venerdì 15 marzo 2019

MEDIO AMBIENTE



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RIFLESSIONE DEL COMANDANTE EN JEFE
 
Martedì 13 Luglio, durante la mia riunione con gli economisti del CIEM, ho parlato con loro dell'eccellente documentario del regista francese Yann Arthus-Bertrand, a cui hanno partecipato le più illustri ed informate personalità internazionali. Tratta dell'altro terribile pericolo per la specie umana che sta accadendo davanti ai nostri occhi: la distruzione dell'ecosistema.  Il documentario afferma in modo chiaro e lapidario:  
"Nella grande avventura della vita sulla Terra, ogni specie deve giocare un ruolo, ogni specie ha il suo posto.  Nessuna è inutile o dannosa, tutte si bilanciano.  E lì è dove tu, homo sapiens, essere umano intelligente, entri nella storia.  Ti benefici di una favolosa eredità di 4.000 milioni di anni, fornita dalla Terra.  Hai solamente 200.000 anni, ma hai già cambiato il volto del mondo."  
"L'invenzione dell'agricoltura ha cambiato la nostra storia.  È stato meno di 10.000 anni fa."   
"L'agricoltura fu la nostra prima grande rivoluzione.  Derivò dalle prime eccedenze e permise la nascita di città e civiltà.  I ricordi di migliaia di anni alla ricerca di cibo, svanirono.  Avendo fatto del grano il sale della vita, moltiplicammo il numero delle varietà ed imparammo ad adattarli ai nostri suoli ed ai nostri climi.  Siamo come tutte le specie della Terra.  La nostra principale preoccupazione giornaliera è quella d'alimentarci.  Quando il suolo è meno generoso e l'acqua diventa scarsa, siamo capaci di fare sforzi prodigiosi per estrarre dalla terra il sufficiente per continuare a vivere."  
"La metà dell'umanità coltiva la terra, oltre tre quarti con le mani.” 
"L'Energia pura. L'energia del sole, catturata per milioni d'anni da milioni di piante, oltre 100 milioni d'anni fa.  È il carbone.  È il gas.  Però è soprattutto il petrolio." 
"Negli ultimi 60 anni, la popolazione della Terra si è quasi triplicata.  Oltre 2.000 milioni di persone si sono trasferite nelle città."   
"New York.  La prima megalopoli del mondo è il simbolo dello sfruttamento dell'energia che la Terra fornisce all'ingegno umano.  La manodopera di milioni di immigranti, l'energia del carbone, l'indispensabile potere del petrolio.  Gli Stati Uniti furono i primi a cavalcare il fenomenale, rivoluzionario potere dell' "oro nero". Nei campi, le macchine rimpiazzarono gli uomini.  Un litro di petrolio genera così tanta energia quanto 100 paia di mani in 24 ore." 
"Producono grano a sufficienza per nutrire 2.000 milioni di persone.  Però gran parte di  quel grano non è usato per nutrire la gente.  Qui, come in altre nazioni industrializzate, è trasformato in cibo per il bestiame oppure in biocombustibile." 
"A perdita d'occhio, fertilizzante sotto, plastica sopra.  Le serre di Almeria, in Spagna, sono l'orto d'Europa.  Una città di vegetali di volume uniforme aspetta ogni giorno che centinaia di camion li portino ai supermercati del continente.  Quanto più sviluppato è un paese, più carne consumano i suoi abitanti.  Come si può soddisfare la domanda mondiale senza ricorrere a fattorie di bestiame stile campo di concentramento?  Sempre più veloce.  Come il ciclo di vita del bestiame, che forse non ha  mai visto un pascolo." 
"In questi lotti, pieni di milioni di capi di bestiame, non cresce un filo d'erba.  Una flotta di camion da ogni angolo del paese portano tonnellate di grano, derivati della soia e proteine che si trasformeranno in tonnellate di carne.  Il risultato è che sono necessari 100 litri d'acqua per produrre un chilogrammo di patate, 4.000 litri per un chilo di riso e 13.000 litri per un chilo di carne di manzo.  Senza citare il petrolio bruciato nel processo di produzione e nel trasporto." 
"Sappiamo che la fine del petrolio a buon prezzo è imminente, ma ci rifiutiamo di crederlo." 
"Los Angeles.  In questa città, che s'estende per oltre 100 chilometri, il numero d'automobili è quasi lo stesso di quello degli abitanti." 
"Il giorno non sembra altro che il pallido riflesso delle notti che trasformano la città in un cielo stellato." 
"Dappertutto macchine che scavano, estraggono e strappano dalla terra i pezzi di stelle sepolte nelle profondità dai tempi della creazione.... Minerali." 
"…l'80 %o di questa ricchezza mineraria è consumato dal 20 % della popolazione mondiale.  Prima della fine di questo secolo, l'eccessivo sfruttamento minerario avrà esaurito quasi tutte le riserve del pianeta." 
"Dal 1950, il volume del commercio internazionale si è moltiplicato di venti volte; il 90 % del commercio è via mare. Ogni anno vengono trasportati cinquecento milioni di container, inviati ai maggiori centri di consumo…" 
"Dal 1950, la pesca è quintuplicata, da 18 a 100 milioni di tonnellate metriche all'anno.  Migliaia di navi-fabbrica stanno svuotando gli oceani.  Tre quarti delle zone di pesca sono esaurite, svuotate, o in pericolo d'esserlo."  
"Cinquecento milioni d'esseri umani vivono nelle terre desertiche del mondo, più di tutta la popolazione d'Europa messa insieme."  
"Israele ha trasformato il deserto in terra coltivabile.  Anche se adesso queste fattorie sono irrigate goccia a goccia, il consumo d'acqua continua ad aumentare insieme alle esportazioni." 
"Quello che un tempo fu il potente fiume Giordano, ora è solo un ruscello; la sua acqua è volata nei supermercati di tutto il mondo nelle casse piene di frutta e vegetali." 
"L'India corre il rischio di diventare il paese che più di tutti soffrirà la mancanza d'acqua nel prossimo secolo.  La massiccia irrigazione ha alimentato la sua popolazione in crescita e negli ultimi 50 anni sono stati scavati 21 milioni di pozzi."  
"Las Vegas è stata costruita nel deserto. Vi vivono milioni di persone.  Altre migliaia ne arrivano ogni mese.  I suoi abitanti sono tra i più grandi consumatori d'acqua del mondo." 
"Palm Springs è un'altra città del deserto con una vegetazione tropicale e lussuosi campi da golf.  Quanto tempo ancora potrà continuare questo miraggio?  La Terra non può sopportarlo." 
"Il fiume Colorado, che porta acqua a queste città, è uno di quei fiumi che ormai non arrivano più al mare."  
"La scarsità d' acqua potrebbe colpire 2.000 milioni di persone prima del 2025". 
"Tutta la materia viva è collegata:  acqua, aria, terra, alberi." 
"I boschi primitivi forniscono un habitat per tre quarti della biodiversità del pianeta, ossia, di tutta la vita sulla Terra."  
"… in soli 40 anni, il bosco pluviale  più grande del mondo, l'Amazzonia, è stato ridotto di un 20 % e sono stati creati ranch per il bestiame e fattorie per la coltivazione della soia; il 95 % di questa soia è usata per alimentare il bestiame e gli animali da cortile in Europa ed in Asia.  Così un bosco è trasformato in carne." 
"Oltre 2.000 milioni di persone, quasi un terzo della popolazione mondiale, dipende  ancora dal carbone.  Ad Haiti, uno dei paesi più poveri del mondo, il carbone è uno dei principali beni di consumo della popolazione."  
"Sulle colline di Haiti, rimane solamente il 2 % dei boschi"…  
"Ogni settimana, oltre un milione di persone aumenta la popolazione delle città del mondo.  Un essere umano su sei vive adesso in un ambiente precario, insalubre e sovrappopolato, senza accesso ai bisogni quotidiani,  come acqua, drenaggio, elettricità.  La fame si sta diffondendo un'altra volta.  Colpisce quasi 1.000 milioni di persone.  In tutto il pianeta, i poveri lottano per sopravvivere, mentre continuiamo a scavare per risorse senza cui ormai non possiamo vivere."  
"Le nostre attività liberano quantità gigantesche di anidride carbonica.  Senza renderci conto, molecola, dopo molecola, abbiamo pregiudicato il bilancio climatico della terra." 
"La coltre di ghiaccio dell'Artico si sta sciogliendo per l'effetto del riscaldamento globale;  in 40 anni ha perso il 40 % del suo spessore.  La sua superficie in estate si restringe anno dopo anno.  Potrebbe scomparire nell'estate del 2030.  Alcuni dicono del 2015". 
"Entro il 2050 un quarto delle specie terrestri potrebbe essere minacciato dall'estinzione." 
"… siccome la Groenlandia si sta rapidamente riscaldando, l'acqua dolce di tutto un continente fluisce verso l'acqua salata degli oceani."  
"Il ghiaccio della Groenlandia trattiene il 20 % di tutta l'acqua dolce del pianeta, se si scioglie, il livello del mare salirà di circa sette metri.  L'atmosfera del nostro pianeta è un tutto indivisibile. È un bene che tutti condividiamo."  
"Nel paesaggio della Groenlandia stanno apparendo dei laghi.  La coltre di ghiaccio si sta sciogliendo ad una velocità che 10 anni fa nemmeno gli scienziati più pessimisti avrebbero previsto. Questi fiumi alimentati dai ghiacciai si stanno sempre di più unendo ed emergono in superficie.  Si credeva che l'acqua si sarebbe congelata nelle profondità ghiacciate.  Al contrario, fluisce sotto il ghiaccio, portando la coltre di ghiaccio verso il mare, dove si rompe e si trasforma in iceberg." 
"Il riscaldamento dell'acqua ha causato, solamente nel XX secolo, un innalzamento di 20 centimetri.  Tutto diventa instabile.  Gli scogli di corallo sono estremamente sensibili al benché minimo cambiamento della temperatura dell'acqua; il 30 % è scomparso.  Sono un anello essenziale nella catena naturale."  
"Se il livello del mare continua a salire sempre più velocemente, che cosa faranno le grandi città, come Tokyo, la più popolata del mondo?" 
"… in Siberia, ed in molte parti del mondo, fa così tanto freddo che il suolo è costantemente congelato. Si chiama permafrost.  Sotto questa superficie riposa una bomba climatica a tempo:  il metano, un gas effetto serra venti volte più potente dell'anidride carbonica.  Se il permafrost si scioglie, la fuoruscita di metano potrebbe causare che l'effetto serra diventi fuori controllo con conseguenze che nessuno può immaginare."  
"Il venti per cento della popolazione del mondo consuma il 80 % delle sue risorse." 
"Il mondo investe in spese militari dodici volte di più che in aiuti ai paesi in via di sviluppo." 
"Cinquemila persone muoiono ogni giorno poiché bevono acqua inquinata, 1.000 milioni di persone non hanno accesso all'acqua potabile." 
"Circa mille milioni soffrono la fame." 
"Più del 50 % del grano commerciato nel mondo è usato come alimento animale o biocombustibile." 
"Le specie stanno morendo mille volte più velocemente del ritmo naturale." 
"Tre quarti delle zone di pesca sono esaurite, ridotte o in pericolosa diminuzione." 
"La temperatura media negli ultimi 15 anni è stata la più alta mai registrata."  
"La coltre di ghiaccio è 40 % più sottile di 40 anni fa." 
Negli ultimi minuti del documentario, il regista Yann Arthus-Bertrand ammorbidisce il linguaggio per elogiare alcuni fatti positivi dei paesi che, senza voler offendere o ferire, ha dovuto menzionare. 
Le sue parole finali sono state: 
"È tempo di stare tutti insieme.  Ciò che è importante non è quello che se n'è andato, bensì quello che rimane. Possediamo ancora la metà dei boschi del mondo, migliaia di fiumi, laghi e ghiacciai e migliaia di specie. 
Sappiamo oggi che le soluzioni sono qui.  Tutti abbiamo il potere per cambiare.  Allora, che cosa stiamo aspettando? 
Dipende da noi scrivere la prossima pagina. Insieme." 
Il tema che ha occupato la maggior parte dei miei sforzi: l'imminente pericolo di una guerra che sarebbe l'ultima della preistoria della nostra specie, a cui, dal 1º  giugno, ho dedicato nove Riflessioni, costituisce un problema che s’aggrava di giorno in giorno. 
Come è logico, il 99,9 % delle persone annida la speranza che prevalga un elementare buonsenso. 
Sfortunatamente, per tutti gli elementi della realtà che percepisco, ormai non  vedo la benché minima possibilità che sia così. 
Perciò penso che sarebbe molto più pratico che i nostri popoli si preparino ad affrontare questa realtà. In questo consisterà la nostra unica speranza. 
Gli iraniani hanno fatto proprio quello, come abbiamo fatto noi nell'ottobre del 1962, quando optammo per scomparire piuttosto che piegare le nostre bandiere. 
Ieri come oggi fu per i disegni del caso, non per i meriti dell'intelligenza o della storia individuale di uno qualsiasi di noi. 
Le notizie che arrivano ogni giorno dall'Iran non si allontanano un millimetro dalla posizione indicata per sostenere i loro giusti diritti alla pace ed allo sviluppo, con un elemento nuovo: sono già riusciti a produrre 20 chilogrammi d'uranio arricchito al 20 %, sufficiente per costruire un ordigno nucleare, cosa che fa ancora di più impazzire coloro che hanno adottato da tempo la decisione d’attaccarli. L'ho analizzato venerdì 16 con i nostri ambasciatori. 
Nemmeno Obama potrebbe cambiarla, né ha mostrato in alcuna occasione la decisione di farlo.  
Questo scritto e’ una riflessione del Comandante en Jefe del 2010.
Aveva lasciato il potere da pochi anni, si stava riprendendo ed intanto lasciava ai posteri le sue riflessioni.
In questi giorni e’ tornato di attualita’ il problema di cosa fare del nostro pianeta, problema che, non a caso, e’ sentito maggiormente dalle nuove generazioni.
Il fatto e’ che i potenti della terra sono tutti vecchi o lo stanno per diventare, di conseguenza sentono di meno la necessita’ di fare qualcosa per salvaguardare il solo luogo, come disse JFK, che ci e’ stato dato per vivere.
I grandi paesi industrializzati se ne fottono delle emissioni, della pesca selvaggia, dello sfruttamento del sottosuolo, della distruzione dell'ecosistema, delle foreste che scompaiono e con loro le centinaia di specie di animali che hanno perso il loro habitat naturale.
Noi bene o male, per quel che ci resta da vivere l’abbiamo sfangata ma quale pianeta tramandiamo alle future generazioni?
Nessuno rinuncia ad un centesimo di profitto, a prescindere dai danni che si creano per generarlo questo profitto, questa nuova generazione di governanti sono legati alle lobby piu’ spietate che mai siano esistite.
Il clima e’ impazzito, ogni giorno siamo testimoni di cataclismi climatici a cui non eravamo abituati
Cuba e’ un piccolo paese che fa quello che puo’, un paese che cerca di preservare le proprie bellezze in mezzo a mille problemi economici e a una natura che troppo spesso fa pagare il suo prezzo salato.
Fidel, ancora una volta, aveva visto lungo. 

33 commenti:

  1. Altri Sud | LA STORIA DI ALESSANDRA RICCIO

    Di Cuba non si parla molto. Per la maggior parte di noi sta lì in un angolino della memoria a fianco alle immagini del Che che guarda verso il futuro con il basco in testa, a quella di lui morto che somiglia al Cristo di Mantegna, alle case colorate e alle automobili americane anni ’50.
    C’è capitato invece di conoscere una signora, napoletana, che a Cuba ha vissuto per sei anni, dal 1987 al 1993 e stava lì, all’Avana, come corrispondente di un giornale: L’Unità. Cofondatrice insieme ad altri e poi condirettrice insieme a Gianni Minà della rivista Latinoamerica, professore associato di Lingua e Letterature Ispanoamericane all’università di Napoli l’Orientale, autrice nel 2011 di Racconti di Cuba, da sempre attenta alle vicende ed alla letteratura del continente americano su cui tiene un blog.
    La rivista “Latinoamerica”
    L’abbiamo incontrata per caso alla proiezione di un film recentissimo sugli avvenimenti di Santiago del Cile ai tempi del colpo di stato di Pinochet contro il governo di Salvador Allende: Santiago, Italia.
    Prima della proiezione prende la parola questa signora col caschetto di capelli bianchi. La cosa più bella è che non urla concetti astratti, parla con calma ma profondamente. Dentro le sue parole l’intenzione suona vera, e allora ci viene subito l’idea di andarla a cercare nei prossimi giorni.
    Mi ricordo solo il cognome, poi la vedo sui social, in una foto di quella serata, e allora riesco a rintracciarla. Le scrivo, poi le telefono.
    Ho appuntamento in una mattinata di sole pieno, dopo due giorni di vento di grecale: l’aria è limpida e colorata d’inverno. Arrivo in bicicletta e la metto nel cortile.
    Mi accoglie nel soggiorno. Intorno sento la presenza di quadri molto belli, ma non ho il tempo di osservare: ha troppe cose da dire.
    Ero curioso di sapere da qualcuno circa i miei dubbi su quello stato strapieno di petrolio, il Venezuela, sotto attacco in questi giorni. Mi ha accolto a casa sua per rispondere ai miei dubbi.
    Poi mi viene l’idea che il Sud America sia un mondo così carico di belle energie e così poco raccontato dalle nostre parti che le ho chiesto se, quando vuole, mi racconta di Cuba, io sto solo a sentire.
    Alessandra Riccio
    Eccovi il suo primo racconto.

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  2. Oggi ho una domanda sola, le dico: vorrei ascoltare del tuo primo giorno a Cuba.

    Non mi risponde subito, ha un’altra cosa grande da dire.

    La lingua spagnola, devi sapere, anzi il castigliano, perché nella penisola iberica di lingue ce ne sono molte (il catalano, il basco, il gallego) è stata un modo di unire un continente.
    Perché con le caravelle di Cristoforo Colombo quelle lingue, in Sud America, sbarcarono tutte. Però poiché le disposizioni ufficiali da Madrid erano in castigliano, fu questa la lingua che prese il posto centrale, la lingua ufficiale, quella per comunicare al di fuori dei singoli gruppi linguistici particolari. Ecco perché sono contentissima che il prossimo salone del libro di Torino abbia messo questa lingua al centro, ed un libro bellissimo, di Julio Cortázar: “Rayuela” .
    All’inizio non avevo capito esattamente perché mi avesse detto tutto questo. Poi piano piano mi è stato chiaro che conteneva due grandi ragioni: la prima è che questa lingua sempre un poco bistrattata, considerata di serie B rispetto per esempio all’inglese e al francese, per una volta sarà al centro dell’attenzione; la seconda è che al centro ci sarà uno dei libri e degli autori da lei preferiti. Insomma, finalmente il mondo parla un poco, di nuovo, di loro.
    Una borsa di studio
    Va bene, ma tu volevi sapere del mio primo giorno a Cuba.
    Allora… io avevo vinto una borsa di studio del Ministero degli Esteri italiano, perché all’epoca c’era un istituto Italo Latino Americano, voluto da Fanfani (esiste ancora ma si è ridotto moltissimo) per gli scambi commerciali e culturali tra i due paesi.
    E allora, era la fine di settembre del ’77, o forse del ’78, parto per questi otto mesi nella capitale cubana.
    Era una mia passione perché in quegli anni del boom della letteratura latinoamericana, avevo letto alcuni romanzi per me molto importanti. Uno è proprio “Rayuela” (in Italia si chiama: “Il gioco del mondo”), un grande libro sentimentale, bellissimo, e poi avevo letto “Paradiso”, di Josè Lezama Lima, uno scrittore cubano.
    Questo secondo libro per me era stato proprio rivelatore, meraviglioso, tanto che avevo scritto all’ autore e lui mi aveva risposto un paio di volte. Allora volevo conoscerlo.
    Quindi andavo a Cuba soprattutto per questo scrittore e per un altro, di cui avevo tradotto un libro, che è Alejo Carpentier. Un grandissimo, anche questo, scrittore cubano. Perché, sai, all’epoca esisteva la “Editori Riuniti” che era la casa editrice del partito comunista e che quindi aveva questo sguardo su quelle cose del mondo. Era una delle cose che facevano parte di quella che, come diceva Rossana Rossanda, “era una grande costruzione”. Solo dopo molto tempo ho capito cosa volesse dire lei con quelle parole: il partito comunista era un insieme di tante cose, tra le quali tu potevi trovare quella che ti corrispondeva.
    Insomma piglio e vado.
    All’epoca non esisteva nessun volo diretto, però ti devo dire che, contrariamente ai racconti dei viaggi di molti, per esempio dei primi viaggi di Garcia Marquez, che per arrivare a l’Avana dovevano fare percorsi da giro del mondo, io fui molto fortunata.
    Mi pagai un viaggio in sole due tratte: Roma-Madrid, Madrid-l’Avana, con uno scalo intermedio alle isole Azzorre.
    All’atterraggio su quelle isole mi svegliai e mi sembrava un sogno: vedevo le palme, in mezzo a questo oceano Atlantico, sembrava l’avventura dei più famosi scrittori. A quei tempi gli aerei non erano affollati come oggi: era quasi tutto vuoto, per questo potevo dormire sdraiata su tutta la fila di sedili. Poi, mi ricordo, un signore messicano, seduto in una fila dietro la mia, mi offrì dello champagne. Insomma, mi pareva di vivere in un romanzo.

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  3. Atterrati a Cuba, quando si apre la porta dell’aereo ed esco dal portello l’impatto è forte: appena lasci l’aria condizionata dell’aereo è come entrare in una sauna, caldo umido, e poi il tropico lo senti anche perché ha proprio un odore.
    Scendo la scaletta, non c’è nessuno shuttle di collegamento, vado a piedi, in questo piccolo aeroporto scassatissimo, verso lo scalo e, in alto, leggo una scritta enorme:
    “Aeroporto Josè Martì, Cuba, territorio libre en America”
    In quel momento dici: allora è vero; capisci?… era emozionante.
    Due coinquiline sovietiche
    All’aeroporto mi viene a prendere una signora del Ministero degli Esteri cubano, a me e ad un signore di un paese dell’Est che non ricordo.
    Accompagniamo prima lui all’Hotel Nacional. Devi sapere che quell’albergo è un posto mitico: l’albergo dei grandi scrittori di passaggio per Cuba.
    Non me lo dice ma le devono essere passati nella testa almeno dieci libri che ne parlano. (Ma lei è sintetica. Si, questo è un mio problema: di una cosa voglio sempre estrarre il succo, non mi piace sbrodolare le cose).
    Poi la signora mi accompagna in una strada carina, con tanti alberi, dove c’è una villetta un poco sgarrupata pure questa, come quasi tutto. Quando c’è stata la rivoluzione a Cuba molti ricchi sono andati via, verso gli Stati Uniti, lasciando le loro case. Allora il governo le ha nazionalizzate. Era una di quelle case.
    Alla finestra, affacciate, c’erano delle ragazze giamaicane che avevano appeso alle grate degli slip e delle magliette ad asciugare. Era una casa di sole donne, ed era lì che sarei dovuta stare, in una stanza insieme a due ragazze sovietiche.
    Te la immagini tu una donna di trentacinque anni, con due figli, che deve fare la vita della studentessa fuori sede? Ecco, mi sentivo un poco spaesata. All’epoca facevo la radical chic capisci, mi dava fastidio.
    Appena arrivo le due ragazze mi dicono: dai stasera vieni con noi, ci vengono a prendere e ci portano al mare. Per me che il mare è un elemento imprescindibile della vita, la risposta fu“sì”, o forse neppure risposi. Ero appena arrivata, non ci stavo ancora capendo nulla, ero come un pacco postale, non decidevo niente, non davo nessun contributo.
    Mi ricordo solo che arrivammo sulla spiaggia. Le due ragazze e i nostri accompagnatori andarono a fare il bagno in slip e reggiseno. A me non sembrava… Va bene, punto, la scena finisce qui.
    Insomma: il caldo, lo sgarrupamento, le cucarachas, questi insettoni enormi che somigliano a scarafaggi che, mi dicevano: “stai attenta tu che hai i capelli lunghi perché quelli volano e possono impigliarcisi dentro”. Allora di notte dormivo come una specie di mummia: con la testa tutta avvolta nelle lenzuola, con quel caldo.
    Poi la mattina devi aggiungere che quelle due ragazze sovietiche, che si svegliavano molto presto per andare a fare del lavoro volontario prima di andare a studiare, (perché loro facevano parte del Komsomol, l’unione della gioventù comunista leninista) mi svegliavano portandomi, pensando di farmi una grande gentilezza, una bella tazza fumante di zuppa di verza, la loro colazione abituale.
    Altro che cappuccino, penso io. Penso che ti ho fatto un quadro della cosa almeno parziale. Che dire: annuisco senza fiatare.
    Poi a pranzo andavamo in una casa di fronte: lì c’era la mensa.
    Ti davano un piatto di alluminio con tutti gli scomparti. C’era soprattutto polenta (polenta? a 35 gradi? penso ma non voglio interrompere il filo del ricordo, o forse soprattutto questo suo parlare musicale) con un uovo, poi frutta, un bicchiere di ottimo latte, e il “dulce” che in realtà sono confetture di frutta. Insomma una cosa ben pensata, bilanciatissima da un punto di vista alimentare. Però lo dice con un tono che non capisco se è convinta o meno.

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  4. Il romanzo della rivolucion lo scrivi tu

    L’idea dei miei professori, all’Orientale, io all’epoca ero assistente ordinaria, era che mi dovessi occupare del “romanzo della rivolucion”.
    Una rivoluzione, dicevano, deve creare per forza la sua letteratura. Poi andando lì mi accorsi che invece era una stupidaggine enorme; casomai esiste il romanzo di quando finisce una rivoluzione, della decadenza di una rivoluzione, vabbè. E allora parto con quella idea nella testa.
    Si porta dietro quell’idea ma soprattutto mi portavo nella testa un sacco di libri che avevo letto sul Sud America e dei suoi scrittori.
    Il fatto che non esistesse un romanzo della rivolucion alla fine però fu il mio vantaggio perché la mia tutor mi disse: “va bene e allora vai in giro a parlare con gli scrittori cubani e quel romanzo lo scrivi tu”.
    Fu un’occasione unica: non avevo altri impegni da svolgere se non quello, avevo il motivo e tutto il tempo per poter andare in giro e farmi un’opinione.
    L’unico problema è che a L’Avana tutto era improbabile: gli autobus non passavano o quando passavano magari si rompevano, faceva un caldo tremendo e muoversi a piedi per quella città estesissima non era facile.
    Sti scarafaggioni in agguato e neppure mi potevo comprare il baygon perché anche se avevi i soldi per comprarlo, il baygon a Cuba non c’era proprio. Però passavano ogni quindici giorni a disinfettare la casa e ci portavano sapone, dentifricio… anche la cromatina per le scarpe, quegli scarponi che usavano all’epoca.
    Erano gli anni che chiamarono i “dieci anni grigi” poi i “cinque anni neri” perché il Che era morto, la “grande zafra” (la grande raccolta della canna da zucchero a cui Fidel aveva chiamato tutta la popolazione, con l’obiettivo di raccogliere dieci milioni di tonnellate. Arrivarono solo a nove) era fallita e allora l’Unione Sovietica li inizia ad aiutare economicamente; però in cambio vuole, da quel popolo così “variopinto”, almeno un po’ di disciplina.
    Allora hanno le divise: le donne con la minigonna ma di un tessuto sintetico molto spartano, la camicetta, e scarpe e scarponi da pulire con la cromatina.
    Una poliziotta cubana

    Una mattina mi ricordo che stavo aspettando alla fermata del bus e c’era un ragazzo che aspettava anche lui con in mano una fiocina per pescare, manco a dirlo, tutta scassata pure quella. Ad un certo punto vedo venirci incontro una poliziotta.
    Gli si avvicina e gli dice: “Ah mi amor, esto no esta bien, devi stare attento, sull’autobus con quello puoi far male a qualcuno”. Io rimasi esterrefatta da quel bellissimo modo di approcciare la cosa; piano piano imparavo cos’era davvero quella rivoluzione.
    Poi ogni tanto arrivavano dall’Italia i compagni del partito, con i viaggi dell’Unità.
    La cosa più divertente era che dopo tre minuti che erano sbarcati avevano già le soluzioni a tutte le inefficienze che vedevano in giro.
    Magari arrivavano e gli si avvicinava il facchino dell’albergo che voleva portare la loro valigia, e loro subito: “no, compagno! la porto io”, senza capire che lo stato aveva dato un compito a tutti, anche cose piccole magari, ma era un motivo per farli uscire di casa la mattina e fargli sentire che davano anche loro un contributo.

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  5. Per esempio all’Hotel Nacional, in ogni ascensore c’era una donna che non faceva altro che premere il pulsante del piano. Molte erano ex prostitute che in quell’albergo, prima della rivoluzione, avevano fatto quell’altro lavoro.
    Il problema era che quando si incontravano ad un piano, erano due ascensori uno di fronte all’altro, si fermavano a chiacchierare tra loro: “hai visto che è successo nell’ultima puntata della telenovela?…”, mentre la gente stava ai piani ad aspettare. Queste inefficienze erano quelle che ai compagni che venivano dall’Italia davano molto fastidio.
    Insomma ti devo dire la verità che fra tutte le arrabbiature, tutte le critiche, tutte le inefficienze, alla fine ho capito la cosa fondamentale, e cioè che quella rivoluzione, sempre, quando ha individuato l’errore, ha cercato di correggerlo. Che è la cosa principale, perché, come si dice: “nessuno nasce imparato”.
    Insomma anche se era il periodo grigio, quello sotto la cappa sovietica, come ti ho detto, era bello: ho imparato tante cose ma soprattutto si incontravano persone molto interessanti, molto aperte, molto cordiali. Anche se la vita, pure quella degli artisti, aveva i suoi problemi, come quella cappa di autocensura che ognuno si sentiva, perché qualunque cosa poteva essere interpretata come contro la rivoluzione.

    Una sorpresa quando torno a Napoli

    Poi c’è una cosa molto divertente che è successa a Cuba ma me ne sono resa conto solo quando sono tornata a Napoli.
    Un giorno stavo seduta sul marciapiede ad aspettare, come al solito, l’autobus, quando vedo passare un gruppetto di scrittori; tra i quali c’è anche Cortázar. All’epoca aveva circa 60 anni, ma lui, un uomo bellissimo, aveva questa cosa particolare che ne dimostrava sempre trenta. “Noi andiamo alla Bodeguita del Medio, vuoi venire?” mi dicono. Era il bar famosissimo dove andava pure Hemingway. Tra di loro c’era anche uno scrittore brasiliano, Ignacio de Loyola Brandão, molto amato da una mia collega dell’Orientale, e allora gli chiedo un’intervista da mandare a lei.
    Bene, dopo il mio ritorno a Napoli, incontro quell’amica e mi dice che Brandão le ha inviato il suo libro, anzi due copie, una anche per me.
    Quando lo leggo ci trovo scritto di una giovane donna vestita di bianco. Ogni tanto, lungo tutto il libro, compare, mentre l’autore si chiede chi sia questa donna che capisce non essere di Cuba; Poi, nel finale, scrive: “poi un giorno, mentre andavo con Cortázar ed altri amici alla Bodeguita del Medio la incontro e scopro che è una docente universitaria di Napoli”. Scopro così di essere diventata il misterioso personaggio di un libro di Brandão.
    Il mondo diventa, esattamente, come ce lo immaginiamo: lei tanto aveva sognato di libri che in uno, alla fine, c’era caduta dentro.
    La “trinità” rivoluzionaria: Fidel Castro, Che Guevara, Camilo Cienfuegos.

    Poi, per alcuni giorni, mi vennero a trovare i miei figli.

    Io ero separata; all’epoca c’era ancora il divorzio, ma se ne discuteva e si preparava un referendum abrogativo. Marito e figli arrivarono in un viaggio organizzato. La cosa divertente era che io dicevo, per esempio: “sappiate che qui gli autobus non passano mai”, poi andavamo alla fermata e l’autobus passava dopo pochi secondi. Oppure: “gli autobus qui sono affollatissimi”, e qualcuno appena saliti ci offriva di portare per noi i nostri pacchi.
    Quando sono ripartiti mi sono rasserenata e riconciliata con Cuba, forse perché non avevo più quella nostalgia inconfessata dei miei figli, tutto era diverso perché erano venuti qui e si erano divertiti.
    Va bene, il primo giorno te l’ho raccontato.
    Avete letto queste parole. Mentre parlava avevo mille domande, però non l’ho interrotta quasi mai: non volevo interrompere il suono, che ricordava quello delle storie raccontate con calma, nel silenzio, e che vengono da molto lontano.

    Testo di Francesco Paolo Busco

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  6. hola! ormai è troppo tardi per salvare il salvabile, al max si guadagna un pò di tempo ma d'altronde il progresso lo abbiamo voluto e ogni cosa ha pros y contras. Il problema più sentito sarà quello dell'acqua tra un paio di decenni. chao Enrico

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    1. Alla fine come siamo apparsi su questo pianeta...spariremo.

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  7. ciao milco sono gianni e ciao a tutti adesso capite perché un auto a cuba costa 100.000 cuc inquina, una macchina porta 5 persone e deve viaggiare piena e a cuba corrono piene li si ricicla tutto ed e giusto cosi ,il motto poco ma sempre

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  8. Ciao credo che sia lo stato a volerci fare il crestone.
    Sono cifre fuori dal mondo.

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  9. Cosa ne pensi della svedesina leader della protesta? Giuseppe

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    1. Dico solo che i giovani devono svegliarsi. Ieri era sciopero a scuola per il clima, al mattino i ragazzi invece di manifestare li avevo tutti in palestra...

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  10. Bello il racconto che hai postato. Anche se diverse, le mie emozioni nel primo viaggio erano altrettanto coinvolgenti!! Soprattutto quando si scende dalla scaletta dell'aereo e il caldo e l'afa tropicale ti circondano immediatamente.

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  11. In questo caso si parla della Cuba anni 70' che era davvero un altro mondo.

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  12. Milioni di giovani sono scesi nelle piazze di ogni angolo della Terra per difendere il proprio futuro e l'unica casa che hanno, la Terra. Chiedono "azioni concrete" per salvare il pianeta nella prima manifestazione globale per il clima, il 'Global Strike for future'. Hanno scioperato "da Washington a Mosca, da Beirut a Gerusalemme, da Shanghai a Mumbai perchè i politici ci hanno abbandonato" dice l'attivista sedicenne svedese Greta Thunberg, che ha dato l'origine alla protesta. Giovanissimi stanchi di aspettare trattative infruttuose di quei politici ben consapevoli della "verità sul cambiamento climatico e che ciononostante - come dice Greta - hanno ceduto il nostro futuro agli approfittatori". Una protesta che ha toccato tutti i continenti, coinvolto 100 nazioni e animato di persone, colori e slogan 1.700 città con cortei, comprese le città di nazioni tra le più inquinate al mondo come l'India, la Cina, la Russia e paesi

    "Tanti giovani ricordano a tutti e chiedono a tutti e soprattutto alle istituzioni, di agire per difendere il clima e l'ambiente sulla terra". Durante il suo intervento all'Università Politecnica delle Marche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha parlato anche dello sciopero globale per il clima che oggi ha portato nelle piazze tante persone, in particolare i giovani, per sollecitare misure di contrasto ai cambiamenti climatici e per la salvaguardia ambientale.
    Piccole, medie e grandi città italiane per un totale 182 piazze in cui oggi i giovani hanno dato vita allo sciopero per il clima. Niente simboli di partito o bandiere identitarie ma solo cartelli e striscioni sul tema dei cambiamenti climatici.
    "Siamo di fronte alla più grande crisi esistenziale che l'umanità abbia mai conosciuto e purtroppo continuiamo a negarla". Così la giovane attivista svedese Greta Thunberg, che è stata proposta per il Nobel per la Pace, oggi a Stoccolma davanti alle migliaia di persone, fra cui molti giovani, riunite in occasione della giornata per lo sciopero mondiale per il clima organizzato per chiedere interventi concreti contro i cambiamenti climatici e la tutela dell'ambiente. Secondo la giovane attivista la responsabilità per la crisi climatica è da attribuire alle generazioni precedenti. "Non siamo noi che abbiamo contribuito a creare questo stato di cose. Noi ci siamo nati dentro e dovremmo passare tutta la nostra vita e subirlo - ha aggiunto - ed è per questo che manifestiamo e continueremo a farlo".

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  13. TORINO (3-5-2): Sirigu; Izzo, Nkoulou, Djidji; Aina, Meité, Rincon, Baselli, Ansaldi; Zaza, Belotti All. Mazzarri

    BOLOGNA (4-2-3-1): Skorupski; Mbaye, Danilo, Lyanco, Dijks; Pulgar, Dzemaili; Palacio, Soriano, Sansone; Orsolini. All. Mihajlovic

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  14. Gol annullato al Bologna al primo minuto...dubbio...

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  15. Gooooollll autorete su tiro di Ansaldi...1-0

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  16. Lo stesso Var che le ha dato il rigore toglie il gol al Bologna...sempre 1-2...

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  17. 1-3 Bologna...almeno sono contento per Miha che rimpiango...

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  18. Risposte
    1. Santa Fe- Peccato, può capitare. Ora avanti. In ogni caso BELOTTI CAPITANO A VITA!

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    2. Giocando di merda certo che può capitare...

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    3. Santa Fe- Grifoni 2-0..come vedi anche i ricchi piangono.

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    4. Nel calcio come nella vita penso a fare bene io piuttosto di occuparmi degli altri...
      Hanno già vinto lo scudetto...sono sconfitte che non pesano.
      La nostra si...e parecchio.

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    5. Santa Fe- Una giornata storta può capitare, l'Atalanta dopo "quella" vittoria ha perso un sacco di punti, non siamo il Barca. Anche io normalmente penso al mio orto..ma se perdono la Champion faccio festa uguale, mi dispiace per i miei tanti amici gobbi ma non posso far finta che non ci abbiano RUBATO anni di derby.

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    6. Da tifoso mi va bene anche vincere al 90esimo con un rigore inventato ma da amante del calcio vedo che giochiamo da fare pena.
      Quasi nessuno in Europa gioca con 5 difensori.
      Se hai visto con Chievo e Frosinone è stata una pena.
      Il Bologna è venuto per giocare al calcio cosa che non sappiamo fare.

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    7. Santa Fe- Non posso darti torto, il bel calcio è da altre parti..i giocatori per esprimere qualcosa di meglio li abbiamo. Con il vecchio mister però non andava meglio, con l'affare Niang poi..

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    8. Mah...io con Miha spesso mi divertivo e non era un piangina.
      Per fortuna ha vinto solo la Lazio.

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  19. Volo Francoforte (Germania) a Varadero (Cuba): atterraggio d'emergenza all'aeroporto di Santiago di Compostela in Spagna. Segnalato principio d'incendio a bordo. Tutti illesi i passeggeri

    Brutta avventura per i passeggeri di un volo della "Condor". L'aereo, quando stava per sorvolare l'Oceano Atlantico, è stato costretto a tornare indietro e a fare uno scalo tecnico nell'aeroporto di Santiago di Compostela, nel nord-ovest della Spagna, per l’accensione di una spia d’emergenza che segnalava un principio d’incendio nella cabina, in particolare nella toilette del velivolo. A metà percorso alle 15:30, il pilota ha chiesto l'atterraggio di emergenza. A bordo del volo DE2198 sulla tratta Francoforte (Germania) a Varadero (Cuba) erano presenti 200 passeggeri e 7 membri dell'equipaggio. Il velivolo è comunque atterrato sulla pista, senza nessun problema e i passeggeri, tutti illesi, sono scesi normalmente dalle scalette dell’aereo. Sono intervenuti i vigili del fuoco, personale dello scalo spagnolo e i sanitari per verificare le condizioni dei presenti. Poco dopo l’atterraggio e l’uscita dei passeggeri, il velivolo è stato parcheggiato in un hangar per le necessarie ispezioni tecniche. La compagnia di bandiera ha garantito l'assistenza ai passeggeri. Condor, è una compagnia aerea leisure tedesca con sede a Francoforte sul Meno. Opera voli di linea verso destinazioni leisure nel Mediterraneo, in Asia, in Africa, in Nord America, in Sud America e nei Caraibi. Fuoco e il fumo sono tra gli incidenti più pericolosi a bordo degli aerei, evidenzia Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”,e sono quindi sempre trattati preventivamente dagli equipaggi come emergenza di alto livello, anche se successivamente si scopre che il problema è innocuo. Un atterraggio immediato è la procedura standard a meno che la fonte del fuoco o del fumo non possa essere localizzata e arrestata immediatamente.

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  20. il volo Roma Avana è stato annullato, Giuseppe

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