domenica 11 giugno 2017

FIDEL E ORIANA

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Oriana Fallaci non riesce a realizzare l’intervista promessa e già fissata con Fidel Castro, forse per intervento dei sovietici, forse per timore che sia troppo diretta (nella cartelletta del materiale che ha preparato per l’intervista ci sono domande come «È vero che non potete sopportare gli americani?», «Perché fate morire i vostri soldati in tante guerre all’estero?», «Lei è stato perseguitato e ora perseguita? »). La scusa del regime è il comportamento «contro la rivoluzione» che la giornalista avrebbe tenuto durante e dopo il suo viaggio a Cuba. Oriana Fallaci risponde con sdegno alle accuse.
New York, 1° ottobre 1983

Signor Presidente,
mercoledì 28 settembre il Suo Ambasciatore all’Unesco, dottor Alfredo Guevara – da Lei inviato appositamente da Parigi a New York per recapitarmi il Suo messaggio – mi ha comunicato che l’intervista fissata per il mese di novembre era stata cancellata. Il motivo di questa decisione ha dell’incredibile: «Di’ a Oriana che ho ricevuto da una fonte di comprovata fedeltà l’informazione che, non appena lontana da Cuba, si è espressa in maniera irriverente nei miei confronti e che ha rilasciato dichiarazioni che denotano pregiudizi sulla rivoluzione e sul socialismo». «All’Avana cinque testimoni» ha aggiunto Guevara «potranno confermare che lo stesso “delitto” è stato commesso anche su territorio nazionale.»
Questo messaggio è un insulto alla mia intelligenza e alla mia dignità. Il Suo gesto è un tradimento, nonché una mancanza di rispetto alla mia persona che non Le ha mai mancato di riguardo e a cui Lei invece deve – e non solo per questo motivo – molto rispetto.
Tuttavia, poiché sono una signora educata, cercherò di controllare lo sdegno che mi assale. E le risponderò.
1) Non conosco, e non mi interessa nemmeno, il livello intellettuale e culturale degli informatori di «comprovata fedeltà» che mi avrebbero rivolto tali ridicole accuse dentro e fuori il territorio cubano. Oltre ad Alfredo Guevara, a Gabriel García Márquez e al loro gruppo di amici – persone intelligenti che mai mi avrebbero attribuito un comportamento tanto stupido – a Cuba ho avuto contatti solo con l’Ambasciatore italiano e con coloro che si sono fatti carico delle mie necessità negli ultimi giorni. Inoltre, in aeroporto mi è stato affiancato un giornalista argentino con il compito di assistermi in ogni evenienza.
2) L’Ambasciatore italiano è un idiota che non sa quel che dice, come la sua terribile moglie e i suoi inetti collaboratori. Coloro che si sono occupati di me in quegli ultimi giorni erano estremamente disponibili e sorridenti, ma – mi dispiace per Lei – non mi sono sembrati capaci né di fornire un resoconto su Oriana Fallaci, né di comprendere le sue idee e tanto meno di capire la sua lingua. Per esempio, dicevano di conoscere l’italiano e l’inglese, ma mi rendevo perfettamente conto che comprendevano molto poco di quel che dicevo e che perdevano frequentemente il filo di quel poco che coglievano… Inoltre, per quanto riguarda il giornalista argentino, il suo italiano non era certo migliore. E come se questo non bastasse, dissimulava malamente una fastidiosa irritazione che provava nei miei confronti per ciò che avevo dichiarato a Buenos Aires sui giornalisti del suo Paese. Mi sono ben guardata dal fornirgli alcuna opportunità che potesse essere utilizzata per costruire un’inutile e mal congegnata calunnia contro di me.
Non sono nata ieri. Sapevo bene che la simpatica scorta che mi accompagnava sia in città sia in aeroporto, Le avrebbe riportato qualunque mio gesto, dal nome del profumo che uso al numero di sigarette fumate. Anche se non avessi stabilito con Lei l’intesa che credevo di aver stretto, non sarei stata così imbecille da commettere un errore tanto grottesco e infantile come quello che Lei mi attribuisce.
3) Una volta fuori da Cuba, ho mantenuto il silenzio sulla Sua persona e il segreto sul nostro progetto, tanto che nemmeno i più sofisticati microfoni della Cia uniti a quelli del Kgb avrebbero potuto cogliere la mia voce. Ho rotto il silenzio solo con tre persone: a) William Broyles Jr., direttore di «Newsweek», che sarebbe stato il primo a pubblicare la mia intervista con Lei e che rimase quasi sbigottito dall’ascoltare l’entusiasmo con cui io descrissi il nostro futuro incontro; b) il nostro ministro degli Affari Esteri, Giulio Andreotti, che mi aveva aiutato a rinnovare la richiesta di intervistarla; c) mio padre che ha ottant’anni e che vive sulle colline toscane insieme ai suoi cani, i suoi gatti, le sue galline e le sue api. Escludo che William Broyles, Giulio Andreotti, mio padre, i suoi cani, gatti, galline e api possano aver riferito ciò che i suoi informatori di «comprovata fedeltà» Le hanno riportato.
In riferimento agli «irriverenti giudizi e pregiudizi» di cui vengo accusata, questo è tutto. E non accetto di essere messa sotto processo per dei pettegolezzi da cortile. Anzi, non accetto di essere messa sotto processo da niente e da nessuno.
4) Non sono socialista. Lo sono stata. Se Lei avesse davvero letto i miei articoli e il mio ultimo libro, conoscerebbe la mia diffidenza nei confronti dei dogmi salvifici, nonché la mia sfiduciata conclusione che nemmeno il socialismo è in grado di cambiare gli uomini. (E questo, sì, è un tema su cui mi sarebbe piaciuto discutere con Lei, invece di chiederle – come ha fatto la televisione americana – «Chi dorme nel suo letto».)
Però nessuno mi aveva mai detto che per intervistare Fidel Castro era necessario essere socialista e credere che i Paesi socialisti siano il Paradiso terrestre. I giornalisti nordamericani che Lei riceve senza tempi di attesa di sette anni, senza offenderli con accuse mal congegnate, che non sono che pretesti ben calcolati, senza protestare quando riducono quattro ore di intervista a una paginetta di arbitrarie estrapolazioni o quindici minuti di superficialità televisiva, non sono socialisti. Non vengono a Cuba per dire che il socialismo è il Paradiso terrestre e che è in grado di cambiare gli uomini. Anzi, sono i peggior reazionari che io conosca.
Nessuno può dire lo stesso di me. I Suoi informatori «di comprovata fedeltà» avrebbero svolto il loro compito in maniera migliore ricordandole la storia della mia vita; l’affetto, l’ammirazione e la credibilità di cui godo e che mi circondano in ogni parte del mondo; e ciò che ho fatto e continuo a fare a favore della libertà, a costo nella mia tranquillità e della mia incolumità personale.
5) Ovviamente non credo che la ragione per cui Lei si è rimangiato la parola data sia il motivo che mi è stato comunicato da Alfredo Guevara. Se ci credessi, io per prima starei insultando la mia intelligenza. E aggiungo: può essere che sia stato tramato un complotto contro di me, però dubito che Lei sia il tipo di persona e il tipo di governante da lasciarsi manipolare dalla mala fede dei Suoi subalterni.
La verità è che Lei ha ritratto la parola data; mi ha tradita poiché si è pentito. E si è pentito perché ha avuto timore di parlare con me di Fidel Castro e degli argomenti per cui La consideravo un interlocutore ideale. (E anche io costituivo per Lei l’interlocutrice ideale.) In luogo di questo, Lei ha intravisto in quest’intervista il rischio che certi leader vedono in me: la donna scomoda, dal pensiero indipendente, la scrittrice che non è impressionata dal Potere e che lo affronta senza timore e senza timidezza per permettere al suo lavoro di entrare nella storia. Che pena! La ritenevo più audace, più agguerrito. Non c’è nulla che ammiri di più del coraggio e nutro sempre un grande rispetto verso coloro che non hanno paura di confrontarsi col mio.
6) Due rappresentanti del Potere mi hanno voltato le spalle in questi giorni: Augusto Pinochet e Fidel Castro. Pinochet ha cambiato idea accusandomi di essere una sovversiva che vagava nei dintorni di Santiago sobillando il popolo contro il regime. Non è esattamente così, ma i timori del cileno erano giustificati... Posso comprendere Pinochet. Non posso dire lo stesso per Fidel Castro. Non mi lusinga sapere che ha avuto paura di Oriana Fallaci. Al contrario, mi delude come uomo e come politico. E più come uomo che come politico. Credevo di aver conosciuto un uomo che non era solo un capo di Stato o un uomo politico. Ma adesso comprendo di aver conosciuto solo uno dei tanti capi di Stato, uno dei politici di turno. Anzi, ho conosciuto un politico che si è permesso di prendersi gioco di me. Scriverò tutto nel mio prossimo libro, spiegando il motivo per cui non appare l’intervista a Castro. E questo triste episodio sarà l’amara conclusione dei miei studi sul Potere.
Si accorgerà che mercoledì 28 settembre Lei ha commesso un grave errore: non ha solo mandato all’aria un’intervista di prima qualità e di storico rilievo. Non ha solo indignato una persona che sarebbe stato molto più saggio non offendere e non insultare. Come un masso che cade pesantemente in un salone di cristallo e che infrange tutto ciò che vi è di prezioso, Lei ha distrutto qualcosa di molto più valore.
E per questa ragione, io non la assolverò.

Oriana Fallaci
E cosi il nostro Comandante en Jefe ha terminato il suo percorso terreno senza l'assoluzione della Oriana che, nel frattempo, aveva provveduto a terminare il suo.
Chissa'....magari in presenza di Satanasso in persona Fidel avra' concesso questa benedetta intervista alla Fallaci.
Nei confronti della Fallaci ho avuto, nei decenni, sentimenti controversi.
L'ho amata quando, nei suoi libri, combatteva il regime fascista dei colonnelli greci, l'ho detestata quando e' partita lancia in testa contro tutto il mondo arabo anche se....alla luce dei fatti di questi ultimi anni, almeno in parte l'ho riabilitata.
Per quanto vale una mia riabilitazione, ovviamente.
Pero' che grande giornalista e' stata!
Eccezionale nel riuscire ad arrivare sempre al punto, cronista vera che si metteva la mimetica e andava in zona di guerra in Vietnam, Non come i leccaculo di Stampa e Repubblica che scrivono merda di Cuba e del Venezuela, al fresco dell'aria condizionata, nella loro camera in un 5 stelle di Miami.
Poi, chiaro, il successo ha dato un po' alla testa come si evince dallo scritto inviato a Fidel.
E' lecito chiedere un'intervista, ma e' prerogativa di chi riceve la richiesta il concederla o meno.
Se sai che devi intervistare uno come Fidel....tappati quella linguaccia toscana e viaggia schiscia.
Parliamo di un uomo che aveva tutto il diritto di scegliere con chi parlare, della persona al mondo che ha subito piu' attentati negli ultimi 100 anni, del capo di stato di un paese povero, assediato e sotto embargo da parte della piu' potente macchina da guerra del pianeta.
Dire sempre quello che si pensa e' un pregio solo per gli idioti.
Nel vivere comune bisogna sapere quando e' il momento di parlare e quando, forse, e' meglio contare fino a 10.
Sarai anche la Fallaci, ma non puoi dare dell'idiota all'ambasciatore del tuo paese o pensare che tutti quelli che ti circondino siamo dei cretini.
Stupirsi poi perche' la scorta messa a sua disposizione dal governo cubano non vada poi a riferire, a chi di dovere, ogni suo movimento e comportamento e' stano da parte una donna che ha girato il mondo.
Forse per intervistare Fidel Castro non bisognava pensarla come lui ma neanche mettere quotidianamente in dubbio i dogmi su cui si basa la vita intera dell'intervistato.
Puoi anche non essere socialista, ma se vuoi intervistare uno che si professa tale almeno gli devi il rispetto che si e' guadagnato tenendo in scacco, per decenni, il grande e potente nemico del nord.
Una cosa e' certa, personaggi come lei e come Fidel ci mancano ogni giorno di piu'; finiti i giganti ci ritroviamo ad avere a che fare con i nani e le ballerine.
La Fallaci era questa, ha preso come un' offesa personale il rifiuto di un grande della terra di parlare con lei.
Alla fine ci avrebbe fatto l'ennesimo libro dove avrebbe guadagnato gli ennesimi quattrini.
Sara' per la prossima vita.

8 commenti:

  1. Si rafforza la cooperazione bilaterale tra Venezuela e Cina, volta a permettere un significativo aumento della produzione per il paese sudamericano alle prese con una crisi economica derivante anche dalla brusca caduta dei prezzi del petrolio, principale fonte del bilancio statale.
    I settori interessati saranno quello petrolifero, agricolo e industriale, secondo quanto reso noto dalla Segreteria Tecnica della Commissione Mista di Alto Livello Cina-Venezuela.
    Il vicepresidente per la Pianificazione del Venezuela, Ricardo Menendez, che presiede per il paese sudamericano la Commissione, è stato incaricato di rendere noti i dettagli circa le riunioni sostenute con le imprese cinesi in quel di Pechino.
    «Possiamo dire che la giornata è stata molto fruttuosa. Una giornata di speranza per il nostro popolo» ha dichiarato il vicepresidente ai microfoni della Agenzia Venezuelana di Notizie (AVN).
    Nel campo petrolifero sono stati siglati accordi che permetteranno di aumentare la produzione congiunta di petrolio a 325.000 barili al giorno.
    Mentre in ambito agricolo, Menendez ha spiegato che con l’ausilio di Pechino sarà possibile coltivare oltre 100.000 ettari di cereali.
    Oltre ad altri 80.000 ettari che saranno riservati alla produzione di cotone. Una coltivazione molto valorizzata dalla Cina.
    La Segreteria Tecnica della Commissione Mista di Alto Livello ha valutato, inoltre, lo sviluppo di nuove fonti di finanziamento e aperto uno spazio per quelle aziende del gigante asiatico interessate a implementare progetti produttivi in Venezuela.

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  2. LA PAZ.— il presidente Evo Morales ha difeso il diritto della Bolivia a Recuperare il suo accesso sovrano all’oceano Pacifico con un messaggio pubblicato nella rete sociale Twitter.
    «Niente fermerà la nostra campagna per il mare. Abbiamo la ragione, la verità, la giustizia e la solidarietà dei popoli del mondo.
    Il mandatario indigeno ha risposto in questo modo alle dichiarazioni del cancelliere cileno, Heraldo Muñoz, ch eh censurato intervento del capo di Stato su questo tema nell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU).
    Lunedì 5 il governante ha denunciato nella ONU l’invasione che privò la Bolivia della sua uscita sovrana all’oceano Pacifico ed ha sostenuto il diritto a un accesso marittimo di 32 paesi senza litorali, con il fine di cambiare le condizioni di vita di questi popoli.
    Quatto anni fa il governo boliviano presentò una domanda presso la Corte Internazionale di Giustizia (CIG) chiedendo una dichiarazione che obblighi il Cile a negoziare in buona fede un’uscita al litorale.
    Lo scorso 6 marzo La Paz ha consegnato una replica a L’Aia, dopo la presentazione di Santiago del Cile di una contro-memoria per ribattere gli argomenti della nazione delle Ande e dell’Amazzonia.
    Nel caso del Cile, la CIG ha fissato un tempo sino al 21 settembre prossimo per la sua risposta.
    La Bolivia è nata come Repubblica nel 1825 con coste sul Pacifico, ma un’invasione cilena le tolse 400 chilometri di litorali e 120.000 chilometri quadrati di territori ricchi in minerali.
    Questa privazione ha provocato incalcolabili danni commerciali e finanziari al paese sudamericano, soprattutto perché limita le capacita di sviluppo nazionale, hanno riferito le fonti ufficiali.

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  3. Sicuramente si tratta di una razza di giornalisti estinta. Giuseppe

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    1. Leggedo Ciai e Candito mi ritrovo a rimpiangere Montanelli...ed e' tutto dire.

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  4. Certo che arrivare a dire: "che pena, la ritenevo più audace, più agguerrito"...a Fidel....El Lider Maximo....El Caballo de la Sierra Maestra.....cose da pazzi....Alessio

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  5. In effetti di cazzate, in questo contenso, ne ha dette parecchie amico mio.

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  6. Una nuova stella è pronta a brillare sulla bandiera “stars and Stripes” degli Stati Uniti. E’ quella di Porto Rico, l’isola caraibica già protettorato americano aspirante a diventare il 51 esimo Stato americano. Ex colonia spagnola e poi territorio americano dalla fine dell’Ottocento, Puerto Rico ha portato a termine il referendum consultivo sullo status dell’isola caraibica svoltosi domenica, il quinto dal 1967. Il risultato è stato un vero e proprio plebiscito, col 97% degli elettori che si sono pronunciati per l’adesione all’Unione.
    Tre le opzioni da siglare nelle urne oltre all’adesione ma le altre due, mantenere lo status quo o chiedere l’indipendenza, hanno ricevuto rispettivamente solo l’1,5% e l’1,3%. Ad inficiare tuttavia il valore politico del referendum, boicottato da tutti i partiti di opposizione, è stata la bassa affluenza alle urne: meno di un elettore su quattro (22,7%) tra i 2,2 milioni di aventi diritto. Ma Ricardo Rossello, 38 anni, neo governatore dell’isola caraibica e grande sostenitore della scelta “statale”, ha promesso di voler difendere «a Washington e nel mondo intero» la volontà degli elettori.
    «Ci presenteremo sulla scena internazionale per difendere l’importanza di vedere Puerto Rico diventare il primo stato ispanico degli Stati Uniti» ha dichiarato, dopo aver sostenuto la campagna di «decolonizzazione» dell’isola, dove chi nasce ha la cittadinanza americana ma non può votare per il presidente e ha un solo rappresentante al Congresso. L’ultima parola spetta ora al Congresso. A rendere complicata l’annnessione di Porto Rico agli States sono due fattori. Il primo di ordine economico: l’isola ha dichiarato recentemente la più grande bancarotta della storia municipale americana, con una buco da 73 miliardi di dollari, tanto da essere ribattezzato la «Grecia dei Caraibi».
    Capitol Hill non ha intenzione di accollarsi questo macigno, tanto meno Donald Trump è disposto a un salvataggio pubblico. Il secondo fattore è di carattere politico: Porto Rico, che da protettorato Usa vota per le elezioni presidenziali, è un feudo democratico, quindi il Congresso a maggioranza repubblicana vede con preoccupazione il suo ingresso a pieno titolo nella Federazione. Ma i portoricani sono frustrati dal non avere nessuna voce in capitolo sulle leggi e vedono in Washington anche l’origine della crisi che affligge la loro isola: dal 2006 il governo federale ha soppresso le esenzioni fiscali su cui aveva prosperato e i grandi gruppi americani se ne sono andati in massa. Ecco allora che se in Europa si parla il linguaggio della «Exit», sull’isola caraibica la parola d’ordine è «PortoRicoEntry».

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    1. Anche questi aspettano qualcuno che si accolli...la cuenta...

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