lunedì 5 giugno 2017

QUANTO DURERA'?



Risultati immagini per trump e cuba

Dopo i  i primi mesi di presidenza Trump possiamo tranquillamente dire che il tycoon sta' facendo piu' danni di Bertoldo in Francia.
Se facciamo un passo indietro, si puo' tranquillamente affermare che nessuno, negli Usa ma anche fuori, si sarebbe giocato un pikilino sulla sua elezione.
I Democratici erano arcisicuri della vittoria di Hilary, mentre i Repubblicani ne erano rassegnati.
Una delle non molte qualita' che ho sempre riconosciuto agli statunitensi e' il fatto di essere sempre stata una nazione fortemente pragmatica.
Tutto cio' che ha fatto ha seguito una sua logica, perfino il Vietnam se vogliamo, logica che raramente e' stata condivisibile ma che e' sempre stata presente.
Solo il Vaticano e' stato piu' pragmatico, ma quelli sono dei maestri in questo campo....
Quando serviva un presidente giovane, dalla facciata fintamente progressista, e' apparso Kennedy, quando non e' piu' servito lo hanno fatto fuori, quando Nixon ha pisciato fuori dal vaso lo hanno....dimissionato.
Quando serviva combattere l'impero del Male ecco Reagan, quando c'era da destabilizzare il medio oriente sono arrivati i Bush.
Poi e' toccato a Clinton, a seguire Obama quando si e' trattato di dare un contentino ai neri e alle classi meno abbienti.
Dall'altra parte, durante la guerra Papa Pacelli benediva le armi, Papa Giovanni e' arrivato quando serviva un Papa dal volto umano, Paolo Sesto si e' barcamenato fra mille problemi, quando si e' trattato di abbattere il muro ecco un Papa dell'est.
Prima di lui Papa Luciani, appena eletto, aveva ventilato il fatto che il celibato di baciapile e suore poteva non essere piu' un dogma, lo hanno trovato stecchito una mattina e non ci hanno mai detto come ha tirato l'ala.
Poi il papa nazi e infine Francisco in un momento in cui la gente aveva bisogno di sentirsi dire determinate parole.
Trump esce da questi schemi.
Eletto con la promessa di sbattere fuori dal pese tutti gli illegali e di far pagare dazi doganali enormi alle aziende Usa che producono fuori, da quando si e' insediato ha fatto un danno dopo l'altro.
Prima i casini per riuscire a crearsi uno staff, staff che non serve a nulla in quanto decide tutto lui.
Decide cio' che e' consentito al suo ruolo, che sembra molto ma, grazie ai padri legislatori, non e' moltissimo.
Ha bombardato in Siria che si batte contro il terrorismo, ha minacciato la Corea del Nord mettendo a rischio sparizione quella del sud.
Ha fatto fuori i capi dei servizi segreti che lo accusavano di flirtare con Putin.
Poi e' andato in Arabia Saudita a riempire quella gente di armi.
Quindi si e' recato in Vaticano, dove Francisco lo ha accolto con lo stesso entusiasmo con cui il piccolo Bonucci mette la maglia della seconda squadra di Torino.
Come dargli torto....al piccolo Bonucci.....?!
Al G7, oltre a una serie di figure di merda da fare impallidire il miglior Berlusca, ha annunciato l'uscita del suo paese dai protocollo di Parigi per la salvaguardia del clima.
Ovviamente la rottura con l'Europa e' netta e difficilmente sanabile.
Nel frattempo e' anche riuscito ad annullare la maggior parte dei provvedimenti di Obama a livello sanitario, nei confronti delle fasce piu' deboli di popolazione.
Ora dovrebbe toccare a Cuba.
L'altro giorno Mariela Castro invitava i turisti Usa a visitare ora Cuba, prima che accada qualcosa che impedisca loro di mettere piede sull'isola.
Sicuramente non tornera' pie' seco, pie' mojado, la sola iniziativa di Obama che Trump potrebbe non rigettare.
Se combatti per buttare fuori tutti i clandestini, non puoi poi aprire le porte a tutti i cubani che vorrebbero entrare nel paese.
Potrebbe limitare voli e crociere ma in questo caso danneggerebbe compagnie aeree e navi da crociera.
In fondo e' sempre un hombre de negocio, un filibustiere che trafficava coi Castro quando nessuno nel mondo riusciva a farlo.
Forse potrebbe, nuovamente, mettere un forte limite alle rimesse verso l'isola, oppure non pagare di nuovo la parte che spetta a Cuba delle telefonate intercontinentali.
Non credo andra' troppo oltre, probabilmente per essere eletto non ha avuto bisogno di prendere soldi dalla gusaneria cubano americana come i suoi predecessori, non ha “debiti” morali da pagare ne' promesse fatte da mantenere.
Vedremo cosa accadra' e sopratutto se e quanto durera' ancora al comando il tycoon.

M&S CASA PARTICULAR HA AGGIUNTO UNA CASA

11 commenti:

  1. Orlando Figuera, il giovane lavoratore dato alle fiamme e pugnalato da terroristi dell’opposizione perché riconosciuto come chavista lo scorso 20 di maggio, è morto a causa di un arresto cardiorespiratorio nella notte tra sabato e domenica, secondo quanto reso noto da Ernesto Villegas, Ministro della Comunicazione venezuelano.
    Subito dopo la grave aggressione subita, Figuera, fu trasportato presso l’ospedale Domingo Luciani. Il presidente Maduro espresse immediata solidarietà al ragazzo dopo aver preso l’atto barbarico di cui era stato vittima per il solo fatto di essere un sostenitore della Rivoluzione Bolivariana.
    Il Difensore del Popolo, Tarek William Saab, attraverso il proprio profilo Twitter ha espresso dispiacere per la morte del giovane, «vittima di impuniti crimini di odio».
    Il dirigente venezuelano ha denunciato che se il sistema giudiziario non condanna alla massima pena chi si macchiai di «crimini di odio», questi aumenteranno e daranno al paese una cattiva immagine a livello internazionale.
    Una cattiva immagine costruita ad arte dai media mainstream che si guardano bene dal diffondere notizie come questa, dove i ‘democratici’ oppositori al chavismo hanno portato a termine l’ennesimo atto terroristico. Non vi sono altre parole per definire il dar fuoco e l’accoltellamento di una persona, solo perché di diversa fede politica.

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  2. Perché trump trafficava coi castro.p68

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    1. Nuove ombre sugli affari di Donald Trump, una tegola sulla campagna elettorale che rischia di alienargli la vasta comunità di cubani americani, soprattutto in Florida, uno degli swing state. È la «Castro connection», come ha titolato Newsweek, il settimanale autore dello scoop sulla violazione dello storico embargo contro Cuba da parte del tycoon nel 1988.
      Secondo la ricostruzione del settimanale, basata su interviste con ex dirigenti di Trump, documenti interni della società del tycoon e documenti giudiziari, in quell’anno il magnate spese almeno 68 mila dollari per una iniziativa imprenditoriale a Cuba, quando guidava la Trump Hotels and Casino resorts. Ma lo fece indirettamente, tramite la società di consulenza Seven Arrows investment and development corporation, che inviò suoi dipendenti a Cuba per sostenere le spese suggerendo poi ai dirigenti della compagnia di Trump di farle apparire legali legandole ad una donazione di beneficenza retroattiva. Alcuni documenti mostrano che i dirigenti coinvolti nel progetto cubano stavano ancora discutendo la necessità di una autorizzazione federale dopo la «missione segreta».
      L’obiettivo del viaggio, secondo un ex manager di Trump, era quello di creare per la compagnia del tycoon un punto di appoggio nel caso Washington avesse allentato o tolto l’embargo. I rappresentanti di Trump si incontrarono a Cuba con dirigenti di governo, banchieri e imprenditori per esplorare possibili opportunità per la casino company del magnate. Un episodio imbarazzante, allora come adesso. Pochi mesi dopo il rimborso delle spese alla Seven Arrows investment, Trump lanciò la sua prima sfida presidenziale come candidato del Reform party, fondato dal miliardario Ross Perot, e nel primo giorno di campagna andò a Miami sostenendo che era a favore del mantenimento dell’embargo e che non avrebbe speso un penny a Cuba finché Fidel Castro fosse rimasto al potere. Sette mesi prima aveva sborsato 68 mila dollari. Ma rivelare l’investimento a Cuba o che era interessato ad un possibile alleggerimento dell’embargo per fare business avrebbe polverizzato le sue chance in Florida, stato cruciale dove la vasta comunità cubano-americana resta ostile al regime di Castro.

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  3. Un cretino antipatico come la merda.
    W Obama.paolino.

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    1. Pero ha gran merito di fare andare bene il cambio euro-cuc,bravo continua così.paolino.

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  4. Le mani insanguinate battono sui portoni di legno, i pugni picchiano sui campanelli, le guance si schiacciano contro le vetrine dei bar e dei ristoranti; le urla raggiungono i camerieri e i clienti seduti all’interno, le implorazione di aiuto irrompono ovattate da dietro il vetro all’ora del dessert ma il significato si intuisce: «Fateci entrare, ci stanno sparando», «È un attentato, siamo in pericolo, per favore...». Da questo momento è uno «sliding doors»: porte che si aprono (la maggioranza), o che restano chiuse. Altre che vengono sfondate: è successo in piazza San Carlo 206, ad esempio - proprio di fronte alla transenna del parking sotterraneo sfondata - dove ieri, nel day after, la custode si domandava ancora: «Come ci sono riusciti? Il portone è così grande e pesante». La risposta si chiama «panico», la gente terrorizzata attinge a forze che non sa di avere. E si riconosce. «Ho capito subito che quei ragazzi avevano paura, dagli occhi, dall’aspetto»: Silvia Zanin, in «curriculum» già diversi soccorsi («Una volta in un bruttissimo incidente stradale») non ha avuto dubbi l’altra sera quando, di rientro dalla passeggiata con il cane, ha invitato un gruppo in fuga a entrare nel palazzo di via Gramsci 9, dove abita. «Non seguivo la partita, ho visto soltanto quei tifosi correre, all’improvviso, in strada, un muro umano che mi veniva incontro, impressionante, muoveva l’aria: poteva esser accaduto solo qualcosa di spaventoso, sono rimasta fredda, in genere ci riesco, e ho chiesto a quelle persone se volevano salire». Loro sono rimaste nell’androne, al sicuro, consolate da quella possibilità.



    La corsa dentro le case

    I palazzi, nella notte del terrore, diventano rifugi dove gestire l’angoscia, riprendere fiato, trovare conforto: «Ho aiutato una famiglia, padre madre e un bimbo di tre anni, avevano raggiunto il mio pianerottolo di corsa - racconta Stefania Povero, sull’uscio di un appartamento in una traversa di via Roma -: la mamma in particolare era sotto choc, le ho dato acqua, l’ho fatta calmare. Qui, nel cortile e nelle scale, c’erano tantissimi tifosi, sono rimasti per tre quarti d’ora». Si tratta delle residenze della Torino bene, il «salotto della città», edifici storici, i soffitti stuccati, i capitelli ai balconi, pavimenti di marmo, ospitano banche, studi di commercialisti, sedi di multinazionali. Molti, per privacy, hanno i citofoni senza cognomi, ma con i codici: provare a suonare è inutile. E poi c’è il fattore sorpresa: chi non è in piazza, ma sta a casa, non sa cosa succede, quella folla che farnetica sotto choc e cerca di confluire strillando dentro gli alloggi di ignari torinesi o i locali di distratti commensali, in qualcuno innesca un sentimento di difesa.


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  5. L’assalto ai locali pubblici

    «Ci siamo spaventati» ammette Dori Marcu, responsabile del Mokita in piazza San Carlo. Il bar era già chiuso, dalle 20 ma lo staff stava ancora dentro: «Sono piombati qui, in massa, abbiamo aperto un attimo, ma è stato il caos: la gente si è infilata ovunque, nel piano di sotto, sul retro, dicevano che era scoppiata una bomba, che qualcuno sparava, che c’era appena stato un attentato, non si capiva più nulla: chiedevano aiuto, abbiamo cercato di dare acqua a tutti, soprattutto ai più gravi, a chi ha perso i sensi. Ho visto anche una mamma con il passeggino cadere». Sulle vetrine ci sono ancora le strisce di sangue.



    Il cuore dei torinesi

    Torino ha capito. E, come ha potuto, ha sporto una mano. Paola Grattapaglia, responsabile del Signor Vino, un ristorante-enoteca di via Lagrange, ha accolto decine di ragazzi, il giorno dopo la città racconta che sia stata tra le più generose: «Eppure mi è spiaciuto non riuscire a far ragionare tutti, volevo soltanto evitare che si facessero male sicché cercavo di farli entrare un po’ per volta: c’erano tanti stranieri, giovani spagnole, coppie, fratelli». Uno tsunami che ha travolto il dehors e la ragione: «Si sono fiondati in due riprese, la prima volta ho temuto che soffocassero tra le porte, gridavano frasi sconclusionate, erano in evidente stato di panico». Raggiungono anche le cucine: «Dicevano ai cuochi che qualcuno voleva ucciderli, di aver visto agitare le armi». Basta una cassetta di primo soccorso per le medicazioni: «Abbiamo dato ghiaccio e acqua ossigenata ai feriti, una donna aveva un piede insanguinato, un’altra piangeva perchè aveva perso le medicine, c’era uno con il setto nasale rotto, perdeva sangue, altri scalzi, abbiamo dissetato tutti».



    Mette subito in pratica i primi insegnamenti invece Giulia Ragno, 20 anni, studentessa di Medicina che abita in una piccola traversa di via Po: dà fazzoletti e cerotti per pulirsi via il sangue ai cinque amici arrivati nel suo appartamento dopo una serie di porte in faccia: «Erano tutti soli, tranne una coppia di Como, avevano perso gli amici, le scarpe, gli zaini, una ragazza piangeva. “Grazie, grazie, grazie”, non smettevano di ripetermelo. Dicevano che dalla piazza a qua nessuno aveva aperto». Poi, il loro «sliding doors» in questa notte a maledire citofoni, li ha portati a incontrare Giulia che ha aperto subito, senza nemmeno bisogno di suonare.

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  6. In effetti come si muove fa danni. Giuseppe

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  7. DA CUBAORA

    Secondo quanto riportato dal New York Times, Donald Trump sta valutando una marcia indietro su diversi punti cruciali delle politiche di apertura verso Cuba adottate dall’amministrazione Obama. In particolare il presidente americano potrebbe reintrodurre limiti su viaggi e commercio con l’isola, spiegando la svolta come un approccio più punitivo nei confronti del governo di Castro in risposta agli abusi sui diritti umani e all’impegno preso in campagna elettorale con i cubani in esilio.
    Il tema dei diritti umani continua ad essere il terreno di scontro tra i due Paesi e la contesa con il nuovo Governo non sembra attenuarsi.
    A livello di impatto sulla crescita e sul business il rischio è quello della riattivazione del blocco delle transazioni tra le aziende statunitensi e quelle che hanno legami con le forze armate cubane. Considerando infatti la capillarità che le forze armate hanno nelle attività economiche e commerciali dell’Isola (dagli alberghi ai negozi di genere alimentari ed elettronica) l’impatto potrebbe essere davvero significativo.
    Secondo Engage Cuba, l’impatto di un’eventuale decisione da parte di Trump sull’economia americana sarebbe notevole. L’analisi condotta evidenzierebbe costi per 6,6 miliardi di dollari colpendo circa 13.000 lavoratori americani. Saranno numeri sufficienti a far cambiare idea al Presidente?

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