LA FORZA DI UN PAESE

"Nonostante le imprese epiche di Tentoglou e Douskos che a Tokyo hanno spinto la Grecia più in alto della Spagna (per dirne una) nel medagliere olimpico, le medaglie dei Giochi olimpici hanno un’altra faccia molto meno gloriosa e pubblicizzata. È la faccia di Theodoris Iakovidis, il sollevatore di pesi greco che ha annunciato in diretta tv il suo ritiro. Fra le lacrime ha denunciato le vergognose condizioni degli atleti ellenici, costretti a tirare a avanti con soli 250€ al mese di sussidi. Dell’impossibilità di allenarsi serenamente e della vergogna che prova nell’andare persino dal suo fisioterapista che, conoscendo il suo stato di indigenza, non accetta denaro da lui. È lo stesso l’atleta che qualche anno fa aveva raccontato la miseria degli sportivi greci ridotti a pranzare alla mensa per i poveri di una chiesa di Kallithea, periferia di Atene. Un contesto drammatico in cui è di fatto impossibile continuare a praticare sport in modo professionistico. Ma come sempre accade da un po’ di tempo a questa parte il popolo di Grecia si mostra molto più umano dei suoi governanti. La tifoseria del Panathinaikos, club in cui milita Theodoris, ha aperto un conto corrente di solidarietà per sostenerlo. Mentre la rete si è mobilitata per seguire in massa il profilo Instagram di Iakovidis, facendo così aumentare la visibilità e quindi le sponsorizzazioni e consentirgli di continuare ad allenarsi. Una storia solo apparentemente grottesca, perché assolutamente in linea con il contesto sociale generale greco in cui la soglia di povertà coinvolge ormai il 35% della popolazione. E ha visto crescere esponenzialmente la presenza delle mense sociali in quasi tutti i quartieri delle grandi città. Nella sola area metropolitana di Atene, ad esempio, sfamano 40mila senza fissa dimora (prima della crisi erano 11mila). Una condizione miserabile che ha colpito anche la medaglia d’oro Miltos Tentoglou il cui allenatore, dopo la vittoria olimpica nel salto in lungo, ha denunciato la totale mancanza di fondi in cui versa l'atleta, costretto ad allenarsi in impianti privi di illuminazione notturna e ridotto a mangiare nelle taverne di Kalamata che “forniscono il vitto al nostro campione”. Povertà ed esclusione cui si aggiunge l’assenza di qualunque prospettiva di riscatto sportivo. Una strada che, da sempre, contribuisce a salvare migliaia di giovani di tutto il mondo emancipandoli dalla miseria e dal degrado delle periferie. Ma che nel Paese che ha dato origine alle Olimpiadi sembra essere definitivamente preclusa."

-----------------------------------------------------------

Avevo trovato questo pezzo su Facebook durante i giorni olimpici, mi ero riproposto di farci un pezzo perche' da uomo di sport che di sport vive non potevo far passare sotto silenzio una cosa cosi' triste ma emblematica del mondo in cui viviamo. Il saltatore in lungo greco citato nella seconda parte dell'articolo e' quello che inaspettatamente all'ultimo salto ha vinto relegando i 2 cubani in testa fino a quel momento al secondo e terzo posto. Senza quel salto Cuba avrebbe chiuso il medagliere undicesima subito dopo l'Italia e non sedicesima che resta comunque un risultato prodigioso, sopratutto per i noti problemi che attraversa la maggiore delle Antille. La stragrande maggioranza dello sport nel mondo non e' quello lustrini e modelle che ci consegna il calcio oppure quello discretamente ricco di volley, basket, pugilato e tennis. Lo sport di cui sentiamo parlare ogni quattro anni e' quello silenzioso ma fatto di fatiche quotidiane da atleti che possono permettersi di essere tali perche' lo stato si occupa di loro. Cosa sarebbe la maggioranza dello sport italiano senza i gruppi sportivi militari? Cuba sarebbe una potenza dello sport mondiale senza il massiccio intervento statale in ogni settore? Quello che accade a questi poveri atleti greci e' vergognoso, atleti che portano lustro al paese costretti a campare con 250 euro al mese e a mangiare alla mensa dei poveri. Lo sport di elite ha sempre regalato ai protagonisti una vetrina grazie alla quale riescono a fare una buona vita e questo succede anche a Cuba. Credo che la Silva, i pugili, i lottatori, Pupo ed altri campioni abbiano una bella casa, un auto moderna e godano di benefit che la loro condizione di glorie del Deporte garantisce. Ma questo avviene nel Socialismo in cui il resto della popolazione mantiene queste glorie sportive che portano gloria e felicita' a tutti. Avviene anche dove lo stato si accolla i costi come avviene coi nostri atleti con le stellette. Ma dove non c'e' il Socialismo e dove lo stato se ne fotte troviamo episodi come quello in questione che se capitano in una sconosciuta nazione africana non attirano attenzioni ma se si verificano in Europa, nella terra grazie alla quale le Olimpiadi esistono, allora e' una botta al cuore di chi ama lo sport. Vi ho gia' raccontato delle difficolta' che gli atleti di Cuba devono affrontare per allenarsi che si sommano con i pochi viaggi per confrontarsi con gli altri atleti nel mondo, dal confronto con i migliori si diventa migliori...Pero' nessun atleta cubano deve andare alla mensa dei poveri per vivere, magari non nuotera' nell'oro ma puo' campare con dignita' e con  l'orgoglio di rappresentare il proprio paese.

“Quando senti dolore. È quello il momento in cui puoi fare la differenza”

Eddy Merckx, il ‘Cannibale’

DIARIO DI BORDO