Quiero ver a mi mamà , ya està viejita , estoy segura que se muere y yo no la voy a ver mas.... questo il refrain quotidiano che subivano le mie orecchie da mesi e , preso per sfinimento , mi è toccato il viaggio en la Yuma tanto agognato dalla moglie .
L'unico
mio viaggio nelle patria dei Donald ( Reagan , Trump e Duck )
risaliva ai tempi del Carlo Cùdega... giusto 20 anni fa . Grazie al
premio per il raggiungimento target di un mio fornitore , fui ad
Atlanta in occasione delle Olimpiadi , ma con il tipico programma di
viaggio per comitive : 2 gg. a New York , il resto ad Atlanta per le
gare sportive , la visita al World of Coca Cola e , tra i pochi
ricordi indelebili la visita , mia e di ben pochi altri , alla tomba
di Martin Luther King.
Viene
così programmata la visita a Carmita , la suegra , attualmente
domiciliata a Richmond in Virginia , dal cognato Reynaldo con il
successivo spostamento , suocera annessa , in Florida da Jorgito ,
l'altro cognato.
Il
tutto concentrato in soli 10 giorni , tempo massimo concesso dagli
impegni di lavoro.
Partenza
da Malpensa , scalo tecnico a New York ed arrivo , senza particolari
problemi , a destinazione.
Il
cognato Reynaldo è stato il primo dei fratelli di mia moglie a “
irse pa' la Yuma “ più di 20 anni fa , grazie al Bombo ( una
particolare lotteria per il conseguimento delle visas per gli USA ) .
Oggi installa infissi e ventanas mentre a Cuba lavorava ( ...termine
improprio , oltre che estremamente esagerato... ) al Banco Central .
La
moglie , anch'essa laureata , ora fa la “ guaguera “ ( guida gli
autobus-scuola ) , oltre a limpiar pisos in diverse case.
Vivono
tirandosi il culo , con 2 figli studenti ( e per 6 mesi annualmente
la suegra ) , in un appartamento di 70 mq. senza fronzoli e lussi in
un quartiere quasi completamente abitato da ispanici .
La
suocera sta nei mesi estivi con lui e nei mesi invernali con l'altro
figlio in Florida , ma non solo per preservar le vecchie ossa dai
reumatismi... la vecchia percepisce dagli USA una “ pensione ” di
800 dollari , sanità gratuita e pacchi alimentari di sostentamento
provenienti da varie istituzioni benefiche... svelato l'arcano dei 6
mesi lì e 6 mesi là.
Carmita
rappresenta un valore aggiunto al quale i figli ( maschi ) non
intendono rinunciare e , finalmente mia moglie capisce il vero motivo
che ha fatto partire la suocera dall'Italia .
Ora
vorrebbe ritornare con la figlia , ma sarà molto difficile che
l'amore dei figli ( ...o altro ? ) glielo consenta.
Il
tempo non ha concesso molte possibilità ludiche, oltre una gita a
Washington prima del trasferimento in Florida .
Aspettavo
Miami , sogno di tutti i cubani e non solo , ma mi son ritrovato a
Okeechobee , cittadina vicino ad un puzzolente lago , dove vive
Jorgito .
Questo
altro fratello è arrivato 4 anni fa , con reclamacion familiar , e
dopo pochi mesi in Virginia ha deciso che il freddo ( ...e aggiungo
io il lavoro duro con Reynaldo ..) non lo entusiasmava e così si è
trasferito in Florida .
Lavora
come magazziniere al Walmart , la moglie pinta unghie , figlia lavora
, a chiamata , in un Mc Donald's .
Vivono
in un sotano umido ed interrato con poca luce che a definir taverna
si esagera di brutto ma …. parole del cognato “vago” ( termine
cubano a sottointendere il fancazzista ) : ora respiro aria di
libertà !
Questa
chicca è arrivata dopo la solita , maledetta , cena cubana con
puerco , yucca , arroz e cerveza ( quest'ultima di sicuro la causa
scatenante della massima di Jorgito ) con tutto il parentame
cubanfloridense riunito per l'occasione ….sembrava di essere a
Lawton ( barrio avanero ) piuttosto che sulle rive di un lago
confederato.
Con
mia grande soddisfazione abbiamo lasciato Carmita alle sue
telenovelas in spagnolo , ai suoi tamales en cazuela ed abbiamo
lasciato il familion riuscendo a sfruttare solo gli ultimi 2 giorni
di vacanza per noi tre ( io , moglie e figlio piccolo ) .
Avrei voluto ,
bastardamente , domandar ai cognati se hanno incontrato il paradiso
che tanto agognavano quando erano a Cuba , ma quanto ho visto me lo
ha impedito....voi lo avreste fatto ?
Ho
chiesto a Tio Gigi, appena rientrato, di scrivere un piccolo
resoconto del suo viaggio nella “patria della liberta'”, sogno di
tutti i cubani.
Ovviamente
e' soltanto la millesima conferma che con la liberta', vera o
presunta, non si riempiono i piatti ne' si mette insieme il pranzo
con la cena.
Il
figlio che lavora seriamente de la suegra di Gigi, vive in una
piccola casa spartana, con la moglie non si concede quasi nulla, va
via di casa, per lavoro, alle 5 del mattino e rientra a tarda sera.
Il
tutto per mantenere i figli a scuola, la stessa scuola che Cuba, ai
suoi figli, destina gratuitamente.
L'altro
lavoricchia saltuariamente pasando trabajo, entrambi si palleggiano
la madre piu' per gli 800 dollari di pensione al mese che per altro.
Valeva
la pena?
Valeva
la pena lasciare la propria patria dove si aveva comunque una casa,
dove entrambi i coniugi avevano buoni lavori, dove c'era la
possibilita' di arrotondare in vari modi per finire in un luogo dove
si frequentano solo ed esclusivamente cubani, si mangia comida
cubana, si parla spagnolo e si fanno lavori molto al di sotto delle
aspettative?
In
Italia gli esempi oramai si sprecano.
Quanti
cubani e cubane percentualmente lavorano regolarmente, ce la fanno a
mantenersi, aiutano il bilancio famigliare, riescono a mandare
qualcosa al familion rimasto in patria facendo allo stesso tempo una
vita che consenta, ogni tanto, di togliersi qualche soddisfazione?
Ognuno
si gioca la vita come meglio crede...ma se quella gente potesse
riavvolgere il nastro....chissa'....
Zanardi ha conquistato, ieri, la sua seconda medaglia, questa volta d'argento, dopo l'oro del giorno prima, alle paralimpiadi.
RispondiEliminaA 50 anni suonati.
La Rai, svolgendo, una volta tanto la sua funzione di servizio pubblico, sta' trasmettendo integralmente i giochi olimpici, in palestra, nel nostro maxischermo perennemente si possono vedere.
Questo per ricordare a tutti coloro che la frequentano quanto sia pericoloso dare per scontato che cio' che e' oggi possa anche essere domani.
Zanardi e' sicuramente un testimonial di questo evento, cosi' come la ragazza della scherma, semplicemente fantastica.
Spero che, una volta finita la manifestazione, non cali l'attenzione nei confronti di chi vive una disabilita' e non ha l'ambizione di andare le olimpiadi, ne' i mezzi per poterlo fare.
Non dimentichiamoci che per certe carrozzine, per certe protesi ci vogliono migliaia di euro.
Uno stato serio aiuta e tutela i suoi figli meno fortunati, sopratutto quando le telecamere si spengono.
Chissa quanti di loro vorrebbero ritornare subito a Cuba? Giuseppe
RispondiEliminaNon lo so.
EliminaCerto che lasciare Cuba per finire in un melmoso e sperduto lago, infestato dai caimani, nella Florida profonda...beh....e' tanta roba.
Una bellissima foto sta diventando virale sui socials :
RispondiEliminahttp://www.robadadonne.it/108372/questa-foto-letteralmente-cambiato-la-vita-questuomo/
A Chicago , non a ...Baracoa ...
Tutto è iniziato dalla condivisione di un’immagine via Facebook, scattata da un passante desideroso di fare qualcosa di concreto nei confronti di un anziano incontrato per caso. Si tratta di un venditore di ghiaccioli ottantanovenne, Fidenci Sanchez, che giorno dopo giorno spinge il suo carretto dei ghiaccioli Paletas Poncho lungo le strade di Little Village, il sobborgo ispanico di Chicago.
RispondiEliminaJoel Cervantes Macias, il passante in questione, ha sentito il bisogno di tendergli una mano e ha fatto da subito quello che ha potuto: acquistando una ventina di ghiaccioli e pagandoli 50 dollari. L’anziano gli ha raccontato che ogni giorno porta in giro un centinaio di ghiaccioli e – nei casi più fortunati di caldo torrido – riesce a stento a guadagnare poche decine di dollari.
Macias si è fatto raccontare qualcosa in più della sua lunga vita e quello che è venuto a scoprire gli ha stretto il cuore. Il gesto di fare scorta di ghiaccioli non gli è bastato, il ricordo di quell’uomo continuava a tornargli alla mente. Nel telefono aveva uno scatto rubato, il ritratto struggente di un vecchio che spingeva un carretto troppo pesante per lui.
La decisione di postare l’immagine su Facebook è stata seguita da più di 400 condivisioni in poche ore, ed è stato così che un contatto di Macias gli ha proposto di fare qualcosa di concretamente utile: aprire una campagna di crowdfunding dedicata a Sanchez e dargli così un aiuto economico. Inizialmente la campagna aveva un tetto di 3.000 dollari da raggiungere, ma la storia ha commosso il web e ne sono arrivati molti di piu'.
Rimasto solo con la moglie malata dopo la morte della figlia, che li accudiva con amore e li sosteneva economicamente, l’anziano ha dovuto ricominciare a vendere ghiaccioli per far fronte alle spese continue.
Quello che sembrava essere un gesto filantropico limitato a una cerchia di amici, è diventato nel giro di pochissimo tempo un fenomeno virale. Di Sanchez e del suo carretto ha parlato persino la televisione e la notizia si è diffusa anche via stampa. La campagna di crowdfunding ha coinvolto la generosità di persone da ogni parte del globo, desiderose di contribuire con quello che potevano.
Il risultato? Sono stati raccolti più di 300.000 dollari. Un traguardo non solo del tutto inatteso, ma assolutamente incredibile per Macias.
La famiglia Sanchez è stata travolta da un’ondata inaspettata di bene, un esempio bellissimo di come la Rete possa diventare un mezzo efficace e immediato per offrire aiuto e sostegno, in alcuni casi persino per salvare delle vite. Sanchez, finalmente, potrà parcheggiare il suo carretto e godere del tempo che gli resta accudendo la moglie malata, sebbene sembra che non abbia intenzione di smettere del tutto di lavorare. Dice che non ne sarebbe capace.
Una storia a lieto fine che, per una volta, vede protagonista il web nelle vesti dell’eroe e non del cattivo.
hola! sono molto confusi di come funziona la cosa en la yuma colpa delle palle dei parenti ganadores de regreso e dell'isolazionismo del regime. Comunque ad oggi nessuno vuole rimanere sull'isola almeno i giovani, il mito sono gli ee.uu e non potrebbe essere diversamente, in europa solo africani . chao Enrico
RispondiEliminaIl mito per loro é la bella vita senza lavorare.
RispondiEliminaNon funziona così in nessuna parte del mondo....
esatto Milco,per le nuove generazioni
Eliminacubane mito è questo...molto sconsolante....sai i calci nel sedere che prendono sia in Europa che in Usa qualora vi mettano piede?non solo non funziona così ma a loro destinati lavori che europei o statunitensi non vogliono fare e a paghe più basse degli indigeni..questa è una delle a dir vero poche colpe che do' alla rivoluzione..aver creato in loro questa mentalità
Andrea M.
Anche perche'....a dirla tutta...professionalmente cosa sanno fare?
EliminaCosa hanno di "spendibile"?
Bellissimo racconto mi ricorda quello di colombiani che conosco che da Barranquilla coltivano il sogno americano, quello per tante donne, di prendere marito americano per poi finire a vivere in cittadine anonime in mezzo al nulla e magari al freddo.
RispondiEliminaChe dire Aston l'erba del vicino "Sembra" sempre piu' verde.....
Ti faccio una domanda : i giovani che lasciano l'italia per la germania e l'inghilterra secondo te troveranno la terra promessa ?
Un toscano o un laziale a lasciare il loro bel mare e clima e mangiare, per finire in scozia o a Francoforte secondo te ne "Vale La Pena " ????
mah ai posteri l'ardua sentenza...
+
Ciao Guanabo
Ciao Guanabo e' sempre un piacere rileggerti.
EliminaDipende.
Se si emigra per fare una vita incerta, un lavoro che malapena ti permette di vivere (come nell'esempio postato da Gigi) pizzeria una volta al mese e lavoro duro e con poche soddisfazioni allora non vale la pena.
Quella vita un giovane puo' farla anche in Italia.
Se ci sono prospettive anche nel medio lungo tempo di poter migliorare le proprie condizioni di vita allora il gioco puo' valere la candela.
Con un minimo di possibilita' economiche anche Francoforte e la Scozia possono avere un perche'.
articolo molto bello,che conferma che i cubani negli Usa(almeno la stragrande maggioranza) non sono affatto i milionari che vogliono far credere a chi rimane nell'Isla,fanno i lavori più umili(non che vi sia da vergognarsi sia chiaro)e sono sottopagati,valeva la pena?direi un deciso NO...valigie già pronte.....
RispondiEliminaAndrea M.
Sono gli stessi che rentano prendas d'oro prima di imbarcarsi per Cuba....
EliminaVale la pena se per tribolare tutti i giorni garantisci un futuro migliore ai tuoi figli, facendoli studiare.
RispondiEliminaIl resto cambia da persona a persona, specie se a persone che non hanno una cultura del lavoro e del rispetto dei soldi le catapulti in una realtà che non è la loro.
Quel tipo di persona o impara a nuotare o annega....
RispondiEliminaRitornato nella giungla zio...
RispondiEliminaleggendo post odierno e qualche commento...mi é tornato alla mente questo discorso:
"Buonanotte.
Quì è Radio Raptus, e io sono Benassi - Ivan.
Forse lì c'è qualcuno che non dorme. Beh, comunque che ci siete oppure no io c'ho una cosa da dire.
Oggi ho avuto una discussione con un mio amico.
Lui è uno di quelli bravi: bravi a credere in quello cui gli dicono di credere.
Lui dice che se uno non crede in certe cose non crede in niente.
Beh, non è vero: anch' io credo.
Credo nelle rovesciate di Bonimba e nei riff di Keith Richards;
credo al doppio suono di campanello del padrone di casa che vuole l'affitto ogni primo del mese;
credo che ognuno di noi si meriterebbe di avere una madre e un padre che siano decenti con lui almeno finché non si sta in piedi;
credo che un Inter come quella di Corso, Mazzola e Suarez non ci sarà mai più, ma non è detto che non ce ne saranno altre belle in maniera diversa;
credo che non sia tutto qua, però prima di credere in qualcos'altro bisogna fare i conti con quello che c'è qua, e allora mi sa che crederò primo o poi in qualche Dio;
credo che semmai avrò una famiglia sarà dura tirare avanti con 300.000£ al mese, però credo anche che se non leccherò culi come fa il mio caporeparto difficilmente cambieranno le cose;
credo che c'ho un buco grosso dentro ma anche che il Rock 'n' roll, qualche amichetta, il calcio, qualche soddisfazione sul lavoro e le stronzate con gli amici, beh, ogni tanto questo buco me lo riempiono;
credo che la voglia di scappare da un paese con 20.000 abitanti vuol dire che hai voglia di scappare da te stesso, e credo che da te non ci scappi neanche se sei Eddy Merckx;
credo che non è giusto giudicare la vita degli altri, perché comunque non puoi sapere proprio un cazzo della vita degli altri.
Credo che per credere, certi momenti, ti serve molta energia."
Hasta pronto!
Freccia
Gran bel rientro amico mio.
RispondiEliminaCi sei mancato
Porca puttana Aston non esagerare...quasi mi commuovo...
EliminaMi ha fatto piacere tua risposta...grazie!
Chiaramente contraccambio...
Un abrazo.
Freccia
ciao doc...ASTON scusa il disturbo....potresti fornirmi contatto di consulenza per un progetto che ho in corso: mini residence in habana con servizi accessori.....purtroppo pur essendo abbastanza inserito nel mondo cubano ho difficoltà a reperire info contestuali, se puoi....scrivi a gp@gpongp.it
RispondiEliminabye
wwww.gpongp.it
Ciao
EliminaTi contatto in questi giorni.
Caro Gigi, anche in questo caso, come spesso avviene di venerdi con racconti e storie non mie, un racconto interessante ha aperto una bella discussione.
RispondiEliminaFa piacere vedere che questo blog, nel suo piccolo, e' un punto di riferimento anche per chi gestisce spazi differenti.
Una mano non la si nega a nessuno....
Lo sai, papà, che quasi mi mettevo a piangere dalla rabbia quando ti sei arrampicato sulla rete di recinzione urlando contro l’arbitro? Io non ti avevo mai visto così arrabbiato. Forse sarà anche vero che l’arbitro aveva sbagliato, ma quante volte io ho fatto degli errori senza che tu mi dicessi niente? Anche se abbiamo perso la partita per colpa dell’arbitro,come tu dici, mi sono divertito lo stesso. Ho ancora molte gare da giocare e sono sicuro che, se non griderai più, l’arbitro sbaglierà molto meno. Papà, capisci, io voglio solo giocare. Ti prego, lasciamela questa gioia, non darmi suggerimenti che mi fanno solo innervosire: tira, passa, buttalo giù. Se buttassero giù me, quante parolacce diresti?
RispondiEliminaUn’altra cosa: quando il mister mi sostituisce o non mi fa giocare, non arrabbiarti, io mi diverto ugualmente, anche seduto in panchina. Siamo in tanti ed è giusto che giochino tutti. E poi, quante parolacce, urla ed imprecazioni si sentono in campo mentre si gioca: non solo da te,ma anche da altri genitori. Non si agisce così, a me hanno detto che le brutte parole non salgono in cielo perché non trovano posto, là stanno solo gli angeli. E scusami, papà, non dire alla mamma, di ritorno dalla partita: “ha vinto ed indossa la maglia numero dieci”. Dille che mi sono divertito tanto e basta. Non raccontare che ho fatto un gol bellissimo, non è vero. Ho messo il pallone dentro la porta perché un mio compagno mi ha fatto un bel passaggio e tutti insieme abbiamo lottato per vincere.
Ascoltami, papà, non venire nello spogliatoio al termine della partita per vedere se faccio bene la doccia o se so vestirmi. Che importanza ha se metto la maglietta storta? Devo imparare da solo.
Stai sicuro che diventerò grande e sarò bravo a scuola, anche se avrò la maglietta rovesciata. E lascia portare a me il borsone. Guarda, c’è stampato il nome della squadra e mi fa piacere far vedere a tutti che gioco a pallone. E sai, non volevo dirtelo perché sono ancora piccolo, ma a scuola la fidanzatine sono in aumento. Non prendertela, papà, se ti ho detto queste cose. Lo sai che ti voglio bene, ma adesso è già tardi, devo correre all’allenamento. Se arrivo in ritardo il mister non mi farà giocare. Anche se ho capito che non sarò mai un campionissimo. A me piace allenarmi e giocare la partita. Sono sereno e felice quando corro nel campo, mi sento libero, libero come il vento e l’acqua che scorre.
Sapere di avere una via di scampo le ha allungato la vita. Sembra un paradosso, ma questa è la storia di Marieke Vervoort, atleta paralimpica belga che ieri ha detto ufficialmente addio alle competizioni, ma non ancora alla vita. Il suo saluto al tartan dello stadio Engenhão, quello che ha celebrato le imprese di Usain Bolt il mese scorso, è stato memorabile: dopo aver vinto l’argento sabato 10 nei 400 metri T52, ha spinto la sua carrozzina da gara ancora una volta sul podio, il terzo gradino dei 100. «È tutto così strano adesso: volevo vincere due medaglie a Rio e il mio sogno è diventato realtà – ha raccontato subito dopo l’ultima sua fatica paralimpica -. Sono felice, ma questa medaglia ha due facce. Una di gioia perché ne sono orgogliosa, mentre l’altra è molto più pesante da digerire perché è la mia ultima gara su una carrozzina da competizione. Però mi godrò queste medaglie con un po’ di champagne rosé, al punto da non sentire più il dolore».
RispondiEliminaQuel dolore che sta consumando il suo corpo da super-atleta. Già, perché fino a qualche anno fa riusciva a praticare una miriade di sport, dal basket in carrozzina al triathlon, che ha dovuto lasciare col passare del tempo e con l’aggravarsi della sua malattia degenerativa. «Anni fa ero una bravissima disegnatrice, ora non più. La mia vista si è ridotta al 20%, ho diversi attacchi epilettici e a volte sono costretta ad interrompere gli allenamenti perché perdo conoscenza». E aggiunge: «Se ho paura del futuro? Sì, ma questi fogli che ho firmato mi danno un po’ di pace perché so che quando sarà abbastanza, posso farla finita. Ho la mia vita tra le mani».
Se fosse nata in Brasile, dove ha corso fino a ieri, non avrebbe avuto la stessa possibilità di scelta. «Tutti i Paesi devono capire che non si tratta di omicidio. L’eutanasia è una cosa positiva, che può farti ritrovare la pace perduta. Nessuno deve essere obbligato a vivere se il suo corpo si ribella», aggiunge. «Se non avessi in mano i fogli per farla, probabilmente mi sarei già suicidata da parecchio tempo. Invece, sono ancora qui a farvi sorridere». Non si è messa una data di scadenza e la morte non la spaventa: «Non so ancora quando verrà il momento di dire addio. Ogni giorno devo chiedere aiuto ad un’infermiera per qualunque cosa. Ma io non voglio nessun aiuto, non voglio sentirmi disabile. Voglio soltanto essere me stessa».
«Ora spenderò un po’ di tempo con i miei amici più stretti, la mia famiglia e il mio labrador Zen: lei mi capisce sempre al volo». La lista di cose da fare prima di morire è ancora lunga. Lanciarsi in un salto di bungee jumping da 80 metri, volare a bordo di un F16. Ma non solo: «Più di tutto voglio un museo a mio nome, che sia d’ispirazione per la gente che lo visiterà. Ho collezionato tutti gli articoli e i servizi televisivi che mi riguardano e spero che la mia storia possa essere d’insegnamento».
TORINO (4-3-3): Hart; De Silvestri, Bovo, Castan, Molinaro; Acquah, Valdifiori, Obi; Falque, Boyè, Martinez. A disp. Padelli, Cucchietti, Zappacosta, Baselli, Rossettini, Benassi, Vives, Barreca, Moretti, Lukic, Aramu, De Luca. All. Lombardo.
RispondiEliminaEMPOLI (4-3-1-2): Skorupski; Laurini, Bellusci, Costa, Pasqual; Tello, Mauri, Croce; Saponara; Gilardino, Pucciarelli A disp. Pelagotti; Zambelli, Dimarco, Maccarone, Diousse, Mchedlidze, Barba, Cosic, Pereira, Krunic, Buchel, Marilungo All. Martusciello
Primo tempo 0-0
RispondiEliminaMeglio noi ma non una grande partita.
Senza il Gallo, lo zingaro e la galina gorda e' difficile buttarla dentro.
0-0 finale
RispondiEliminaVero che ci mancava tutto l'attacco ma 4 punti in 4 partite con squadre che, al massimo, arriveranno decime non va bene....
Siamo passati dal gioco di una noia mortale di Libidine al palla lunga e pedalare.....SVEGLIA SINISA!