mercoledì 1 novembre 2017

SERATE



Oggi passare una serata a Las Tunas e' piuttosto semplice.
Oltre alla celeberrima discoteca ci sono i miei amici Carlo e Antonello col loro locale “Bella Vita”, c'e' il Cache, il Ranchon, nel fine settimana il parque tematico, mi pare che abbiamo aperto pure un'altro locale, ma saro' piu' chiaro al mio rientro a fine anno.
Non sara' La Habana o Santiago ma i locali dove passare una buona serata non mancano sicuramente.
Quando il vostro umile scriba sbarco' in citta' la situazione era differente.
Alla sera o c'era la discoteca oppure passavi le ore seduto con gli amici sulle panchine del parque, con una boccia di ron piu' o meno buono.
Ne ho passate tante di serate cosi', vi assicuro che era come fare un tuffo nel passato, come quando da ragazzi passavamo le serate estive sulle panchine torinesi discutendo dei massimi sistemi (figa e calcio) in attesa di decidere come passare la serata....che intanto passava.
La discoteca di Las Tunas e la sua gnagneria erano conosciute in tutta l'isola.
Sul discorso di frequentare una discoteca possiamo aprire una doverosa parentesi.
La maggior parte di stranieri che frequentavano e frequentano Cuba sono ultraquarantenni, gente che in discoteca ci andava oltre 20 anni prima, diciamo oramai un filino al di fuori da certi contesti.
Per me la situazione era differente, lavorando nei villaggi la discoteca faceva parte del secondo tempo della serata, il primo era lo spettacolo.
Da animatore avevo l'obbligo di passarci almeno una mezzora, da Capo Villaggio quello di controllare che i miei ragazzi quella mezzora la passassero davvero.
Il tutto era il preludio per il terzo tempo, inevitabile, che rendeva quel lavoro malpagato il migliore del mondo.
Quindi ero avvezzo a quegli ambienti, sapevo come vestirmi e come muovermi a differenza della maggior parte degli stranieri che frequentavano la disco, unicamente, perche' era il solo posto dove si poteva passare la serata incontrando gnagna.
Era palese che quasi tutti fossero assolutamente fuori posto, non si tratta di una critica, solo di una constatazione.
La discoteca di Las Tunas si chiama Luanda in onore della capitale Angolana, conosciamo il legame fra i due paesi.
In realta' veniva e viene chiamata la Bolera perche' in realta' era in origine una pista da bowling.
Le due realta' hanno convissuto a lungo fino, a quando qualcuno si e' reso conto che la patonza rendeva di piu' delle palle.
Se non ricordo male costava 5 dollari a cranio, per noi yuma, mentre i cubani con la stessa cifra entravano in 2.
A differenza di cio' che avviene oggi, si poteva tranquillamente incontrare la fanciulla normale, tranquilla, che pur non disdegnado situazioni extraterritoriali, tutto sommato veniva per divertirsi.
La cosa era ancora piu' accentuata al matine' della domenica pomeriggio, dove si entrava con 2 dollari a cranio.
In quella disco, immerso in quella peste di fumo, ci ho passato centinaia di serate tutte divertenti.
Mi sono rotto solo un po' le palle quando ci andavo gia' accompagnato, che era un po' come andare all'oktoberfest con la Peroni nel bagagliaio.
C'era davvero di tutto.
Puteria, mariconeria, vecchi stranieri, meno vecchi stranieri che si atteggiavano a latin lover (a volte l'ho fatto pure io ma per fortuna ho smesso presto).
Era bellissimo vedere gente del nostro continente, quasi sempre italiani, che al solo scopo di sentirsi “inseriti nel contesto” foraggiavano tavolate di scrocconi fino a notte fonda, rischiando poi di andare a dormire da soli.
Sia chiaro che, centinaia di volte, ho offerto molto volentieri da bere a una miriade di persone, ma perche' mi andava di farlo, mi piacevano quelle persone, non certo per fare il “cubano”.
Che donne fantastiche ho conosciuto in quegli anni in quella discoteca.
La maggioranza delle volte entravo con qualche amico cubano che conosceva tutti....alla fine era semplice entrare nel meccanismo sfruttando (perche' no?) il mio status di straniero non ancora col catetere basculante.
Se tutti i tavoli erano occupati, con 5 dollari, si risolveva la cosa....oggi e' piu' facile che sia il cubano ad offrirli allo straniero.
Chiassa' che fine hanno fatto quelle donne....
Molte sono chissa' dove, altre saranno al gabbio, altre sono madri e mogli piu' o meno felici.
Capita a volte, por la calle, di incontrare due occhi che ti sembra di conoscere, ma si tratta di voci lontane che cantano in un teatro troppo pieno.
E' capitato anche di passare belle serate in compagnia di italiani con cui stavo bene, a volte in compagnia di amici che rivedo ancora oggi volentieri.
Resto comunque un lupo solitario, a volte entravo per fare un giro verso l'una di notte.
Davo un dollaro al negron de la barra, oggi responsabile sicurezza del Bella Vita, ed entravo.
Prendevo una birretta, mi appoggiavo da qualche parte e vedevo come buttava la serata, chi c'era, chi valeva la pena.
Qualcuna arrivava sempre.
La gente veniva in disco per ballare e divertirsi, la musica non era la solita merda di reggaeton e tecno che si sente ora.
Oggi non balla quasi piu' nessuno, tutti con sti cazzo di telefonini in mano....ma questa e' la Cuba di oggi, inutile avere rimpianti.
Ho bevuto discretamente in quegli anni, non mi sono mai ubriacato pero'.
Primo perche' non mi piace esagerare, secondo perche' chi si ubriaca parte sempre dal presupposto che poi qualche coglione si debba poi occupare di lui, questo non rientra fra le mie priorita'.
Bevevo fino al punto dell'allegrotto..... ma oltre non mi spingevo.
Quando sei un po' su di giri sei anche piu' spontaneo, cadono inibizioni e sei anche piu'....stronzo divertente.
Cercavo anche di non portare a casa gente ubriaca, solo una volta una tizia mi vomito' in camera, era bellissima ma si era bevuta un tanke di qualunque cosa entrasse in un bicchiere.
A volte svegliandomi al mattino mi fermavo a guardare un corpo perfetto e a ringraziare gli Orishas di tanta generosita'.
Altre volte mi chiedevo come cazzo questa tipa ci era finita nel mio letto maledicendo gli Orishas per non essere stati al mio fianco nel momento della scelta.
Alla fine pero', con tutte, e' valsa la pena amici miei.

M&S CASA PARTICULAR HA AGGIUNTO UNA CASA

24 commenti:

  1. ALESSANDRO ZARLATTI - BLOG "IL BELLO DELL'AVANA"

    Che Guevara, la solitudine dell'eroe

    Si chiude ottobre e in un certo senso si chiude un intero mese dedicato alla figura del Che a cinquant'anni dalla sua morte. Per questo, alla periferia dei clamori e degli slogan incrociati dei simpatizzanti e dei detrattori, mi piace parlarne a bassa voce, così, anche solo per salutarlo. Diciamo intanto che io mi posiziono nella schiera dei simpatizzanti e, boh, mi verrebbe da dire, nella schiera di quelli che gli vogliono bene.
    Sì, perchè con il Che, a differenza della maggior parte dei personaggi illustri del 900, quello che ti lega è una specie di filo sentimentale, una specie di catena invisibile che connette la gente buona. Mi accorgo di usare termini quasi infantili (voler bene, gente buona) ma il fatto che siano passati di moda non vuol dire per me che non abbiano senso. Una delle chiavi di lettura (non l'unica ovviamente) della storia può essere quella di dividere gli umani, soprattutto quelli che contano, tra quelli che stanno per il bene e quelli che stanno per il male. Questa specie di manicheismo a volte semplifica troppo ma a volte orienta. Credo che il Che stesse per il bene. Credo sia stato un uomo che voleva migliorare le condizioni di tutti, dare dignità, sorrisi. E credo volesse farlo davvero, in modo autentico, con il cuore. Credo che in questa battaglia, nata forse come il sogno spropositato di un ragazzo, come una guasconata, ci abbia preso gusto, sia cresciuta una vocazione profonda, sia diventata la sua pelle. Quella pelle che poi gli altri, visto il pericolo che rappresentava, gli hanno fatto. Non mi interessa molto analizzare il Che, sminuzzarlo, il politico, il guerrigliero, il pensatore, le scelte giuste, gli errori. C'è già chi lo fa molto bene. Trovo maggior gusto nel riflettere semplicemente sulla malinconia dell'eroe che gli si leggeva negli occhi. Nelle foto. Nelle parole. Quel senso di fine e quella enorme solitudine. Quella responsabilità verso il mondo che gli si andava costruendo addosso in modo incontrollabile. Il Che, non più il dottor Ernesto Guevara de la Serna, assillato dall'asma e dalle donne, ma un simbolo, un'icona, quella carne, ossa e sogni dove andavano a catalizzare ed esplodere le speranze di un pianeta intero devastato dall'ingiustizia. Ho sempre trovato di grande ispirazione il suo profilo intimo, direi, quei sorrisi mai felici per intero, quel senso di fine malinconica che attraversava ogni riga dei suoi diari in Bolivia. Mi sembra ci fosse un uomo che - mai dimenticarlo: è fatto di battiti e paure, di malinconie e di ricordi, come tutti - era irreparabilmente diventato ostaggio di se stesso, della sua bellezza, dei suoi sogni immensi, della sua imprevedibile ascesa nell'immaginario collettivo. La solitudine dell'eroe. Questo sarebbe il titolo di qualcosa su di lui, per me. Quella condanna a vivere in una terra di mezzo disabitata in cui non sei più un semplice uomo ma sei pur sempre un uomo. Dove non puoi condividere con nessuno questa vertigine, dove sei costretto a morire da eroe, appunto, perchè la morte arriva presto per uno così, e lui lo sapeva. Una canzone di Guccini recita: "gli eroi son tutti giovani e belli" e a me questa frase ha sempre fatto pensare al Che. Espropriato della sua semplice vita di uomo e diventato una speranza di tutti. Con un sorriso triste.

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  2. Nel bel mezzo di un durissimo assedio internazionale la Repubblica Bolivariana dà prova di forza e robustezza economica

    A dar credito alla narrazione dominante sul Venezuela il paese sudamericano sarebbe sull’orlo del default. Corrisponde al vero? La risposta è no. La situazione economica di certo non è rosea, ma il paese non rischia la bancarotta come si vorrebbe far credere.
    A testimoniarlo c’è il processo avviato da Petróleos de Venezuela (Pdvsa) - la compagnia petrolifera statale - per il pagamento degli interessi agli obbligazionisti detentori di bond con scadenza 2020, cedola 8,5%, per un totale di 841,88 milioni di dollari.
    La compagnia petrolifera statale, dunque, nonostante l’assedio internazionale, la caduta del prezzo del petrolio, la guerra economica e le sanzioni imposte dagli Stati Uniti onora i suoi impegni internazionali mostrando forza economica e robusta capacità di produzione.
    L’operazione finanziaria viene effettuata in conformità alle condizioni prestabilite nei documenti prodotti nell'ottobre 2016.
    «PDVSA, come azienda leader nello sviluppo dell’economia nazionale, così facendo conferma la sua responsabilità verso gli investitori, la comunità internazionale e il popolo venezuelano, dimostrando con i fatti che la Siembra Petroliera portata avanti dal Comandante Supremo, Hugo Chávez, è lo strumento per promuovere la costruzione di un nuovo modello economico più giusto, equilibrato e sostenibile per combattere povertà ed esclusione sociale», si legge in un comunicato stampa diffuso dalla compagnia petrolifera venezuelana.
    Il Venezuela attraverso la sua compagnia di Stato ha onorato tempestivamente gli obblighi, smentendo la campagna diffamatoria condotta dal circuito informativo mainstream, nazionale e internazionale, volta a destabilizzare il paese in una fase delicata di assedio internazionale.

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    1. Ho visto il servizio delle iene che hanno coinvolto una attrice venezuelana e sono andati in venezuela con camera nascosta....stanno messi male male male....una file immensa per comprare il poco che c'è, medicine non c'è quasi nulla, non è neppure paragonabile con cuba....e le iene sono abbastanza imparziali....io non posso dire perchè non ci vivo e nn ci sono mai stato prima però chiedevano chi era pro e chi contro solo 1 su 10 era pro....guardati il servizio...sicuramente l'economia del popolo è al controcaffè ...ben oltre la frutta. non è una questione di ideologia ma di realtà dei fatti....nel servizio dicevano: è così non ci resta che andare in strada e protestare

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    2. Visto che le Jene non sono ancora diventati riferimenti culturali.....facciamo che sentire anche altre campane...
      http://www.lantidiplomatico.it/dettnews-tutte_le_bufale_del_servizio__delle_iene_sul_venezuela/5694_21941/

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  3. Pensa che anch'io che le odio a Cuba vado in discoteca. Giuseppe

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  4. Ti sei perso le disco di quegli anni....tipo il Las Americas di Santiago...che roba...

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    1. C'è ancora il Las Americas...parli della discoteca davanti l'hotel Melià a Santiago? Ci andavo fisso quando ero di base a Santiago

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    2. Si
      So che aveva chiuso per....droga, poi aveva riaperto, ora non saprei.

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  5. hola! i primi anni de la capital quando stavo fisso mi piaceva molto la farandula ed anche li succedevano cosas ricas ...... poi l'ho vista come una tappa obbligata quando non avevo già contatti ed ora come una perdita di tempo anche perchè se non si riposa non si può essere performanti nemmeno con aiuti. Ci vado solo quando ci sono artisti e si riempie a tappo, con los dueños prendiamo un tavolo lui, moglie, io ed amica mi piace vedere la varia fauna gozar e poi tutte le tipe in tiro non solo para resolver. La disco Luanda me la ricordo per le tipe scatenate che ballavano a lo loco, anche quando all'epoca erano in trasferta nelle disco habaneras las orientales si riconoscevano subito mas descaradas ed oltre a buscarsela si vede che si divertivano nell'ambiente disco. Cose da vedere e vivere. chao Enrico

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  6. Ad ogni cosa il suo tempo, adesso a 46 anni in disco ci vado solo se sono in compagnia di amici, altrimenti nisba, preferisco più una serata asando un puerco en el campo, bevendo e mangiando con pochi amici ma giusti

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    1. Io ho sempre cercato di fare entrambe le cose, fin che posso continuo cosi'.

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  7. Scriba ho visto che vai dal 13 al 27 dicembre...tu arrivi io parto....con chi hai preso il volo? Hai trovato boleto barato?

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    1. Air France a 496 euro.
      7/8 giorni a Tunas poi mi sposto verso La Habana

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  8. Ci sono alcune discoteche a La Habana dove se non sei in tiro e conosci qualcuno alla porta te ne stai fuori. Frequentate dalla gente bene della capitale. https://www.youtube.com/watch?v=OCwlyZbbA48

    Simone M&S

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    1. Guardati il video che ho postato. Mi piacerebbe vedere i tizi con il pacchetto delle sigarette arrotolato nella manica della maglietta di tre taglie più piccola in un posto del genere...

      PS. Quante tope...

      Simone M&S

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    2. Quelli oramai si infilano ovunque....

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  10. il las america a santiago è aperto ciccio simone il romagnolo

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  11. Penso che gli anni migliori per la discoteca,siano stati quelli tra la fine dei novanta e i primissimi duemila....(Io parlo della situazione Habanera...perchè purtroppo non sono mai stato più ad oriente di Trinidad..),...le serate partivano con un pò di Salsa...Manolin...Isaac Delgado...Paulo FG....e continuavano con la Dance,tipo Gigi D'Agostino,ecc....ora purtroppo c'è solo quella merda di reaggeton...! Il Johnni e il Comodoro erano le mie preferite...grandi serate..! Ma forse parlo così...perchè allora avevo vent'anni...blanco79

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  12. In effetti la musica di quegli anni si poteva ascoltare.
    Oggi e' tutta la stessa merda, oltre al raeggeton passano quell'"unza unza" che ha rotto le palle pure da noi.

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  13. BERTO SAVINA COLPISCE ANCORA....

    https://www.islalocal.com/la-compania-italiana-italsav-junto-trd-caribe-inauguraron-este-jueves-la-ciudad-cienfuegos-mercado-agua-jabon/

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  14. francesco olivo

    La rivolta della Catalogna finisce in carcere. È durissima la decisione dell’Audiencia Nacional, il tribunale che giudica i reati commessi in tutto il territorio nazionale: carcerazione preventiva per tutti i ministri dell’esecutivo di Puigdemont, che hanno sfidato le leggi spagnole per tentare di fondare un nuovo Stato. Una svolta drammatica di una crisi che la politica non riesce ad affrontare, e che consegna a un movimento indipendentista diviso, dei martiri da vendicare politicamente alle elezioni del 21 dicembre.
    La Catalogna è sotto choc e non solo la metà secessionista. Colpire la Generalitat, dopo il commissariamento della scorsa settimana, viene vissuta come un’umiliazione pesante da molti. Appena si sparge la notizia, vengono rispolverate categorie che suonano vintage nell’Europa del XXI secolo: «Libertà per i prigionieri politici», recita uno striscione esposto dal Comune di Barcellona.
    Dopo giorni di smarrimento, gli indipendentisti tornano in piazza: alle sette della sera, in tutta la Catalogna si radunano decine di migliaia di persone che restano in silenzio davanti ai municipi. Le proteste, come sempre da queste parti, sono pacifiche, ma la tensione aumenta e i leader, attraverso gli avvocati, fanno un appello «alla tranquillità».
    In manette finiscono il vicepresidente (decaduto) Oriol Junqueras, e sette «ministri»: Jordi Turull, Raúl Romeva, Josep Rull, Dolors Bassa, Meritxell Borrás, Joaquim Forn e Carles Mundó. Sfuggono alla detenzione, almeno per ora, l’ex presidente della Generalitat Carles Puigdemont e i quattro «consellers» che hanno trovato, con lui, rifugio in Belgio. Si salva anche Santi Vila, il ministro che si è dimesso il giorno prima della dichiarazione di indipendenza, in forma di protesta, per lui viene decisa libertà dietro il pagamento di una cauzione.
    Il giudice Carmen Lamela, accogliendo la richiesta della Procura generale, ha riscontrato forti indizi di ribellione, sedizione e malversazione. Si tratta, nei primi due casi, di reati politici praticamente inediti in tempi di democrazia. Per giustificare la misura cautelare estrema, la magistrata intravede il rischio di fuga e di reiterazione del reato. Rimanda il suo destino la presidente Carme Forcadell, che, essendo ancora coperta da immunità, è stata ascoltata dal Tribunal Supremo, i cui giudici si sono mostrati più garantisti dei colleghi e hanno concesso ai legali una settimana di tempo per studiare le carte, visto che gli avvisi di garanzia sono arrivati a meno di 48 ore dalla convocazione. Stessa decisione per i membri della «mesa» del Parlamento, la commissione che decide l’ordine dei lavori della Camera catalana.
    A tutti vengono contestate le votazioni in parlamento, quelle del 6 e del 7 settembre, con le quali veniva istituito il referendum e la road map della secessione. E soprattutto la dichiarazione unilaterale di indipendenza di venerdì scorso.
    La mano pesante della giustizia era attesa, la giudice Lamela è la stessa che aveva inviato in carcere preventivo i due Jordi, i leader della società civile indipendentista, Cuixart e Sànchez, in cella ormai da più di due settimane per aver organizzato una manifestazione, mettendo a repentaglio la sicurezza degli agenti della Guardia Civil impegnati in una perquisizione.
    Le incognite sul futuro sono tante, fra meno di 50 giorni si vota e i partiti indipendentisti imposteranno tutta la campagna elettorale sulla repressione spagnola. Un voto dove l’indipendentismo si presenterà unito, magari allargando il campo al partito di Ada Colau e a Podemos. Un terreno scomodo per chi pensava alle elezioni come la fine della sfida all’unità di Spagna.

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