Vi confesso che questo post mi
e' stato “ispirato” e consigliato da alcuni commenti, privati e non, che mi sono giunti dopo
aver postato, venerdi’ scorso, la storia di quell'italiana bloccata a Cuba con
2 figlie piccole impossibilitate ad uscire dal paese.
La domanda che molti si
pongono e' pressapoco questa; perche' fare figli con una persona, maschio o
femmina che sia, frequentata unicamente per 2/3 viaggi a 9000 km da casa
nostra?
Argomento interessante
ma...delicato.
Entriamo nella sfera personale
di ognuno di noi, nel suo vissuto, nelle esperienze maturate nella vita PRIMA
di mettere piede a Cuba, nelle esperienze con le donne, se ci sono state.....perche'
anche questo sarebbe un bel argomento.
Conosco piu' di un
ultrasessantenne che ha deciso di avere un figlio da una cubana dopo averne gia
avuti alcuni in Italia, figli che oramai sono grandi e coi quali, raramente,
c'e un rapporto decente.
Che una cubana, ma direi una
donna, senta il bisogno di maternita' credo sia una cosa normale,
almeno cosi' ci raccontano quelli bravi, che hanno studiato queste cose.
Ho avuto pochissime relazioni
a Cuba, direi poche in generale in vita mia, se la memoria non mi inganna tutte
ma proprio tutte le fanciulle, in modo esplicito o velato, mi hanno fatto
capire che un figlio con me avrebbero voluto farlo.
Le cubane ANCHE per
garantirsi un futuro, le italiane per motivi che ritengo assolutamente
misteriosi.
I bambini non mi piacciono
neppure.
Pero' un paio di volte ci ho
pure pensato, forse qualcuno ricordera' che qualcosa sul blog avevo accennato.
Ho poi optato per
il....lasciamo perdere un po' per l'eta' del dattero e molto per egoismo, ma
questi sono discorsi che ci porterebbero lontano.
L'argomento odierno verte sul
fatto di decidere di fare figli con una fanciulla che e' poco piu' di una
sconosciuta.
Visto che poi i caratteri
ereditari esistono e che la genetica con le sue 3 leggi di Mendel non e'
un'opinione, c'e' la possibilita' concreta che il frutto dell'unione di 2 teste
di cazzo sia una terza, potenziale, testa di cazzo.
Ora io posso capire il
conoscere una fanciulla, portarla in Italia e dopo 2/3 anni di frequentazione
quotidiana, decidere di mettere al mondo un tentativo di progenia.
A quel punto il rodaggio e'
stato fatto, si corrono piu' o meno gli stessi rischi del farlo con
un'italiana.
Ma io conosco gente che in
questo momento e’ in Italia, dove vive regolarmente, mentre la fanciulla col
panzone e' a Cuba dove continuera' a vivere regolarmente.
Vi confesso che era una delle
opzioni a cui, all'epoca avevo pensato, ma....e' una cazzata.
Come fai, una volta messo al
mondo un figlio, ad esserci per 2/3 vacanze all'anno?
Non vederlo crescere, non
condividere la prima parola, il primo dentino, la prima scorreggia.
Una cazzata appunto.
Quindi perche' accettare di
assecondare il desiderio della cubana di turno che, dopotutto, vuole ANCHE
piazzare il suo cappello ben saldo sulla sedia?
Mah.....chi non ha figli forse
ritiene che, visto che i titoli di coda si iniziano ad intravvedere
all'orizzonte, si tratti dell'ultimo treno disponibile per lasciare qualcosa di
concreto in questa valle di lacrime.
Altri ne farebbero volentieri
a meno, ma per mantenere la pace coniugale si finisce per accettare un qualcosa
che come un diamante.....e' per sempre.
Quando ci sono i figli cambia
tutto, situazioni come quella riportata venerdì scorso sono fuori dal mondo.
Se i coniugi sono di 2 paesi
diversi, ognuno dei due ha il DOVERE di
sapere bene come funzionano le cose in materia di andirivieni di minori in
entrambi i paesi.
Se poi la cosa con il coniuge
va a donne di cattivi costumi, occorre sempre mettere i figli e la loro tutela
in primo piano.
Non hanno chiesto loro di
venire al mondo.
Il via libera è atteso dal Consiglio della Federazione internazionale di fine aprile. Ma l’anticipazione di Masoud Soltanifar – Ministro dello Sport e della Gioventù della Repubblica Islamica dell’Iran – è sufficiente per catalogare come storica questa giornata per la Nazionale iraniana femminile, e non solo. La Fiba, secondo Soltanifar, consentirà l’utilizzo del velo per le giocatrici, approvando la divisa proposta dalla Federazione del Paese mediorientale. Sarà così l’interruzione di un embargo lungo tre anni, durante i quali l’Iran non ha partecipato ad alcuna competizione femminile.
RispondiEliminaLa lunga attesa
Potendo utilizzare una divisa che rispetti i canoni imposti dalla religione – coprendo così testa, braccia e gambe - l’Iran tornerà sulla cartina geografica del basket femminile, mettendo fine anche al periodo di polemica tra la Federazione iraniana e le giocatrici della Nazionale, bloccate mentre le colleghe di calcio e volley ottenevano risultati importanti a livello internazionale. «Abbiamo messo in piedi le misure necessarie per permettere alle atlete con il velo di partecipare alle competizioni internazionali» ha detto il presidente della FederBasket iraniana Mahmoud Mashhoun.
Velo obbligatorio
E’ una svolta importante, e ovviamente non soltanto sotto il profilo sportivo, dove l’Iran cercherà di recuperare terreno in ambito internazionale dopo gli anni di embargo e dopo che la disputa del campionato femminile è stato consentito soltanto senza la presenza di pubblico alle partite. Le giocatrici, infatti, utilizzano lo hijab - il velo allacciato sotto la gola che serve per coprire il capo e le spalle – soltanto fuori dall’Iran. In realtà per la Nazionale donne il vero spartiacque risale al 1979, quando la rivoluzione islamica impose restrizioni legate all’abbigliamento sportivo, con lo hijab e la tuta che divennero obbligatori (e fanno specie le foto delle atlete iraniane pre-rivoluzione, con abbigliamento analogo a quello delle rivali occidentali). Da allora l’Iran ha sempre disertato le grandi manifestazioni, non a caso la Federazione non è nel ranking Fiba femminile pur in un Paese con tradizione cestistica. Lo dimostra la Nazionale maschile – vista al Preolimpico di Torino – al 25° posto tra gli uomini.
Era accusato di aver portato nello stadio Olimpico una bomba carta, di averla lanciata nella «curva primavera» provocando lesioni a 11 tifosi granata nel derby del 26 aprile 2015, e di aver aggredito degli steward prima e dopo l’incontro: Giorgio Saurgnani, ultrà bianconero di 29 anni, promotore finanziario bergamasco, è stato condannato 2 anni e otto mesi, più provvisionale di 5 mila euro a J......., Torino e Federazione Calcio per i danni di immagine. Per la J... anche per le multe pagate in seguito al lancio. Inoltre non potrà mettere piede negli stati italiani ed esteri per tre anni, e per ogni incontro della J... dovrà presentarsi in un ufficio delle forze dell’ordine. L’unico tifoso granata che si è costituito parte civile ha ottenuto un risarcimento di circa 7 mila euro per le ferite subite. «La cosa che più mi ha fatto male in questa storia è aver passato 8 mesi in carcere» ha detto il promotore finanziario all’uscita dal Tribunale. Il giovane, malgrado i messaggi che lo hanno inguaiato, si è sempre professato innocente.
RispondiEliminaLa corte ha riqualificate le accuse considerando il lancio non una bomba carta ma un oggetto pericoloso e lo ha assolto per l’accusa per l’introduzione dell’ordigno allo stadio. Nella sua requisitoria di fine novembre, il pm Andrea Padalino, titolare del fascicolo d’inchiesta, aveva chiesto ai giudici di infliggere all’ultrà una condanna esemplare: 7 anni e mezzo di reclusione, più 20 mila euro di multa. Nel descrivere le sue derive di violenza come irriducibile ultrà, il pm aveva paragonato Saurgnani a Simone Barbaglia, il tifoso milanista, definito dai giornali «il killer perbene», che nel 1995, a Genova, all’età di 18 anni, uccise con una coltellata allo stomaco Vincenzo Spagnolo, genoano di 25 anni, coinvolto in uno scontro tra tifoserie mentre raggiungeva lo stadio.
Saurgnani era stato identificato dalla Digos torinese grazie all’incrocio di vari indizi: fonti confidenziali, filmati registrati da tifosi alla storia, e immagini degli impianti di videosorveglianza dello stadio. Decisivanel corso delle indagini, la scoperta di un file audio inviato dal suo cellulare al gruppo WhatsApp «Cani sciolti», con il quale teneva i contatti con gli altri ultrà amici, una cerchia ristretta di tifosi bianconeri. In quel file descriveva le fasi precedenti al lancio della bomba carta, attribuendosi un ruolo decisivo: «Il mio consiglio è stato: mi raccomando, la prima non deve essere una torcia che crea scompiglio ma una bc - bomba carta - perché c’era il rischio che la prima fosse una torcia... e allora lì si vanificava tutto. Credo sia stata la frase che ha cambiato tutto».
Peter Wolf, uno dei feriti che si è costituito parte civile nel processo, assistito dall’avvocato Paolo Romagnoli, a causa dello scoppio della bomba carta aveva subito lesioni ad un labbro e ad una gamba: alle Molinette gli avevano estratto dal polpaccio una scheggia di due centimetri.
Lo stadium quando lo squalificano, invece?
EliminaPrr me potrebbero anche chiuderlo....:-)
EliminaIo ho imparato cos'è l'amore grazie alla mia bimba. Non potrei vederla solo 3 volte all'anno.
RispondiEliminaSimone M & S
Sottoscrivo le parole di simone io senza la mia piccola non posso stare già mi pesa che io ora mi fermo 3 settimane e loro 2 in più.
EliminaDado
Simone e' proprio a questo che mi riferivo.
EliminaVa la' Dado che per 2 settimane fai lo scapolone....frittata di cipolle e rutto libero... :-)
EliminaSi si quello è sicuro e poi uscite con amici a più non posso.
EliminaDado
Praticamente un addio al celibato ogni sera...ahahaha
EliminaArgomento scottante da prendere con le pinze perché ogni caso fa da sé. In generale , per quanto negli anni ho visto , renderei obbligatoria la vasectomia per il 90% di coloro i quali si recano sull' Isla.
RispondiEliminaPenso però che , come sempre , è facile dirlo parlando degli altri molto meno quando tocca a noi....ed il fatto che a dirlo sia io che con una cubanita di figli ne ho fatti due ,e che dopo più di 20 anni lo rifarebbe, mi lascia esposto e senza possibilità di difesa ad ovvi attacchi.
A parziale scusante posso dire che , a braghe calate , la possibilità di essere lucidi diminuisce esponenzialmente e questo è il problema :-(
Il problema non sono le braghe calate ma...il saper fare "retromarcia" al momento giusto o...premunirsi per la bisogna.
EliminaQua si entra in situazioni dove tutto è giusto e tutto è sbagliato,siamo troppo diversi l uno all altro,io non posso neanche essere un grande esempio visto che ho sposato mia moglie dopo un mese di conoscenza e dopo qualche mese aspettavamo la prima figlia,se devo consigliarlo direi che è sbagliato procedere come ho fatto io,ma poi alla fine della fiera ci vuole sempre anche fortuna e chissà cos altro ci vuole boh.....paolino.
RispondiEliminaLa fortuna e' un fattore importante, la voglia di rischiare e di mettersi in gioco in prima persona e' un altro.
EliminaPoi, come sempre, siamo nelle mani degli Orishas.
Milco ho una ventina di anni in meno di te e mi sembra gia' di essere fuori tempo. Giuseppe
RispondiEliminaBah....ognuno ragiona in funzione del proprio vissuto.
EliminaPotro' anche portare discretamente i miei anni ma mi ha sempre atterrito l'idea di andare a prendere il bimbo a scuola e mentre gli altri bambini si ritrovavano un papa' il mio...un abuelo....arzillo y en taja, ma sempre abuelo.
hola! cosa molto delicata da ponderare sul punto di vista della programmazione punto su cui un europeo è molto diverso da un caribeño. Anche se ormai anche in italì si fanno figli senza troppo pensarci sopra quasi fosse una cosa da fare, non tralasciamo il fatto che molto probabilmente i figli vivranno peggio dei genitori (parlo di 30enni) chao Enrico
RispondiEliminaSul fatto che i figli vivranno peggio dei genitori e' scontato.
RispondiEliminaCredo capiti anche ai 20/30 enni attuali
«Perdonatemi, mamma e papà, se potete, ma ora sono di nuovo a casa. Sto bene». Aveva trent’anni Michele. Ha deciso di farla finita l’ultimo giorno di gennaio. Prima, però, ha scritto una lettera. Un j’accuse che è stato pubblicato ieri, per volontà dei genitori, sulle pagine del Messaggero Veneto , il quotidiano regionale del Friuli.
RispondiElimina«Ho vissuto (male) per trent’anni. Qualcuno dirà che è troppo poco», scrive come incipit Michele. Non erano pochi per lui che racconta di essere «stufo di fare sforzi senza ottenere risultati, stufo di colloqui di lavoro come grafico inutili». Parole stanche, ma lucide. Capaci di entrare nel dramma della precarietà, quella fotografata dall’Istat con l’indice di disoccupazione che tra i più giovani (15-24 anni) ha toccato il 40,1%. Quasi uno su due non lavora. «È una realtà sbagliata - spiega Michele - una dimensione dove conta la praticità che non premia i talenti, le alternative, sbeffeggia le ambizioni e insulta i sogni».
Non è solo male di vivere, quello che emerge dalle ultime parole di Michele. C’è dell’altro. La sua intende essere un’accusa di un’intera generazione. «Non è assolutamente questo il mondo che mi doveva essere consegnato», ragiona. «Non posso passare la vita a combattere solo per sopravvivere, per avere lo spazio che sarebbe dovuto, o quello che spetta di diritto. Di “no” come risposta non si vive, di “no” si muore». Ecco perché l’ultimo suo atto, il suicidio, è rivolto a questa società che, scrive Michele, «si permette di accantonarmi, invece di accogliermi come dovrebbe fare». Un gesto che chiede confronto: «Siete voi che fate i conti con me». E ancora: «Questa è un’accusa di alto tradimento al contesto». In chiusura chiede scusa ai suoi cari e cita in un post scriptum il ministro del Lavoro («Complimenti a Poletti. Lui sì che valorizza noi stronzi»). E poi la resa: «Ho resistito finché ho potuto».
«Emerge un forte senso di ingiustizia incompresa», commenta Paolo Baiocchi, medico psichiatra e psicoterapeuta . E spiega: «Del resto sono tutte le statistiche nazionali che fanno emergere come i giovani siano quelli che hanno meno speranza in questo periodo storico. Se parte una spirale emozionale negativa il rischio può essere anche quello di sfogare la rabbia su se stessi», spiega il direttore dell’Istituto Gestalt di Trieste che, proprio in Friuli Venezia Giulia, ha lanciato un progetto sociale gratuito rivolto ai disoccupati. «Il nostro metodo - aggiunge - si basa proprio sulla condivisione in gruppo delle sfide: la forza dello stare insieme in questi casi è fondamentale».
Più dura l’analisi di Massimiliano Santarossa, scrittore friulano e narratore realista delle periferie italiane e degli esclusi. «La colpa non è dell’economia in sé, ma di chi ha fatto dell’economia un Dio», dice. «In Friuli, come in Veneto, con la crisi economica e la globalizzazione è crollato un intero sistema di valori che era incentrato solo sul lavoro». C’è un’altra faccia dietro al mito del Nord-Est produttivo, insomma. «Certo che c’è: è la storia di chi ne è rimasto escluso, come questo ragazzo, o come dei tanti che ritrovi al bar ogni giorno, senza più speranze né sogni».
GUSTO PER RESTARE IN TEMA......
Caro Milco...peccato che queste righe siano passate quasi inosservate oggi...
EliminaSono macigni...un pugno allo stomaco cazzo...
Ricordo le parole di un grande gionalista:
"Il suicidio è una cosa che non ha né diritti né doveri. Di fronte a esso ci sono soltanto due sentimenti: di pietà, di enorme pietà, per lo stato di disperazione che ha condotto la vittima al suicidio. E di rispetto. Di altrettanto rispetto per il coraggio che ha chi resta vittima di questa cosa."
Freccia
Sai qual'e' il problema?
EliminaChe ci stiamo abituando a notizie simili che quasi ci passano senza lasciare segni.
Tanto domani e' un altro giorno....
Come sempre Milco mi trovo d'accordo con te...questo argomento mi vede coinvolto direttamente, e come più volte ho scritto qui, non ho mai nascosto il desiderio di paternità, amo da morire i bambini,ne ho uno adottato a distanza da 12 anni, anche se non è la stessa cosa di averne uno del tuo stesso sangue, ma questo a una sola condizione (che trova d'accordo anche mia novia), cioè che una volta che la famiglia si crea con la nascita del bambino si deve vivere tutti sotto lo stesso tetto, perchè fare una famiglia, a mio modo di vedere, è questo...non ha senso fare un figlio, sposarsi, e poi vedere moglie e figlio 3 volte l'anno, un figlio deve crescere con entrambi i genitori, in primis per lui, e poi anche per il papà che è sacrosanto che si goda la crescita del pargolo giorno dopo giorno...alla fine siamo noi che decidiamo di mettere al mondo un figlio, tranne causa di forza maggiore, nessuno ce lo impone, e come tale il bambino va protetto.
RispondiEliminaVero.
RispondiEliminaCredo che ricevere una cultura multilingue sia un bell'arricchimento anche per lui.
In fondo sarebbe a casa sia in Italia che a Cuba.
ORAMAI CI CONTATTANO DIRETTAMENTE LE AGENZIE VIAGGI....
RispondiEliminaho provato a chiamare sul numero di cellulare visibile sul sito ma non riesco a mettermi in contatto con voi, pertanto vi chiedo disponibilità e tariffe per 2 persone in casas particular nelle seguenti date e tappe:
11 – 14 MARZO HAVANA
14 – 15 MARZO CINFUEGOS
15 – 16 MARZO TRINIDAD
16 – 17 MARZO CAMAGUEY
17 – 18 MARZO SANTA CLARA
18 – 19 MARZO HAVANA
Soluzione economiche ma decorose.
Attendo vostro gentile riscontro al più presto possibile.
Saluti
Eh, belli i figli piccoli, senza dubbio.
RispondiEliminaE' quando sono adolescenti che sono cazzi amari.
Io ero una specie di teppista e se il buongiorno si vede dal mattino, mio figlio mi farà scontare tutte quelle che ho fatto passare ai miei. 13 anni...
La decisione di avere un figlio non può essere ridotta al destino biologico ma riguarda il campo della morale in quanto un figlio è forse l’ atto letteralmente più egoistico che possa esistere. Decidiamo noi per lui senza potergli chiedere il consenso e quando potremmo farlo la decisione è stata già irrimediabilmente presa.
RispondiEliminaQuindi se prendiamo questa decisione assumiamoci poi la responsabilità di accompagnarlo nel suo percorso di evoluzione...
Freccia
Certo ma è un atto di egoismo anche sceglierne di non averne. Fidati
EliminaO di estrema e razionale onestà con sé stessi ed il mondo...
EliminaFreccia
....poi la voglia svanisce ed il figlio rimane....
EliminaMi dicono gli amici con figli di quell'età che la metamorfosi da figli a estranei è rapidissima...
RispondiElimina