L'argomento e' gia' stato
ampiamente trattato ma, ad ogni mio viaggio, trovo nuovi spunti per
approfondire la questione.
Aprire e gestire un
locale, un paladar, una cafeteria, una gelateria, una cioccolateria,
un hostal o quello che volete voi a Cuba cosa comporta?
Cuba non e' su Saturno.
Le leggi non scritte che
regolano, in ogni paese al mondo, la gestione di un'attivita'
imprenditoriale valgono anche e sopratutto in un paese complicato
come Cuba.
L'idea del baruccio sulla
spiaggia dove “impegnare mezza giornata, per il resto mi faccio la
vacanza” e' una cazzata di dimensioni bibliche che ha fatto piu'
vittime che la guerra in Angola.
BISOGNA LAVORARE ED ESSERE
SEMPRE PRESENTI.
Sono mancato per 2
settimane dalla palestra, ho un socio in gamba che pero' non puo'
essere sempre presente, una dozzina di persone che ci lavorano, ma al
mio rientro ho trovato cose da mettere a posto e puntini da piazzare
sopra le I.
Siamo stati a Cuba nello
stesso momento io e il mio socio Simone, in questo modo, non essendo
sul pezzo, abbiamo perso alcune richieste su M&S che avrebbero
potuto portare pikiklini.
Se non ci sei non lavori,
se non lavori non porti a casa denaro.
Sembra una cosa limpida
come il sole ma non e' sempre cosi'.
Ho passato alcuni
piacevoli momenti al Bella Vita di Las Tunas, ho viaggiato da Parigi
col suo proprietario.
Quando lui e' presente
c'e' gente, tutto funziona, le cameriere attendono le ordinazioni
attente, con la divisa addosso e “occhiovivo”.
Il locale merita e ci si
sta bene.
Ma nei mesi in cui il
proprietario e' assente?
La mia e' una domanda non
retorica, perche' puoi anche mettere un cubano a cui dare le
responsabilita' ma chi ti assicura che il denaro incassato prenda la
giusta direzione, i liquori e l'olio non spariscano, il personale
rispetti le regole per cui e' ben pagato e via discorrendo?
Se il proprietario e'
sempre presente tutto fila liscio.....perche' se uno sa fare il
proprio lavoro basta un'occhiata, ma se e' assente?
Questo vale, ripeto, per ogni attivita' al mondo.
Gli Agnelli da decenni, delegano qualcuno a mandare avanti la baracca (Valletta, Romiti, Marchionne ecc)...ma loro sono sempre presenti e sul pezzo
A Tunas un italiano che
non conosco ha aperto nella via principale una piccola cioccolateria
dove fanno crepes con la Nutella.
Ci saro' passato davanti
una decina di volte, ho sempre visto solo le 2 dipendenti
sole...nessun cliente ma magari era solo un caso.
Gli ultimi miei 3 giorni
era chiusa, forse anche questo era solo un caso.
Prima di aprire
un'attivita', a mio modesto parere, occorre capire se il prodotto che
si vende e' appetibile ad un costo compatibile con le tasche di chi lo
deve acquistare.
40 pesos per una crepe.
Buona sicuramente ma il
cubano (a Tunas...a La Habana non so) con quei soldi si compera 7/8
pizze por la calle, pizze que llenano....che resta l'obiettivo di
ogni cubano incapace di cibarsi per il gusto di farlo.
I lungodegenti italiani
con 40 pesos pranzano in un sordido locale per 3 giorni, mentre al
turista di qualche giorno di farsi una crepe non puo' fregargliene di
meno.
Quindi per chi e' il
prodotto?
Basta spendere qualche
migliaio di cuc, metterci un paio di fanciulle per avere il successo
assicurato?
I fatti direbbero di no.
Nella spaghetteria del
buon Mario lui e' presente in tutte le 6 ore giornaliere di apertura;
cucina, intrattiene il cliente, fa il PR.
Le ragazze lavano i
piatti, servono ai tavoli preparano i conti che poi passano a Mario
per il controllo finale dove...ai buoni amici qualcosa viene tolto e
poi lo portano al cliente.
Il denaro finisce SUBITO
nelle tasche del proprietario, non scappa un cazzo, non sparisce un
centavos, ne' una bottiglia di olio d'oliva o di liquore.
Certo parliamo di pochi
tavoli in uno spazio ristretto ma Marione e' li', presente, attento a
tutto.
Alla fine su scala mensile
si mette in tasca 800/1000 cuc, ha casa, mangia da lui e si e' appena
comprato uno scooter.
Per qualita- prezzo resta
il miglior investimento che io abbia visto in citta'.
Ma lui e' li', ogni
giorno, ogni ora.
Continua....
PROMESSE ELETTORALI AD OGGI:
RispondiElimina-Via la legge Fronero
- Via il canone Rai
- Via il bollo auto
- Via le tasse universitarie
- Reddito di cittadinanza
- Peace and Love.
CHI PAGA?
Negli Stati Uniti -20 gradi
RispondiEliminaIn Australia piu' 47.
Si tratta ovviamente di fenomeni limite che pero' sono il termomento di un clima che sta' impazzendo, la natura si e' incazzata e prima o poi ci spazzera' via tutti da questo pianeta.
Come e' gia' avvenuto prima della comparsa dell'uomo qualche evento naturale ha fatto sparire tutto cio' che c'era prima.
Pero' vedo e leggo cose davvero comiche.
A gennaio nevica a....Cervinia....Minchia che novita'!
Pensavo fosse stagione di ananas....
Ieri hanno fatto vedere un filmato di Bardonecchia....dove nevicava.....azz.....
Eppure l'ultima volta che ci sono stato giurerei di avere visto piste da sci...
Davvero non si sa piu' come riempire i notiziari.
L'occhio del padrone ingrassa il cavallo
RispondiEliminaAntica saggezza contadina...
EliminaCome si puo' pensare di aviare un'attivita' senza il proprietario costantemente presente? Giuseppe
RispondiEliminaInfatti e' cio' che volevo dire....
Eliminahola! in effetti è una logica semplice da seguire ma sai l'esotismo di avere un qualcosa ai caraibi come quello di vantare una novia a 10.000 km di distanza prevale su tutto, infatti quando lo vedi capisci come funzionano realmente le situazioni al contrario di quello che raccontano. Quel ristoratore Marione ha invcece azzeccato stando coi piedi per terra. chao Enrico
RispondiEliminaUn conto e' cadere dal marciapiede, un altro dal decimo piano.
EliminaALESSANDRO ZARLATTI - IL BELLO DELL'AVANA
RispondiEliminaPochi giorni fa ho ricevuto la mail di un italiano che mi aveva chiesto a dicembre consigli per il suo viaggio a Cuba e in poche righe ha cercato di descrivermi l'entusiasmo e quel senso di prospettiva che lo porta a dire oggi che forse, (non è sicuro, forse...) un pensierino di trasferirsi a Cuba lo sta facendo. Per esperienza, una dichiarazione del genere ha un sottotesto ben chiaro.
Quel "forse" è una concessione al proprio censore interiore, che ha quasi sempre la faccia di una madre perennemente incazzata, per farlo stare tranquillo e anche un po' una giocata d'anticipo, come il miglior Cannavaro, per ripararsi dai fendenti dei professionisti del consiglio assennato e delle ricette per costruirsi, un mattoncino alla volta, una bella vita di merda. Chi parla così, da qualche parte della sua mente ha già completamente ceduto, ha sbracato, s'immagina nell'immancabile chiosco in riva al mare a shekerare caipiriñe, vestito come un coglione e a ballare con plotoni di mulatte consenzienti. In quel sottotesto c'è, infatti, anche qualche cubana che lo ha rivoltato come un pedalino e lo ha fatto innamorare perdutamente, promesse ben al di là del minimo buon senso, la ubriacatura violenta con quel cocktail che tutti conosciamo bene: fatto di aria vacanziera, di musica, di sole, di frasi tipo si-vive-una-volta-sola, di gente vera, di sorrisi veri, di ritmi umani, di assenza di sovrastrutture. Questo ed altro. Le dolcissime forche caudine nelle quali, con variazioni minuscole, siamo passati tutti. Quelli che lo dicono e anche quelli che dicono di aver scelto Cuba per il promettente rapporto tra Pil e coefficiente di crescita (?). Bene, l'entusiasmo de tizio mi ha fatto pensare di scrivere qualcosa sulla differente percezione che si ha di Cuba (come di qualsiasi posto, credo) quando si arriva come turista rispetto a quando ci si viene per vivere. È qualcosa che è necessario tenere in conto perché in molti casi questa differenza di lettura e le conseguenti emozioni che essa provoca, assume le caratteristiche della delusione cocente. Per chi realizza il sogno di trasferirsi in pianta stabile qui, può rivelarsi una scoperta difficile da superare. La nostra mente è strana: prova una situazione piacevole e pensa di poterla rivivere in eterno ricreando le stesse condizioni. Non è così. Possono non cambiare le condizioni mentre lentamente, ma inesorabilmente, cambiamo noi. Succede anche a Cuba. Passiamo i mesi a ricercare i nostri occhi della prima volta, quel nostro primo incontro, l'atterraggio, l'odore agrodolce che ti assale appena fuori dall'aeroporto, i primi sorrisi scambiati, quella sensazione di semplicità e di atterraggio, ancora una volta, come un ritorno, inspiegabile, fra gli esseri umani. E poi ci abituiamo. Perdiamo sempre, in ogni posto, lo stupore della prima volta (delle prime volte, va'). L'abitudine è l'allegato più logorante che io conosca. Corrode un po' tutto, relazioni, amicizie, luoghi, lavori. E allora fatichiamo a ritrovare la vertigine di quelle prime volte. Ogni tanto succede ma poco. Sempre meno.
Ricordo i primi tempi qui all'Avana, quando insegnavo all'Avana Vecchia, e mi sembrava incredibile andare a lavorare proprio in quel posto. Camminavo per quelle strade e non ci credevo. Le prime lezioni erano una fonte di emozioni intensissime. La dolcezza degli alunni cubani, la loro intelligenza, quei ritmi, quella tranquillità contagiosa. Oggi mi capita di percorrere quello stesso tragitto per impegni vari, per appuntamenti, per lavoro, e neanche ci faccio caso. Non sempre ma sempre più spesso. Mi sforzo a guardarmi intorno, a fermarmi. Quando m'impegno ci riesco. Rallento la mia tendenza alla corsa, alla concretezza, all'andare al succo. E poi osservo le mie lezioni. Sotto molti punti di vista hanno sviluppato una automaticità che era prevedibile ma che in larga parte combatto come un leone. Mi sforzo di cambiare ogni volta il metodo per insegnare un contenuto. Una guerra campale contro l'abitudine, la mia. E allora dov'è finita Cuba? Dov'è finito quel sogno, uguale a quello di mille altri, di mollare tutto e di andare a Cuba a vivere sul serio? Era un'allucinazione o era un'intuizione vera? Dunque, credo che la risposta a queste domande sia altamente soggettiva. Nel mio caso, stemperata l'effervescenza dei primi tempi, caduta quella patina superficiale di una Cuba tutta musica, socialismo, chiappe e rum (che poi esistono patine peggiori in giro, tutto sommato, bisogna dirlo...) resta la sensazione di fondo di stare nel posto che fa per me. Non ho molti argomenti per descrivere questa sensazione e rimane inevitabilmente vaga però è forte ed è la ragione principale per cui non mi muovo da qui. In tutti gli altri posti del mondo (Italia per prima) io non mi sento bene. Sono scomodo, fuori luogo. Un po' come quando sei ospite da qualche parte e non vedi l'ora di scappare per andare al bagno di casa tua. Mi rendo conto della bassa metafora ma la sensazione è quella. A Cuba sto a casa, nel mio bagno, con tutta la mia estraneità, con tutta la mia lista dettagliata di cose che mi fanno schifo, con tutta quella consapevolezza di sogni e aspettative che sbiadiscono, ecco, con tutto questo, resta la mia camicia sbrindellata che preferisco, quella senza marca e un po' lisa sulle maniche ma che non cambierei con niente al mondo. Lo scenario cigolante che, se lo guardo da qui, oggi, ha già una prospettiva, una storia che amo, dalle mille luci dei primi tempi a questa specie di intimità profonda di oggi, a questi rumori più tenui. Luoghi che parlano di storie sovrapposte, strade quartieri, muretti, che parlano di me e mi parlano. Ecco, se dovessi descrivere quello che cambia, quello che si trasforma negli occhi di un viaggiatore che decide di mettere radici è questa aggiunta interiore di possessivi in ogni angolo. Oggi potrei parlare del mio tragitto tra calle 16 e calle 8, della mia pizza a 10 pesos di calle 70, della mia corsa notturna sull'autobus 20 che solo io so, che solo L'Avana sa. Se dovessi parlare della differenza sostanziale direi che alla passione si sostituisce l'amore e l'amore è proprio l'opposto delle passioni. Forse è anche per questo che molti che vengono, poi, finita la festa, vanno via. Per l'amore c'è un impegno interiore a cercarsi nelle rughe dell'altro, nei suoi lineamenti che perdono effervescenza, forse anche nelle passioni che perdono forza. E l'amore non è da tutti. Per una persona come per una città. Diventa il gusto profondo di non essersi lasciati la mano. Finita la festa, appunto.
RispondiEliminaCome non esser d'accordo? Ovviamente, in qualsiasi attività, non solo in un bar-ristorante, l'occhio del padrone ingrassa il cavallo
RispondiEliminaPoi, altrettanto ovviamente, a Cuba come nel resto del mondo, é molto difficile che un padrone lavori e/o sia presente durante tutto l'orario di apertura quando questo é di 16-20 ore filate
Poi si potrebbero fare molte altre considerazioni sulle specificità di un'attività a Cuba ed alcune di queste sarebbero riferite alla aspettative ed agli obiettivi di chi si lancia in un'avventura di questo tipo sull'isola grande. Situazioni soggettive che potrebbero giustificare qualsiasi investimento dalla "cioccolateria" al "BellaVita" passando per la "spaghetteria" di Marione
poi con piú calma commenteró altri passaggi...
Cocoloco
Quando parlo di proprietario presente in loco, ovviamente, non parlo della sua presenza attiva per h24.
RispondiEliminaPero' un conto, come deterrente, e' il fatto di....arrivare qualche ora dopo, un altro...mesi dopo.
Ovviamente dipende dagli obiettivi, c'e' chi DEVE farlo per poter campare e chi affronta una sfida come soddisfazione personale.
Pero' gente che butta via soldi, nel 2018, se ne incontra sempre meno, quindi anche chi....non avrebbe bisogno di guadagare....perlomeno fa attenzione a non perderci.
Siamo pur sempre a Cuba e se si sottrae tempo a la playa e ad altre cose appaganti....perlomeno ne deve valere la pena.
Poi ognuno e' dueno del proprio borsillo, ci mancherebbe.
Ovviamente sono sostanzialmente d'accordo con quello che dici... ma la presenza del padrone non va intesa solo come "deterrente". In un bar-ristorante bastano minuti per rubare, si puó fare in vari modi ed anche con il padrone presente
RispondiEliminaPer quanto mi riguarda la presenza del padrone é importante soprattutto per garantire accoglienza, pulizia e massima qualità del servizio e dell'offerta
Poi come dici siamo a Cuba, anzi a Las Tunas... e sulle cose appaganti si potrebbe discutere a lungo... e con qualche esempio magari capirebbe anche chi parla di "esotismo di avere qualcosa ai Caraibi"
Cocoloco
Certo ma io credo che il compito primario di un proprietario sia quello di far funzionare al meglio il suo staff e questo e' possibile con una presenza il piu' costante possibile.
RispondiEliminaPoche regole, rispetto reciproco, poca democrazia e tutto procede al meglio.
Poi, sia chiaro, le mie sono considerazioni che lasciano il tempo che trovano, nessuno deve sentirsi offeso o messo in discussione per nessuna ragione.
Ragazzi....qua' il piu' sano ha le croste...