domenica 23 settembre 2018

MI CASA



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Mi casa ya no existe.
Somos muchos los que, por diferentes motivos, un día decidimos dejar nuestra casa, familia, amigos y amor para irnos a otra tierra a empezar de nuevo.Sin ventajas, sin enchufes, sin apoyo, sólo con la maleta llena de trapos inadecuados para el invierno, ilusiones, un título enrolladito (que sigue enrolladito y sin homologar). Un bolsillo escaso del dinero reunido durante el proceso de indecisión, y por si acaso, con las groserías bien aprendidas en todos los idiomas posibles, para por lo menos saber cuándo nos estaban insultando. Muchos hemos querido alguna vez tirar la toalla más de una vez y mandar a donde se merecía al ignorante de turno, agarrar el primer avión cuando no teníamos cerca a nadie que nos hiciera un caldo de pollo para pasar la gripe. Muchos gastamos todo lo que nos sobraba del sueldo en tarjetas, recargas, y cuanto medio nos permitiera seguir en contacto con los que se quedaron en casa o con los otros que estaban desparramados por el mundo.                   Muchos hemos tenido que auto-cantarnos el feliz cumpleaños, cenar solos en Navidad, trabajar en Año Nuevo para que el trago fuera menos amargo. Muchos nos estamos perdiendo los momentos importantes en la vida de nuestros seres queridos, no sólo la cotidianidad, sino esos momentos memorables. Somos los eternos ausentes en las bodas, nacimientos, graduaciones, incluso de los funerales . Nuestro amor, dolor, llanto, melancolía, es como el valor en el servicio militar, se presupone. Nos hemos convertido en facebook-instagram-whatsapp-dependientes.                                    Hemos hecho nuevos amigos, formado una familia o hemos sido adoptados por la de otros. Nos hemos acostumbrado al frío o al calor, a que por estos lugares nadie hace cola para usar el transporte público, a caminar sin aferrar la cartera como si se tratara de la vida, a usar los hospitales públicos, a no dejar la luz encendida, a abrir las ventanas antes que encender el aire acondicionado, a dejar las frutas tropicales para los momentos especiales.                                                                               Hemos aprendido a cruzar la calle por donde se debe, conducir como se debe, bajar y subir por donde se debe, a sentarnos en el autobús o ir apretados pero nunca colgando en la puerta, al silencio, a los parques con los columpios puestos, a la basura en los basureros, a la radio, al acento de Los Simpson, a cargar muchas moneditas en el bolsillo y reírnos solos pensando que rompimos el cochinito. Hemos aprendido a explicarle al carnicero cuál es el corte de carne que queremos para hacernos una comida. Se nos ha hecho un nudo en la garganta cuando vemos que aquí botan lo que allá tanta falta hace. Hemos sido hormiguitas ahorradoras para organizarnos unas vacaciones en nuestra casa.
Nosotros no somos millonarios porque ganemos en dólares, euros o libras, no somos extranjeros porque tengamos doble nacionalidad. Somos un montón de gente que se ha jugado… y puso lo que tenía que poner, tanto como en nuestro propio país, pero con las oportunidades que allí no nos jugaban a favor. Nosotros somos testigos del cambio, porque para poder ver la totalidad de las cosas, hay que tomar distancia. Somos unos nostálgicos permanentes que añoramos el lugar donde nacimos y crecimos, pero el que era cuando nos fuimos… no el de ahora y que ya no reconocemos.    Nosotros somos esos con amigos en todo el mundo, somos de esos que entendieron que las fronteras solo vienen en los mapas dibujadas, que siempre tenemos visita en casa, que enviamos cosas y pedimos encargos, esos mismos que sufrimos paranoias nocturnas preguntándonos si nuestros seres queridos están en casa sanos y salvos y que aunque estemos pasando un mal momento siempre le decimos a nuestras madres que “estamos bien”. Somos de esos que cuando el teléfono suena de madrugada ya contestamos casi llorando, algo nos perdimos. Nosotros somos los que hacemos reír a nuestros nuevos amigos, los que les decimos que tienen que conocer el país más lindo del mundo… A todos los que como yo dejamos nuestra tierra les digo: ¡¡¡Somos auténticos guerreros, nunca se dobleguen ni tiren la toalla!!!
¡¡¡A POR LA VIDA!!!!
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Argomento estremamente delicato che affronto, per rispetto, in punta di piedi. Noi italiani siamo stati, stiamo tornando ad essere, un popolo di emigranti, di gente che ha lasciato tutto cio' che aveva per cercare fortuna altrove. A volte incontrandola, a volte no. I nostri bisnonni hanno lasciato l'Italia per sfuggire alla fame e alla miseria, chi lo fa oggi parte in cerca di nuove opportunita', lasciando un paese che poco o nulla ha ancora da offrire. Basta guardare le immagini di minatori in Belgio a inizio secolo per capire che razza di vita aspettava i nostri in quelle terre, inizialmente poco propense ad ospitarli. L'emigrazione non e' stata solo un fenomeno meridionale, i piemontesi sono emigrati in Francia, in Belgio, in Sud Africa, moltissimi in Argentina, nella zona di Cordoba dove, non a caso, si produce un ottimo vino. Quindi quando si parla di emigranti, noi italiani, abbiamo e avremo sempre voce in capitolo.   Stare lontani dal proprio paese, dalle proprie radici, anche se si pensa sia poco cio' che si lascia, non e' mai semplice. Senza fare alcun paragone che non avrebbe senso con gli esempi che ho riportato sopra anche io, per lavoro, sono stato fino a 7 mesi lontano dall'Italia. Certo parliamo di posti esclusivi, spiagge da sogno, trattato bene quindi nessun paragone fuori luogo, ma la nostalgia di casa era la stessa. Comprendi il legame che ti lega al tuo paese quando sei lontano per lunghi periodi, ti riscopri italiano non per stupidi e fuori luogo discorsi di Patria, ma perche' il tuo paese e' dentro di te, in tutto cio' che fai. E' nel tuo modo di parlare, nel gesticolare, nel cibo, nel modo di pensare, nei gesti, nei sorrisi, nel pianto. Chi non lo ha mai lasciato per lungo tempo non puo' capire.
I cubani hanno un attaccamento alla loro terra forse ancora maggiore del nostro, vuoi perche' sono convinti di essere i migliori la mondo, vuoi perche' lasciano la piu' bella terra su cui occhio umano si sia mai posato, vuoi perche' in Patria non e' che facessero poi questa grande vitaccia. Ho perso il conto delle cubane che all'exterior mi hanno detto che con una rendita di 300 euro al mese tornerebbero a Cuba domani e di quelle che, vivendo in patria, che si accontenterebbero di meno per...non pensare di andarsene. Sono scelte.                                                                                           Nessuno obbliga nessuno a fare nulla, sai che se te ne vai lasciando cio' che conosci per andare verso cio' che ti e' sconosciuto.                                                                                Abbandoni una vita comunque sicura per avviarti verso un tipo di societa' altamente competitiva, dove di sicuro ci sono solo morte e tasse. Il rimpianto per cio' che ci si e' lasciati alle spalle ci sta' tutto, ma a volte e' la vita che ti indica la strada da percorrere, il destino e' quello che ti succede mentre fai progetti.

23 commenti:

  1. 25 marzo 2017 - Milano

    Schiacciatore potentissimo e spettacolare come solo i cubani sanno essere. Ha cambiato le sorti di tutte le squadre in cui ha giocato vincendo tantissimo in tutto il mondo ma ha anche sprecato qualche ghiotta occasione. Fisico atletico, longilineo, non troppo muscoloso. Armonioso nei movimenti. Bellissimo da vedere giocare, piace molto alle donne. Una vita sportiva tormentata come molto suoi compagni cubani ma lui non è “scappato” ha aspettato con pazienza i tempi lunghi della burocrazia. Un assurdo caso di doping mai risolto. Gioca come italiano e ne avrebbe fatto volentieri a meno, ma il volley è la sua vita, il tempo passa e non ha avuto scelta.
    Cosa cambieresti?
    “Concordo quasi tutto tranne che non sono potentissimo, io sono più tecnico. E’ la tecnica che mi da continuità. Io, senza presunzione, potrei stare anche una settimana senza toccare la palla e poi ci metto un attimo a ritrovare i colpi. Ho vinto tanto e ho anche perso tanto perché, perché non lo so…. Mi viene in mente la finale contro la Lube quando mi sono venuti i crampi e Rado mi ha chiesto il cambio e gli ho detto di no perché l’anno dopo sarei andato a Kazan e volevo chiudere vincendo l’ultimo scudetto con Trento. Giusto o sbagliato non lo so, forse se fossi uscito e fosse entrato Lanza potevamo vincere”.
    E’ la sconfitta più dolorosa?
    “No, la sconfitta più dolorosa è quella di Rio, per me era un sogno andare ai Giochi e una finale è il top. C’è mancato poco e dopo la finale ho pianto perché secondo me è stata un’occasione persa. Non ci capiterà più di arrivare in finale dopo un percorso come quello, contro il Brasile in casa loro. Secondo me è stata la nostra peggior partita all’Olimpiade, c’è mancato poco. È stato un 3 a 0 bugiardo, 26 a 24, un pallone dubbioso … ma è inutile che sto qua a lamentarmi. Io sono contento lo stesso per me è una medaglia olimpica è il top”.
    Nello sport si vince e si perde, com’è la bilancia tra vittorie e sconfitte?
    “Per adesso più vincente perché penso di aver vinto più finali di quante ne ho perse. Spero di continuare ma, vincere è difficile ma riconfermarsi ancora di più e poi cambiando squadra, ambiente è ancora più difficile. In Italia il campionato è il più forte e il più equilibrato del mondo. Tutti i campioni sono qua. Mi ricordo che qualche anno fa, con tuti il rispetto, con Latina o Milano bene o male vincevi, adesso tutti vogliono vincere. In Italia ci sono moltissimi giocatori e allenatori che capiscono di volley. Non è come a Kazan dove ci sono fenomeni come Leon, che secondo me è il miglior giocatore del mondo. In Russia e in Polonia il volley è molto fisico; ci sono tanti ragazzi giovani che saltano “4 metri” ma gli manca la tecnica. In Italia invece lavorano molto sulla tecnica e sulla tattica ed è molto più difficile”.
    Joel Despaigne, il capitano della nazionale cubana degli anni 90, prima di ogni partita radunava i suoi compagni al centro del campo e urlava: Cuba! E tutti rispondevano: Siempre. Poi fissandoci con sguardo aggressivo e provocatorio ci urlavano in faccia: Fuego. Questa è la mia immagine dei cubani, un popolo di meravigliosi atleti, orgogliosi di essere cubani e dei pessimi avversari! Ti riconosci in questa descrizione dei cubani?
    “In quel periodo la pallavolo cubana era al top. Io ero un bimbo che ha seguito tutte quelle battaglie. Cuba era una squadra fortissima anche se non potevano uscire. Sai bene quando vai fuori, ti confronti con altri giocatori il tuo livello cresce”.

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  2. Com’è cambiata negli ultimi 20 anni il concetto di sentirsi cubani nello sport?
    “A Cuba ha una tradizione sportiva molto bella, tutti fanno sport fin da piccoli. Il baseball è il primo sport ma la pallavolo è uno sport molto amato. Noi cubani giochiamo per la bandiera, siamo cubani e vogliamo dimostrare al mondo intero che pur essendo un paese bloccato, siamo al top. Ogni giorno in palestra facciamo sempre di più, gli allenatori s’incazzano perché vogliamo dimostrare a tutti, che in tutti gli sport che siamo i migliori. Per questo quando vinciamo prendiamo la bandiera, perché è un orgoglio essere cubano, vivere così in un paese chiuso che non ti lascia fare nulla, dove le condizioni non sono al top e comunque dimostriamo al mondo che ci siamo e che ci saremo”.
    A Roca chiedevi le scarpe vecchie quando sapevi che gliene avevano date di nuove.
    “Ma è vero, non mi vergogno. A noi juniores davano 2 paia di scarpe all’anno e le davano solo ai migliori. In quei tempi le scarpe Nike o Adidas costavano 70 dollari e dovevano comprarle i genitori. Alla nazionale seniores ogni volta che andavano all’estero gli davano un paio di scarpe nuove e Alain Roca aveva il mio stesso numero di scarpe e io gli chiedevo: ‘Alain potresti darmi le tue scarpe usate?’ ‘Ma certo ci mancherebbe’ e io facevo i salti di gioia; le scarpe da Rocha il mio idolo, allenarmi con le sua scarpe! Non mi vergogno e non mi dimentico mai da dove sono venuto per arrivare fino a qua”.
    Da una tua intervista “Spero che Trump non riveda gli accordi raggiunti con Obama”.
    “Io adesso vivo qua ma il pensiero è sempre ai miei cari, io vorrei che Cuba si aprisse come un Paese normale. Obama ha aperto le porte ma poi è arrivato Trump e dicono che voglia cambiare tutto. Io spero che non succeda perché sono 50 anni che viviamo così e la gente non ce la fa più. Mi auguro per tutti i cubani che si trovi un accordo e che tutto vada per il meglio”.
    Articolo del 2009: Osmany Juantorena nella sua scheda mette la vita di Che Guevara come libro preferito e si dichiara ghiotto di banane fritte, Articolo del 2016: “Amo fare shopping, stare con gli amici e dormire. Sono un dormiglione”.
    “E’ vero è cambiato tutto. Io amo il cibo cubano, mi piace molto ma non è adatto al lavoro che faccio e devo stare attento alla dieta. Ma non nascondo che mi piace moltissimo fare shopping, entro in un negozio e se mi pace qualcosa lo compro. E per quanto riguarda il riposo io devo sempre riposare, prima di una gara, prima di un allenamento, sempre!”
    Hai avuto infortuni importanti a un ginocchio e a una spalla ma non sei mai finito sotto i ferri. A 31 anni cosa ti dice il corpo?
    “Conosco bene il mio copro e so bene cosa posso fare e dove posso arrivare. Ho avuto 2 infortuni gravi: 2 anni fa mi sono strappato il tendine del ginocchio in Turchia. Tutti dicevano che mi sarei dovuto operare ma poi il Dott. Mariani mi ha proposto di fare il PRP (con una macchinetta fanno qualcosa al tuo sangue e poi lo iniettano) e vediamo come va. Fortunatamente è andato tutto bene, ho lavorato moltissimo e sono guarito”.
    Tutti gli allenatori che hai avuto ti hanno permesso di gestirti?
    “Si, io non sono uno che ha bisogno di fare 3 ore e mezza di allenamento. Quand’ero giovane si ma adesso no, non ha senso. Per me è sufficiente 1 ora ½, 2 al massimo. C’è qualcuno deve fare di più, ma a me basta meno”.
    Blengini com‘è cambiato nel corso degli ultimi 2 anni?
    “E’ cresciuto e ha imparato tanto con la Lube e con la nazionale. E’ un allenatore giovane con tante idee e continuerà a crescere perché di volley ne capisce e ha avuto la fortuna di avere questo gruppo di giocatori”.
    Se rinasci, che sport vorresti fare?
    “Baseball, il lanciatore, l’ho fatto e mi piace tantissimo”.
    Se rinasci e fai ancora volley, in che ruolo vorresti giocare?
    “Sempre lo stesso”.
    ANDREA ZORZI

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  3. Bisognerebbe far diventare "casa" il luogo in cui si vive.Giuseppe

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    1. Non e' facile
      Per lustri casa mia e' stata la camera o il resort che mi davano quando lavoravo in giro per il mondo.
      Casa...e' un'altra cosa.

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  4. Torino: Sirigu, Izzo, NKoulou, Moretti, Aina Meite Rincon Baselli Berenguer, Zaza Belotti

    Napoli: Ospina; Hysaj, Albiol, Koulibaly, Luperto; Callejon, Rog, Hamsik, Verdi; Mertens, Insigne;

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  5. hola! deve essere sempre una decisione difficile ci vuole tanta motivazione. Se non hai legami familiari troppo grandi, cosa impossibile per i cubani, è tutto meno doloroso. chao Enrico

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  6. Anche perché spesso a 90 miglia da casa ci sono altri parenti che aspettano.

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  7. Stesso risultato del torino hahahaha w juventus

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    1. Anonimo...senza firma...nascosto.
      Eh si...sei proprio un perfetto bianconero...:-)

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  8. Nel frattempo, in Blue Panorama...
    https://www.albanianews.it/notizie/albania/albania-comandante-ubriaco

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    1. Piuttosto che volare ancora con loro metto in mare la canoa...

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  9. C'è un programma su Real Time che parla di coppie miste, va in onda la domenica e mia moglie è entrata in fissa.
    In sostanza qualche allocco trova una mignotta in rete e ci casca con tutte le scarpe, oppure qualche culona inchiavabile (cit. ex capo di governo nostrano) che trova qualche disadattato che se la monta e lei non glielo vuole più ridare manco se glielo ordina il giudice.

    Finito il programma scoppia la discussione su cosa significa lasciare casa, la famiglia e il paese. Io che non ho patito questo tendo a riportarla sul semplice meretricio e sul fatto che, gira che ti rigira, alla fine non siamo mai contenti di quello che abbiamo. "Loro" vogliono venire "qui", e noi vogliamo andare "là".
    Non è bello ciò che è bello, è bello ciò che non hai. E' proprio una cosa intrinseca dell'essere umano.

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    1. La rete e' diventata un immenso immondezzaio dove sempre piu' gente infila le mani peggiorando ulteriormente la cosa.
      Forse 10 /15 anni fa chi partiva andava incontro a un mondo nuovo oggi....sanno tutto...maomeno.

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  10. Ciao a tutti,
    Una domanda fuori tema:
    Fino al mese scorso erano possibili due proroghe al visto di entrata..Proprio oggi un mio amico che è ad Holguin è andato a fare prima proroga e gli è stato detto da immigracion che sono cambiate le norme ed è prevista una sola proroga quindi totale 60gg totali è si dovrà lasciare paese...Ma Vi risulta?mi pare molto molto strano
    Andrea M.

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    1. Non saprei dirti, so solo che ogni provincia a seconda del suo jefe fa cio' che vuole.
      Quando a Tunas ti davano 60 giorni a La Habana regolarmente 90.

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    2. Grazie mille ....immaginavo variasse da provincia a provincia ed ora me lo confermi ...la cosa strana è che lui é tornato a metà agosto ed é ripartito dopo una setimana ed in precedenza gli avevano fatto due proroghe senza storie...ora invece alla scadenza primo mese gli hanno detto subito che tra 30 giorni di proroga deve levare tende
      Andrea M.

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  11. In realta' non credo sia una cosa troppo istituzionale il fatto che ogni provincia faccia il cazzo che vuole...ma succede.
    Se sei un habanero e vuoi stare a Tunas nessuno ti rompe i coglioni ma se un tunero...o meglio una tunera vive a La Habana allora sono casini.
    Funziona cosi'.

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  12. Si da agosto sono cambiate le regole danno 60 giorni

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  13. Se posti come anonimo a te ne restano decisamente meno...

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