mercoledì 23 ottobre 2019

UNA POLVERIERA

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Rientrato in Italia ho dato una rapida occhiata ai nostri giornali per vedere se e come veniva affrontato il fatto che l'America Latina e' un'autentica polveriera, pronta ad esplodere sopratutto in quei paesi che hanno legittimamente scelto il liberismo come forma di governo.
A Cuba ho seguito sulle televisioni locali e su Telesur le vicende di quei paesi, vicende che da noi o vengono celate o distorte in modo che definire vergognoso non rende bene l'idea.
Parliamo di quei paesi la cui forma di governo qualcuno vorrebbe esportare a Cuba per ridurre la popolazione della nostra isola esattamente come e' ridotta quella di quei paesi.
Il Brasile e' una sorta di Santa Barbara che a breve esplodera' definitivamente, le proteste contro il Bolso aumentano di giorno in giorno, da piu' parti nel mondo si levano voci a favore della liberazione di Lula, ingiustamente incarcerato.
Se si rivotasse domani le cose andrebbero in modo diverso, la gente si e' gia' stufata di questo pagliaccio.
Gravissima la situazione in Argentina.
Il FMI ha rifiutato un ulteriore tranche di prestito in quanto quelli precedenti, invece di essere utilizzati per cio' che serve, hanno preso la via di ricchi conti esteri di amici di Macri ed altri buffoni simili.
Uno dei paesi la mondo con piu' risorse naturali e' in condizioni pietose, le immagini di intere famiglie con bambini che dormono per le strade di Buenos Aires hanno fatto il giro del mondo.
Fra poco si votera', speriamo che la formazione di Cristina, con lei in seconda battuta, riesca a riprendere il potere perche' la situazione e' davvero senza ritorno.
Giorni fa la gente e' scesa in piazza a Santiago del Cile sfasciando ed incendiando tutto, questo a seguito degli aumenti del prezzo dei trasporti e di altri servizi vitali per la povera gente.
Assalti della polizia, 15 morti, feriti, quasi 3000 arresti, un vero disastro per quell'altro imbecille di Pineda, il presidente cileno che ha dichiarato il coprifuoco e mandato l'esercito a sparare nelle strade come fece il suo idolo Pinochet.
Il Peru' ha cambiato governo, quello precedente e' affondato a colpi di corruzione esattamente come quelli precedenti del giapu e di sua figlia.
Si e' votato in Bolivia dove ha vinto Evo senza andare al ballottaggio, situazione tranquilla in Nicaragua mentre in Venezuela il peggio sembra sia passato e di Guaido' si sono perse le tracce dopo la manifestazione dei suoi seguaci che ha raccolto una folla oceanica di 50 persone.
Il Messico e' sulla strada del ripristino di un minimo di legalita' col suo nuovo governo progressista, la scorsa settimana c'era Diaz Canel in visita di stato.
Curioso come nelle “democrazie” la gente scenda in strada a spaccare tutto e i governi mandino l'esercito e i blindati a sparare, mentre nelle “dittature” tutto proceda in modo sereno...
Lascio per ultimo l'Equador. In questo paese, nel silenzio piu' totale sta' avvenendo un massacro nei confronti delle decine di migliaia di persone scese in piazza per protestare contro le medidas di quella merda di Moreno. Anche qua' il FMI ha dato soldi ma poi ha preteso una serie di riforme fra cui quella di togliere il contributo statale sulla benzina che e' passata da 1,2 dollari al gallone a quasi 3.
Qua' si e' trattato di vero e proprio tradimento perché la merda si era presentata alle elezioni come il successore di Correa e della rivoluzione ciudadana, due minuti dopo il voto si e' rimangiato tutto tanto che Correa oggi e' in esilio in Belgio, se rientra finisce al gabbio.
Il paese e' in guerra, il governo ha lasciato Quito e si e' trasferito altrove protetto da esercito e policia che sparano direttamente sulla gente scesa in piazza.
Se Maduro si fosse sognato di fare il 10% di tutto cio' chissa' cosa sarebbe successo.
Occorre capire perché se a Hong Kong e a Caracas la gente scende in piazza a protestare si tratta di martiri che vogliono liberare il paese da una feroce dittatura mentre se accade a Quito o a Barcellona si tratta di terroristi.
Se il Kosovo vuole uscire dalla Serbia, o ancora prima la Slovenia dalla Jugoslavia si tratta di popoli che anelano alla tanto sospirata liberta' mentre se la Catalogna si ribella...sono affari interni della Spagna.
Mettiamoci anche Erdogan e la sua invasione di parte della Siria a caccia dei Curdi che ancora una volta si sono fatti fottere dagli Stati Uniti, ancora una volta e' intervenuta Madre Russia a risolvere il problema in attesa che tutta la Siria torni sotto la guida del suo governo legittimo.
Bene Mattarella che gliele ha cantate al Trumpo sui dazi mentre l'idiota ricordava che i due paesi sono amici sin dai tempi dei romani...
Comunque il mondo e' un bel casino.

26 commenti:

  1. Cile, undici morti dall'inizio delle proteste. Il presidente: "Siamo in guerra"

    Cinque persone uccise nell'incendio di una fabbrica saccheggiata, altre due nell'incendio di un magazzino, due in quello di un supermercato ed una persona è morta a Santiago. Lo stato di emergenza esteso ad altre città oltre alla capitale
    SANTIAGO (Cile) - Cinque persone sono morte nell'incendio di una fabbrica di vestiti saccheggiata dai manifestanti a nord di Santiago. Sono arrivati a undici i morti dall'inizio degli scontri di piazza che stanno scuotendo il Cile. "Cinque corpi sono stati trovati all'interno della fabbrica, la morte è dovuta all'incendio", ha detto ai media locali il comandante dei pompieri di Santiago Diego Velasquez. Altri due corpi erano stati ritrovati in un supermercato nel comune di San Bernardo anch'esso saccheggiato e dato alle fiamme ed altri due, invece, secondo il giornale Bio Bio, in un grande magazzino di materiali per l'edilizia e il bricolage a La Pintana andato a fuoco durante il saccheggio. Una persona invece sarebbe stata uccisa dalla polizia a Santiago.
    il governatore della capitale, Karla Rubilar ha affermato che "ci sono stati tre morti l'altro ieri e otto morti ieri". "Siamo in guerra contro un nemico potente", ha detto il presidente Sebastian Sebastian Piñera."un nemico implacabile - ha aggiunto - che non rispetta niente e nessuno e che è pronto a fare uso della violenza e della delinquenza senza alcun limite".
    Il ministro dell'Interno cileno Andrés Chadwick, da parte sua, ha parlato di un bilancio di sette morti nelle proteste di piazza contro l'aumento delle tariffe, annunciando di avere esteso lo stato di emergenza, in atto da due giorni nella capitale, ad altre città del Paese. E mentre Santiago si appresta a vivere la sua seconda notte di coprifuoco, il governo fa sapere che finora sono state arrestate 152 persone per violenze, 40 per saccheggi e 70 per gravi aggressioni. Chadwick ha parlato alla Moneda, e non ha lasciato spazio alle domande dei giornalisti.
    Il ministro non ha fatto menzione, invece di un cittadino ecuadoriano morto durante alcuni incidenti fuori da un centro commerciale vicino a Santigo, colpito al torace, probabilmente da un agente. Proseguono intanto gli scontri e i saccheggi in tutto il Paese: "Siamo di fronte a una vera escalation che è indubbiamente organizzata per causare gravi danni al nostro Paese e alla vita dei cittadini", ha detto Chadwick, aggiungendo: "Noi che oggi in Cile siamo contro la violenza, dobbiamo agire insieme ed esigere che coloro che purtroppo non la condannano o la avallano o sono deboli per affrontarla si facciano sentire".
    Le proteste erano iniziate a causa di una aumento del costo dei biglietti dei trasporti pubblici ma, nonostante il ritiro del provvedimento da parte del governo di Sebastián Piñera, la protesta non si è fermata ed anzi si è allargata nonostante il coprifuoco decretato nel fine settimana. La gente è obbligata a restare in casa e non potrà uscire dalle 9 di sera alle 7 del mattino. Chi sarà costretto a farlo dovrà avere una autorizzazione speciale. Le strade e le piazze della capitale sono già presidiate dai carri armati e dai blindati dei militari che controllano il rispetto della misura. Si tratta di un provvedimento eccezionale, tipico dei paesi dell’America Latina.

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  2. Dopo quattro intense ore di trattativa è stato raggiunto questa mattina all’alba un accordo tra la delegazione degli indigeni ecuadoriani (Conaie) e il presidente Lenin Moreno. Dodici giorni di proteste, con un’enorme marcia che ha raggiunto la capitale Quito e una guerriglia che ha messo a ferro e fuoco la capitale del piccolo Paese andino, hanno costretto Moreno a cedere alle pressioni e a revocare il decreto con il quale cancellava il contributo statale per il carburante.
    Tutto torna come prima: il prezzo di benzina e diesel scende ai livelli pre-crisi e le associazioni degli indigeni, affiancate dai sindacati dei lavoratori pubblici, cantano vittoria. L’annuncio è stato dato dal rappresentante delle Nazioni Unite in Ecuador, Arnauld Perla, che assieme alla Conferenza episcopale aveva mediato in questa difficilissima e pericolosa situazione. “Si tratta di una soluzione per la pace e per il Paese”, ha aggiunto poco dopo lo stesso presidente Moreno. “Il governo sostituirà il decreto 883 con un nuovo provvedimento con meccanismi a favore di chi ha più bisogno”.
    Raggiungere l’accordo non è stato facile. Il presidente Moreno era fuggito a Guayaquil lasciando la capitale nelle mani di 25 mila indigeni giunti da tutto l’Ecuador. C’erano stati violentissimi scontri con i corpi antisommossa che a fatica avevano respinto diversi tentativi di assalto al Parlamento e allo stesso Palazzo presidenziale. La guerriglia era degenerata con saccheggi e devastazioni mentre gli indigeni prendevano possesso di Quito e si accampavano nei giardini e nelle piazze cucinando attorno ad enormi fuochi che con il fumo dei lacrimogeni rendevano spettrale tutta l’atmosfera.
    Durante uno degli assalti era stato bruciato l’archivio del fisco posto all’interno del ministero delle Finanze. Moreno aveva accusato l’opposizione e lo stesso ex presidente Rafael Correa, rifugiato in Belgio, di guidare le proteste con il chiaro scopo di andare a nuove elezioni e prendere il potere. Il rogo dell’archivio fiscale, aveva aggiunto, aveva distrutto le prove nei confronti del suo grande tutore con cui aveva rotto, appena eletto presidente. Erano intervenuti l’Onu, la Chiesa e altre organizzazioni internazionali per mediare.
    Una cauta apertura di un fronte degli indigeni ha creato uno spiraglio, sebbene fino alla fine, mentre le parti trattavano, nella città continuavano gli scontri e i saccheggi. Si contano 5 morti, 200 feriti e duemila arresti. Quindi l’annuncio, alle prime luci dell’alba. Revoca del decreto, prezzo del carburante che torna come prima, fine della sommossa. Resta lo strappo, difficile da ricucire, tra un presidente forse troppo condizionato dai diktat del Fondo monetario internazionale che imponeva un risparmio di 1,6 miliardi di dollari per concedere il prestito promesso e una popolazione a maggioranza indigena che non si sente tutelata.
     

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  3. Sotto un grande telone di plastica, Walter Ledesma e Hipólito Suarez hanno ingannato il tempo tenendo acceso un piccolo falò. Il loro accampamento è stato una nota stonata in questo quartiere raffinato di Mar del Plata (quasi un milione di abitanti), stazione balneare situata 400 chilometri a sud di Buenos Aires. Sul marciapiede i lavoratori hanno scritto con lo spray rosa: “Carlos Blanco, ladro, fatti vedere”.

    I dipendenti dell’industria ittica di Mar del Plata sono stati accampati qui per più di due settimane, giorno e notte, davanti alla casa del loro ex datore di lavoro. Blanco, presidente dell’azienda Rocamare, ha sospeso le attività all’improvviso, senza dare né preavviso né indennizzi alla ventina di fileteros (gli operai che sfilettano il pesce, in particolare il merluzzo pescato nella regione) occupati senza contratto da un anno e mezzo.

    “È il proprietario, il dirigente e il tesoriere… controlla tutto. Lavori per lui per più di un anno ma quando non ha più bisogno di te sparisce”, accusa Suarez, che ha cinquant’anni e una certa esperienza in battaglie lavorative. La situazione nel porto di Mar del Plata, spiega, “è sempre stata complicata”. “Ma oggi è più difficile cavarsela rispetto al passato, perché non c’è lavoro, non c’è niente”. Il suo collega Walter Ledesma è d’accordo. “Prima potevi trovare un piccolo lavoro nel giro di una settimana. Ora invece sono due mesi che non facciamo niente”. Nell’attesa non ricevono indennità di disoccupazione, perché hanno lavorato in nero. E intanto i debiti si accumulano. In Argentina l’inflazione ha raggiunto il 55 per cento.

    Una pessima decisione
    La crisi economica e sociale che devasta il paese dal 2018 è “peggiore di tutte quelle precedenti”, sottolinea Cristina Ledesma, segretaria generale del sindacato degli operai dell’industria ittica (Soip). “Il settore della pesca vive una situazione critica. C’è sempre meno lavoro. I pescherecci partono in massa verso sud, dove si trovano aragoste da rivendere all’estero con buoni profitti”.

    I lavoratori rimasti a Mar del Plata sono estremamente vulnerabili, soprattutto quelli occupati in nero, ovvero il 70 per cento della forza lavoro secondo Ledesma. La rappresentante del Soip ammette di essere “disorientata” davanti alle ripetute chiusure delle aziende negli ultimi mesi.

    Dopo aver assistito a due udienze al ministero del lavoro regionale, dove Blanco non si è presentato, gli operai di Rocamare hanno smobilitato l’accampamento. “Non possiamo permetterci di continuare ad aspettare, dobbiamo ricominciare a cercare un lavoro”, spiega Walter Ledesma, che promette di portare in tribunale il suo ex capo. “Qualche anno fa mi avevano proposto di partire su un peschereccio. Ho preferito restare a Mar del Plata. È stata una pessima decisione”, osserva Walter Ledesma Junior, 23 anni. Come suo padre, anche lui spera che il probabile cambio di governo restituisca un po’ di slancio all’economia argentina.

    L’attuale presidente, esponente della destra, è stato punito duramente dagli argentini che lo ritengono responsabile della crisi

    Il ritorno al potere del peronismo, incarnato da Alberto Fernández e dalla sua compagna di lista Cristina Kirchner (presidente tra il 2007 e il 2015) sembra ormai scontato. L’11 agosto la lista ha ottenuto il 49 per cento alle elezioni primarie, obbligatorie per tutti i partiti e organizzate in vista delle presidenziali del 27 ottobre. Macri si è fermato al 33 per cento.

    L’attuale presidente, Mauricio Macri, esponente della destra, è stato punito duramente dagli argentini, che lo ritengono responsabile della crisi e gli rimproverano di aver consentito il ritorno del Fondo monetario internazionale (Fmi) nel paese. L’istituzione finanziaria ha concesso al governo argentino un prestito di 57 miliardi di dollari, di cui quasi l’80 per cento è già stato versato. In cambio, il governo ha accettato un durissimo piano di austerità che ha colpito i settori più fragili della società argentina.

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  4. “Quando il paese sta bene, Mar del Plata sta bene. Quando il paese sta male, Mar del Plata sta peggio”. Il detto, ripetuto con un certo fatalismo, è confermato dal panorama di viale Juan Bautista Justo. La grande arteria che separa la zona est dalla zona ovest della città offre un triste spettacolo a chiunque si prenda la briga di percorrerla per qualche centinaio di metri: molte vetrine annunciano liquidazioni straordinarie, mentre altri negozi sono stati evidentemente svuotati e abbandonati.

    Il negozio d’abbigliamento Centomo è tra i pochi che resistono. Héctor Juan Fangareggi ha aperto trent’anni fa, e ha saputo mettere a frutto la sua esperienza con gli imprevisti dell’economia argentina. “Nel 2001, all’epoca dell’ultima grande crisi economica, abbiamo dichiarato bancarotta. Abbiamo perso tutto. È stato molto difficile ricominciare da zero, un anno dopo”. Fangareggi ha settant’anni e ha imparato molto da quel momento di disperazione. “Quando Macri è arrivato al potere sapevo che le sue politiche neoliberiste non ci avrebbero favoriti. Abbiamo preso alcune decisioni importanti, sospendendo la vendita all’ingrosso e concentrandoci sulla vendita diretta in negozio. Abbiamo costituito un capitale e acquistato parecchi tessuti prima dell’aumento dei prezzi. Attualmente stiamo consumando quel capitale, pezzo dopo pezzo”. Le vendite del negozio si sono dimezzate dal 2016. Fangareggi ammette che la scomparsa della concorrenza nella zona ha aiutato a sopravvivere, anche se detesta la “sensazione di vivere da solo in un deserto”.

    A Mar del Plata la chiusura in serie di aziende e negozi ha fatto impennare il tasso di disoccupazione, che secondo le ultime stime dell’Istituto di statistica (Indec) ha raggiunto il 13,4 per cento della popolazione attiva, un record in Argentina, il cui tasso medio è del 10,6 per cento. Le prospettive sono particolarmente sconfortanti per i giovani, i più colpiti dalla mancanza di lavoro. Secondo l’Indec quasi il 37 per cento delle ragazze di Mar del Plata sotto i trent’anni non ha un lavoro.

    “Ogni posto di lavoro regolare che sparisce porta via con sé anche piccoli lavori informali”, spiega Rodrigo Hernández, professore di scienze politiche e rappresentante regionale dell’organizzazione politica e sociale Barrios de pie (Quartieri in piedi). “Le persone che perdono il posto di lavoro regolare smettono di chiamare l’elettricista del quartiere, e se devono ritinteggiare casa lo fanno da sé. È un circolo vizioso che aggrava la povertà strutturale”. Secondo gli ultimi dati dell’Indec il 30 per cento della popolazione di Mar del Plata vive in condizioni di povertà. Il dato è inferiore alla media nazionale (35,4 per cento), ma secondo Hernández bisogna tenere conto che “Mar del Plata è una città con un porto, un’industria tessile e un settore turistico, dunque è molto triste che così tante persone vivano senza un minimo di dignità”.

    Lo sviluppo delle mense sociali
    Nella periferia si sono sviluppate grandi baraccopoli come Barrio Malvinas Argentinas, dove le strade in terra battuta si allagano continuamente a causa del clima instabile tipico delle città di mare. Tre volte alla settimana, nel suo comedor, Carina Paz prepara pasti caldi in un’enorme pentola per le famiglie del quartiere. La mensa sociale dipende dall’organizzazione Barrios de pie, che ogni mese riceve aiuti alimentari dallo stato. “Ma le quantità sono davvero insufficienti”, sottolinea Paz, che ogni giorno accoglie un numero sempre maggiore di famiglie.

    María José Medina, abitante del quartiere e madre di due bambini piccoli, spiega che “la situazione è peggiorata negli ultimi due mesi. Ci capita di dover saltare un pasto o accontentarci di un infuso e un pezzo di pane”. La famiglia Medina sopravvive grazie ai sussidi assegnati dal governo ai genitori in difficoltà (circa 2.900 pesos al mese per ogni bambino, meno di 50 euro). Per arrotondare, vende torte fatte in casa nelle strade di Mar del Plata. “Qui non c’è lavoro, e quel poco che c’è non lo danno certo alle madri con figli piccoli…”.

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  5. Nei Paesi in cui entra in gioco il famigerato FMI la situazione non migliora mai ma diventa pessima: speriamo che il Sud America svolti a sinistra nelle prossime tornate elettorali. E speriamo che anche gli USA si decidano a rottamare il parruccone rubio!!

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  6. Chiaro.
    Loro ti danno la prima parte del prestito, poi ti impongono riforme draconiane per garantirsi il rientro.
    Alla fine come accadde a Tsipas non sei più un governante ma solo un esecutore di ordini altrui.
    Se esegui bene...il prestito continua altrimenti nisba.
    Mah....senza un forte candidato dem è dura.

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  7. Mi trovavo in Spagna proprio nel giorno della condanna ai separatisti catalani con relativi casini al El Prat e per tutta la Catalogna intera. Il 10 novembre ci saranno le votazioni e se i risultati rispecchieranno il referendum indipendentista del 2017 , che Madrid considerò non legale , la Catalogna saluta e se ne va....l'esercito , o almeno la parte catalana dello stesso , ha già scelto l'indipendenza rifiutando di opporsi ai manifestanti...

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  8. Non credo sai..
    La Spagna non permetterà uscite pacifiche...non lo ha mai fatto nella sua storia e i Mossos da quello che si legge erano schierati con la Guardia Civil.

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  9. Si parla di brogli in Bolivia. Giuseppe

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  10. Cazzate. Evo ha fatto uscire il paese dalla poverta. La cricca bianca di Santa Cruz non ha mai sopportato che il paese fosse guidato da un indio.

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  11. nei paese dove c'è la democrazia la prossima volta al voto possono votare per altri....nelle dittature questo non succede...

    Curioso come nelle “democrazie” la gente scenda in strada a spaccare tutto e i governi mandino l'esercito e i blindati a sparare, mentre nelle “dittature” tutto proceda in modo sereno

    questo è lapalissiano....chiediti il perchè non cscendano in piazza a Cuba, Corea del Nord e altre ditatture sia rosse che nere, ricordi tien an men come andò a finire? se a cuba solo per camminare con un fiore e gridare libertà li portano dentro immaginati con i disordini del cile...la gente può manifestare pacificamente ma quando distrugge e saccheggia è giusto anche reprimere.

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    1. "se a cuba solo per camminare con un fiore e gridare libertà li portano dentro"

      Giumiro ne approfitto per ringraziarti perche' un pomeriggio volevo comprare due fiori per una fanciulla con cui sarei uscito alla sera.
      Vado davanti a casa di Cocoloco dove ci sono tutti i venditori di fiori di Tunas e per poco non finisco dentro ad una maxiretata della seguridad dello stato.
      Sono stato fermato da due militari in assetto di guerra mentrE avevo in mano ben due rose...cose da rischiare l'ergastolo.
      Fra un gladiolo e l'altro ho esibito il passaporto, mi hanno lasciato andare ma non prima di avermi catechizzato sulla gravita' del mio atto terroristico...
      Mentre andavo via ho visto caricare su un cellulare altri delinquenti che avevano comperato rose, gladioli, girasoli, geranI, non ti scordar di me e begonie.
      E' un attimo finire in mezzo ai terroristi...meno male che mi sono ricordato del tuo post in cui affermavi che se andavi in giro con un fiore ti arrestavano e buttavano via la chiave.
      GRAZIE GIUMIRO!

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  12. Era quasi un mese che non ti sfogavi....non riuscivi proprio più a tenerla....😀

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    1. Ma assolutamente no... Io replico ai tuoi post e cmq i video sui social degli arresti in quel giorno sono abbastanza diffusi...come mi ha informato un formando da coco l'8 settembre l'UNPACU ha organizzato la giornata della ribellione del popolo pa la calle, ovviamente la polizia politica ha represso questa manifestazione con vagonate di arresti... ne ho visto solo un paio commentami nel merito facile buttarla in burla

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    2. Chiaro che la butto in burla e spera che io e Coco continuiamo a parlare di Cuba perche', e te lo dico con simpatia perche' altrimenti ti manderei por la pinga senza pubblicarti nulla, e' proprio per chi vive i social come te che uno dopo l'altro tutti i forum e i luoghi dove si parlava di Cuba sono andati dal culo.
      La gente si rompe i coglioni o al limite se li tocca a forza di sentire cassandre che sperano in ogni tipo di sventura per la nostra isola.
      Gli amici che seguono il blog ma anche altri spazi hanno voglia per 10 minuti di pensare a Cuba con un sorriso e non sempre con notizie sfigate.
      Un forum dove oramai si copia-incollava unicamente notizie sciagurate cercate col lanternino prima e' diventato un deserto poi e' defunto recentemente.
      Quindi sei un gradito ospite ma ogni tanto scrivi anche qualcosa di allegro, per spargere basura hai tanti gruppi su fb che non aspettano altro.
      Questo Blog e' un'altra cosa.

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    3. AH,AH,AH....l'UNPACU...e le Damas En Blanco,che fine hanno fatto....e la mitica Yoani $anchez...?! blanco79

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    4. La Sanchez vive a La Habana ma non se la caga nessuno.
      Le ladrones en blanco dopo essersi diviso il bottino elargito dal dipartimeento di stato Usa sono scomparse.
      Umpacu? Dai...siamo seri...

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    5. quando è complicato rispondere nel merito si butta in burla e si va sul personale....io nei social non ho mai parlato di cuba forse ti sbagli di persona....figurati poi se godo nelle disgrazie di cuba avendo ben 2 famiglie...e vorrei che il popolo di cuba prosperasse...sono polemico solo nel forum di coco e qui perchè entrambi dichiaratamente comunisti e pro-regime dipingete una cuba strumentale alla vostra fede...cmq detto questo visto che sono un ospite e che non ho mai litigato virtualmente con nessuno saluto tutti levo le tende

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    6. Cincludo dicendo che dipingo la Cuba che vedo vivendoci 90 giorni ogni anno.
      Non quella da un viaggio ogni 3 anni o quella riportata di terza mano su qualche gruppo fb....

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    7. Mica ho capito. Giumiro tutti la devono pensare come te? Giuseppe

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  13. BLOGRAMA

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    UNA POLVERIERA

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  14. hola! si il mondo è un bel casino, l'ago soprattutto nel continente americano saranno ancora los ee.uu. non mi sembra possibile che los democratas non riescano a trovare una faccia decente per battere trump che ad oggi dovrebbe rivencere. chao Enrico

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    1. Nancy Pelosi al Trumpo lo tiene per le palle e gli fa un mazzo cosi'.
      Ma non credo sia dell'idea.

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  15. La DDR, che sembrava granitica, è caduta in una giornata. Se le dittature non hanno appoggio popolare cadono e per appoggio intendo che siano in grado di sfamare e assicurare qualche diritto sociale alla popolazione tipo scuola e sanità. Se Fidel non avesse avuto il sostegno popolare durante il periodo especial lo avrebbero cacciato nel giro di un mese. Non dobbiamo vedere le cose esclusivamente con la nostra ottica occidentale, Cuba è un paese del terzo mondo, quale Stato povero in Sud America o in Africa ti assicura assistenza sanitaria e scuole gratis? Nessuno!! A noi sembrano diritti che ci spettano di natura ma non è così, vedi gli USA dove se non hai denaro sufficiente nemmeno ti fanno mettere piede dentro un ospedale.

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    1. La DDR non è caduta ma annessa illegalmente.
      Mirco se togli ad alcuno la possibilità di parlare male di Cuba la giornata diventa interminabile.
      Se Maduro e Ortega per non dire di Evo non avessero ampissimo appoggio popolare gli yankee li avrebbero già fatti fuori.
      Cuba doveva cadere con Fidel poi con Raul ora con Canel...gli anni passano e i rosiconi invecchiano...🤤

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