande si era appena concluso, le luci si erano alzate quando un'esplosione ha creato caos e dolore.


    Le vittime

    Il bilancio è tragico: 22 morti e 59 feriti. Soprattutto ragazze, fan della cantante americana. Si tratta di un attacco opera di un kamikaze: la conferma arriva dalla stessa polizia che parla di un «attentatore che aveva con sé un dispositivo che ha fatto detonare». Molte vittime presentano ferite all’altezza delle gambe, probabilmente chiodi. Dopo l’enorme boato, la folla, circa 20 mila persone stipati nel secondo palazzetto più grande d'Europa, inizia a fuggire. È il peggiore attentato nel Regno Unito dal 7 luglio del 2005 quando una serie coordinata di attacchi suicidi, portati a compimento da 4 terroristi islamici britannici, uccise 52 persone lasciando in terra 700 feriti.
    Le ipotesi

    Una bomba farcita di chiodi o un attentatore suicida: sole le due ipotesi investigative. Quest’ultima sostenuta dalla Cnn che si spinge ad affermare che il kamikaze sarebbe stato già identificato. Sembra che l’attentatore si sia fatto esplodere alla fine del concerto di Ariana Grande, nell’area del foyer, mentre i giovani, stavano lasciando l’enorme auditorium. Nel momento in cui, forse, i controlli erano più deboli. L’indagine è stata affidata alla North West Counter Terrorism Unit. Ma rinforzi dell’antiterrorismo di Scotland Yard sono stati inviati da Londra durante la notte.
    Il terrore

    Le prime immagini sui social mostrano il panico. Decine di ambulanze fuori dall'Arena e anche persone sanguinanti portate via dalla zona. Per precauzione viene bloccata la stazione Victoria di Manchester. Sul posto mezzi di soccorso a sirene spiegate, elicotteri. Una squadra di artificieri nei giardini della cattedrale di Manchester, ha fatto brillare un pacco sospetto, si trattava solo di vestiti.

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  2. Dove è avvenuta l'esplosione

    La deflagrazione è avvenuta nella zona delle biglietterie, subito fuori dall'Arena. Mentre i ragazzi cercavano di guadagnarsi l'uscita. In un primo momento si è parlato di due o più esplosioni, poi ne è stata confermata una sola, individuata appunto nella zona del foyer, subito fuori dall’area degli spalti.
    Le testimonianze

    Le immagini registrate dagli smartphone dei testimoni oculari, hanno mostrato scene di terrore, con urla seguite dal fuggi fuggi generale. «Da tutto quello che posso capire si è trattato di una bomba», ha detto una donna che era nell’Arena col marito e i suoi tre bambini. «Sono sotto choc, tutti gridavano, non ho visto i danni dell’esplosione, ma ho sentito un odore soffocante, come di bruciato», ha aggiunto. Per tutta la notte i tassisti di Manchester hannoaccompagnato gratuitamente chi doveva tornare a casa. Facebook ha attivato il Safety Check per aiutare la comunicazione tra chi era al concerto e i loro familiari a casa.
    «Ariana Grande sta bene»

    Ariana Grande «sta bene, è illesa», ha reso noto una sua portavoce ma è «inconsolabile» e «devastata». È diventata famosa interpretando Cat Valentine nelle sit-com di successo di Nickelodeon Victorious e Sam & Cat. Attrice, cantante e compositrice statunitense, Grande è un idolo dei teenager e quella di Manchester era la prima tappa del tour mondiale dell'artista 24enne. Adesso il prossimo concerto di giovedì a Londra potrebbe saltare.
    Sospesa la campagna elettorale

    Immediate le reazioni di cordoglio e di sgomento del mondo politico. Nel Paese che si avvia alle elezioni anticipate dell’8 giugno, tappa fondamentale verso la Brexit, è stata sospesa la campagna elettorale. Fra i primi a reagire, in un tweet, il leader dell’opposizione laburista, Jeremy Corbyn, principale rivale elettorale della premier conservatrice, Theresa May. Quest’ultima alle 9 di mattina (ora di Londra) presiederà il comitato britannico di emergenza per la sicurezza, ma prima ha condannato l’«orribile attacco terroristico». Il sindaco di Manchester, Andy Burnham, ha fatto le sue condoglianze ai parenti delle vittime: «Il mio cuore è con le famiglie che hanno perso i loro cari. La mia ammirazione è per i nostri coraggiosi servizi di soccorso. Una notte terribile per la nostra grande città».

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  3. Santa Fe- Dovremo convivere per diversi anni con questi attentati, nessuno è al sicuro e il nemico è il vicino della porta accanto che si radicalizza in poco tempo.
    Questi disperati invece di gettarsi sotto un treno scelgono di morire portandosi dietro decine di innocenti.
    Purtroppo, e ribadisco purtroppo, ci stiamo abituando a questi attentati in europa, gran brutto segno.

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    1. Lo so ma in questo modo facciamo il loro gioco.
      Non vinceranno, questo e' certo.

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  4. Che immane tragedia. Giuseppe

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    1. Parlavo oggi con amici che hanno figli adolescenti che vanno regolarmente ai concerti...che angoscia...

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  5. Però torniamo indietro i crimini innocenti del'inquisizione cattolica, direte altri tempi? Cosa cambia innocenti allora innocenti adesso,no dimentichiamo le crociate nel nome di Dio, e le inquisizione sempre nel nome di Dio

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  6. A volte penso che alle cagate ci sia un limite.
    Poi,caro....anonimo,leggo te e devo ricredermi.

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  7. Cuba scommette su turisti e mercato
    Valeria Robecco
    Il Giornale
    Dall’Avana. Maria è seduta su una sedia traballante sotto il porticato di una casa dall’intonaco turchese a tratti scrostato e dalle ringhiere vistosamente arrugginite, una delle tante costruzioni in stile coloniale che si affacciano sul Malecon, il lungomare che percorre tutta l’Avana. È una delle tante signore in età avanzata che l’epoca di Fidel Castro l’hanno vissuta tutta, dagli inizi, ancora prima della rivoluzione del 1959, con il fallito assalto alla Moncada, nel ’53. Forse per questo guarda con circospezione i tanti turisti che sempre più numerosi sbarcano sull’isola con la speranza di vivere un viaggio nel tempo ancor prima che nello spazio. Percorrere il Malecon è come conoscere i diversi volti e le diverse anime del popolo cubano. Ci sono i giovani incuriositi dai coetanei stranieri vestiti alla moda, tassisti e camerieri che si danno da fare senza sosta per richiamare l’attenzione dei visitatori, e chi si limita a osservare il flusso costante di persone dai davanzali, muovendosi il minimo indispensabile per non farsi sopraffare dall’afa di un’estate prematura. Uno scorcio che racchiude l’essenza di un Paese il quale, a sei mesi dalla scomparsa di Fidel, fa i conti con il passato e guarda al futuro. Il tutto inquadrato in un contesto internazionale in mutamento e che sembra frenare, con l’avvento di Donald Trump, lo slancio distensivo inaugurato dell’ex presidente americano Barack Obama, autore nel 2015 della storica riapertura tra Washington e l’Avana. Mentre all’orizzonte si alzano colonne di fumo provenienti dal non lontano Venezuela, nelle cui piazze divampano gli incendi della protesta e la striscia di sangue della repressione di Nicolas Maduro, uno degli ultimi grandi alleati del regime castrista.
    In questo scenario disincantato il popolo cubano si è presentato al 1° maggio, prima grande occasione celebrativa orfano del suo Fidel, come se nulla fosse cambiato. Almeno questa è la sensazione, osservando la marea umana che affolla plaza de la Revolution. Per la Festa del lavoro all’Avana sono arrivati 1.440 delegati internazionali e 200 membri dei sindacati da 26 Paesi, e l’importanza della giornata viene rimarcata da un anziano signore che sin dalle prime ore della mattina vende copie di Granma in spagnolo e in inglese. Ha una maglietta con la scritta Roma e l’immagine del Colosseo, e ci dà appuntamento dopo le 10 sotto la grande icona di Ernesto Guevara, detto il Che, davanti al mausoleo di Jose Marti, fulcro delle manifestazioni del 1° maggio. Ma quando in tarda serata la piazza spegne le luci delle celebrazioni (obbligate) si torna a fare i conti con la realtà: dove si trova davvero Cuba in questo momento? Sono in molti a ritenere che dalla morte del líder máximo sia cambiato poco o niente. Come Rodolfo Rodriguez, il tassista che ci accompagna in giro per la città. «Fidel a Raul sono la stessa cosa, lo stesso partito – dice – oggi in piazza ci sono mille persone, che lo vogliano o no sono obbligate a partecipare alle celebrazioni, altrimenti sono problemi. Qui manca la cosa più importante, la libertà», continua. «Negli Stati Uniti e in Europa la gente pensa che ora i cubani si opporranno al governo di Raul, ma è impossibile – spiega da parte sua Oscar Fernandez, 25enne cantante che si esibisce in alcuni dei ristoranti più in voga dell’Avana -. Lui controlla il Paese nello stesso modo in cui lo faceva Fidel». Marta Luis invece è un’estetista, e anche per lei «la vita è rimasta la stessa» dalla morte di Castro. «Sono una Fidelista», afferma, anche se non sembra nutrire lo stesso amore per l’attuale presidente: «Ora abbiamo bisogno di più lavoro e di salari più alti, i nostri sono troppo bassi, rapportati al costo della vita».

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  8. Ci indica il nuovo centro commerciale Manzana de Gomez sul paseo del Prado, nel cuore della capitale, che chiama «il tempio del capitalismo». Qui, dice, «una commessa prende 12 dollari al mese di stipendio, e vende profumi che ne costano 92 alla confezione». E proprio il nuovo complesso di negozi è diventato la mecca degli adolescenti, che lì si danno appuntamento per fotografarsi davanti alle vetrine di Mont Blanc e Lacoste, e mandare gli scatti ai parenti fuggiti a Miami prima della rivoluzione. I giovani sono quelli che più degli altri guardano avanti, e per questo chiedono l’accesso a internet per tutti, perché il web per loro è il primo grande vettore di cambiamento. A oggi utilizzare internet è un vero percorso a ostacoli: bisogna comprare delle tessere telefoniche in vendita solo nei grandi alberghi a costi proibitivi (4,50 Cuc, il pesos cubano convertibile, per un’ora). Mentre la gente del posto nella migliore delle ipotesi riesce a connettersi in media una volta alla settimana recandosi da amici o in negozi (pochi) che hanno la rete.
    Camminando per le strade dell’Avana si nota tuttavia un certo fermento per i tanti cantieri in attività, soprattutto di grandi alberghi. «A Cuba l’unica cosa che funziona è il turismo, per questo tanti professionisti si mettono a fare i tassisti o i camerieri – spiega Marcos – solo così riescono a guadagnare, e a migliorare la loro posizione». Ciò fa presumere che sia proprio questa industria in grado di trainare una lenta ma possibile crescita economica. Ma basta allontanarsi un po’ dalla capitale, verso l’entroterra, per capire qual è il doppio passo del Paese. «Qui la rivoluzione non è mai arrivata» dice Rodolfo, indicando due persone su un calesse trainato da un cavallo. Ovviamente fanno eccezione i Cayo, paradisi turistici spesso vietati alle persone del posto, che a seconda dei gusti sono popolate da una manciata di bungalow in riva al mare come a Cayo Levisa, nella provincia di Pinar del Rio, o dagli albergoni in stile Miami di Varadero, dove si respira un clima avulso dalla vera anima del Paese.
    Per conoscere l’essenza più profonda della Cuba di Castro bisogna addentrarsi tra le valli del tabacco di Vinales, dove i contadini portano avanti le loro tradizioni di coltura tramandate di generazione in generazione, come se il tempo si fosse fermato. «Vendiamo il 90% della produzione allo stato, ma tutto sommato il prezzo che ci paga non è male, né troppo né poco» afferma Osmel. La sua famiglia da 105 anni conduce la finca Joan Louis y Louis, una fattoria immersa nei prati verdi smeraldo della valle, dove coltiva il tabacco usato per i sigari più famosi al mondo come Cohiba e Montecristo. «Il 10%, invece, lo possiamo tenere per noi, per la famiglia, e per venderlo qui», racconta mentre ci mostra come si rolla un sigaro, spiegando che lui toglie tutta la nicotina, perché crea dipendenza. «Il popolo cubano non è socialista, non è comunista, non è rivoluzionario, è fidelista» dice con orgoglio. «Fidel è una figura che nessun altro ha, un uomo del popolo, se c’era un’emergenza si metteva a lavorare con noi, mangiava con noi», continua. Secondo lui, anche ora che non c’è più, è difficile che a Cuba possa esserci una controrivoluzione, o possa accadere qualcosa di simile per esempio al Venezuela: innanzitutto «perché non abbiamo ricchezze come il petrolio».
    A conti fatti, l’auspicato cambiamento post Fidel sarà un processo assai più lento di quanto si pensi, e la vera scommessa è capire se i cubani orfani di chi per scelta o costrizione li ha presi per mano per oltre mezzo secolo, saranno in grado di diventarne protagonisti o vittime.

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  9. Per essere un reportage de IL GIORNALE e fin troppo onesto almeno la fanciulla e' stata a Cuba...
    Benedetta ragazza, connessione internet a 4.5 cuc all'ora...DOVE?
    Oggi ogni 2 per 3 c'e' una piazza o una strada col wi fi...
    CayoS turistici vietati a cubani?
    DOVE?

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  10. Orgogliosi di ritornare al Filadelfia, fieri del lavoro svolto in tutti questi anni dalla Fondazione e dai suoi collaboratori, che hanno restituito al Torino la sua casa e rimarginato una ferita aperta nel cuore del tessuto cittadino. Questi sono i sentimenti, il giorno in cui di fatto il Toro torna a casa. Il ritorno del Filadelfia è una grande notizia per il popolo granata, che non ha mai smesso di credere nel sogno anche quando sembrava impossibile potesse realizzarsi, ma anche per tutta la città e tutto lo sport italiano. Un impianto sportivo nuovo e funzionale alle esigenze di una squadra di Serie A, che in più si porta dietro una storia fatta di valori sportivi e morali unici. Qui si allenerà il Torino, presumibilmente a partire dal prossimo settembre.
    E’ giusto, però, non fermarsi qui. Perchè il Filadelfia torni davvero a rappresentare quello che era una volta, ossia il centro gravitazionale del mondo granata, punto di contatto e di simbiosi tra squadra e città, ci vuole ancora qualcosa. Quel qualcosa è realizzabile soprattutto dal Torino di Urbano Cairo; che si ritrova tra le mani un gioiellino a costi irrisori. Ricordiamo, infatti, che il presidente granata – per il tramite della Fondazione Mamma Cairo – ha sborsato circa 1 milione sugli 8 che sono stati necessari perchè oggi si arrivasse all’inaugurazione. E’ vero che poi il presidente ha provveduto di persona a sveltire in modo importante un passaggio fondamentale, quello del progetto preliminare, da lui donato personalmente alla Fondazione, che ha dovuto quindi evitare le lungaggini di una procedura a parte. Ma ora è il Torino, col presidente in persona, che è chiamato a far ciò che serve perchè il Filadelfia torni davvero ad essere il Fila.
    Che cosa? Innanzitutto, serve avere il Museo del Grande Torino al Fila, per far sì che davvero il passato si fonda col presente fino a diventare un tutt’uno. Se non si tengono ben presente le proprie radici, non si ha futuro. Il Torino ha una storia ineguagliabile e una quantità di tesori e cimeli di valore difficilmente calcolabile che meritano di trovare collocazione all’interno del Filadelfia. Inoltre, la cosa più importante: i racconti di chi ha vissuto il Fila fanno capire che a distinguere quel posto da tutti gli altri era l’atmosfera che si respirava, il continuo contatto tra pubblico e squadra, che per i giocatori non dovrebbe essere un problema ma uno stimolo. Tanti allenamenti a porte aperte, dunque. Senza questo ingrediente, il Filadelfia non tornerà mai il “Fila”. Lo tengano a mente, il presidente Cairo e l’allenatore Mihajlovic: per chi ricopre ruoli importanti, oltre agli onori, ci sono anche gli oneri.

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