domenica 8 dicembre 2019

AVANA AMORE MIO

Alessandro Zarlatti
AVANA AMORE MIO
Anche solo pensando di lasciare questo paese sento uno struggimento africano dentro. Oggi, correndo per Quinta avenida, cercavo, se non altro, di non abbassare i miei record negativi di sempre. Cercavo di correre quel minuto in più, quei trenta secondi, strappare all'atmosfera stoppacciosa che avevo intorno un respiro decente. Sentivo dolori dovunque. Nel costato, il mio perenne infarto, nel ginocchio, la mia menomazione, nella testa, il mio ictus, nel cuore, nel centro esatto del cuore, come fossi perseguitato da un tiratore scelto, il mio solito rivoltarmi nel passato, nel futuro possibile che non è mai stato, nei luoghi che appena li guardi di sbieco ti parlano come comari dai buoni riflessi.
Luoghi-che-appena-li guardi-ti-parlano, ecco, in questo paese, ma basterebbe dire in quella strada, in Quinta, si sono affollati ricordi oleosi come vendette, come un compagno delle elementari che non ha mai digerito una tua vecchia prepotenza e te la fa scontare a cinquant'anni, quando diventa non più il ripristino di un equilibrio improponibile, ma il senso rotondo della vita, la sua. La vita degli altri, dei luoghi inanimati che mi vedono correre, o non proprio correre, strisciare accanto a loro, come in un'intimità tutta nostra, di quello che resta di me e di quello che ha tolto la pioggia, giorno dopo giorno, e il sole e la nebbia della memoria. Dovrei lasciare da soli, per sempre, quei pomeriggi stupidi in calle 14 bevendo, offrendo, preoccupandomi dei soldi soltanto un po'. Preoccupazione sbagliata. Oggi lo so. Era povero non bere quelle birre, povero non sentire le chiacchiere di qualche amica. Interrogarlo col cuore quello scenario perché ti restituisca almeno i profumi di quelle giornate, almeno qualche rapida sequenza di pensieri, di umori, sì, certo, di umori che mi attraversavano allora. Era semplicemente gigantesco, come la mia vita. E l'hotel da due soldi, e quella camera ad ore dove sono andato due volte nascondendomi da tutto, ed ubriacandomi di un'altra notte finale. Forse non ho abbassato i miei record negativi, ma ho faticato molto oggi a non farmi tirare per il braccio, a non cadere in certi tranelli, a non congelare il mio sguardo su qualche dettaglio mortale. Già, di quella specie che ti cattura come in un sortilegio, di qualche sguardo che ti lascia di sale, appunto, o di pietra, o di carne che trema, che sbatte, che slitta, che si rialza, che cade di nuovo. Cosa sarei senza questa città, mi domando? Dove le avrei trovate certe intimità, certe distanze, la schiena dritta che riesco a sollevare ogni giorno di più, davanti agli altri, davanti all'età, davanti alla morte. Davanti agli altri era importante, certo. È stato il regalo più grande. La vertigine di guardare dall'alto il mondo, come potrò mai ringraziarti? Andando via? Lasciando seccare del tutto i miei sorrisi, le mie lacrime, negli angoli delle strade che mi hanno visto felice e triste e uomo. Lasciandoti sbiadire come un quadro senza più fortuna, passato. Quanto eravamo fragili, fragili davvero, tu ed io, in questo infinito decennio. Quanto eravamo il momento continuo che si consumava subito, che si consumava sempre. I nostri piedi d'argilla, il nostro cuore infinito, le nostre parole migliori, i nostri baci dolorosissimi, i nostri addii reali, i nostri incontri per gioco. Tu ed io, immensa città, che facevamo la gara a perderci l'uno dentro i vicoli dell'altro, l'uno nelle fantasie dell'altro, confondendo continuamente la realtà, bevendoci sopra, giocando all'amore, alla grazia, alla poesia. E sapevamo farlo. Tu ed io. Sapevamo leggerci poesie senza uscita prima di addormentarci. Noi e il nostro cazzo di tempo infinito. Ci crederesti? Sono qui che ti accarezzo, che ti accompagno, con la dolcezza dei vecchi, delle coppie che vanno a morire unite, senza scelta. Si abbassa il volume di tutti i rumori quando ti accompagno. Diventa tutto un brusio gigantesco, nostro, quello che esplode di tutte le parole taciute. Quando mi allontano, anche soltanto con un pensiero, mi sembra di perdere l'anima, lasciarla a te, nelle tue strade, consegnartela come un tesoro che aveva valore solo per noi. Vecchia città assurda, mentre corro, mentre attraverso queste eleganze che si avvicendano come governanti senza futuro, mi sembra che sia stato un amore insaziabile. Mi sembra che resterei per sempre a cantarti serenate, per sempre, fino alla morte ma anche dopo, con voci deformate, con note incomprensibili, con testi stravolti. Resterei lì anche il giorno in cui avrei perso la vena, e le parole, e la vocazione, e la memoria. Ti amerei sulla fiducia, o su un ricordo soltanto, o seguendo le indicazione di un appunto che conservo in tasca. Ti amerei come si ama quando si è perso tutto e tutto ritorna nei ricordi, come la dote di un pazzo. Correre, o strisciare vicino a te, poggiando lo sguardo ora su quel punto, ora sull'altro, sfuggirgli, perché un passato così impiega un istante ad impiccarti il presente. Nessuno dei due avrebbe scommesso un centesimo che saremmo durati. Questi anni, questi sentimenti divenuti costanti, persistenti. Potrei giurarti le solite menzogne. Tu lo sai. Ed ho la tentazione di gridarle al vento. Dirti che non me ne andrò. Che ci resto a morire tra le tue braccia, negli echi di quel mondo costruito insieme che ancora ho nelle orecchie. Ma andrò via, già lo sappiamo. Magari anche semplicemente morendo male, in un ospedale, lontano milioni di chilometri da questa nostra intima poesia. Quando si ama si deve essere pronti a tradire e ad amare il tradimento dell'altro. Siamo abbastanza vecchi per non saperlo. Vorrei soltanto passare la mano, non scomparire. Consegnare la tua bellezza a qualcuno che sappia apprezzarla, che sappia difenderla. Quando si ama davvero ci si preoccupa della felicità, non dell'eternità. E noi dell'eternità ce ne siamo sempre fregati. Fino ad oggi, anche se ne sentiamo il dolore.
Oggi un sole incandescente ha cercato di deviarmi i pensieri, i passi, i sentimenti. Ci ha pensato questa città a sollevarmi, a tenermi in piedi, a farmi ricordare le fragili ragioni di un passo, poi di un altro, poi un altro ancora fino a casa. Viviamo così, sempre sulla soglia di perdere le ragioni di una corsa, e ritrovandole a tratti, nelle cose, nelle bugie, nelle storielle  che si raccontano ai bambini perché vadano a letto e chiudano gli occhi.
Come sempre accade gli scritti di Zarlatti, che possano piacere o meno, ti toccano il cuore e ti stimolano il cervello. Non vivo a Cuba, purtroppo o per fortuna, non ho quel legame con La Habana che pero' comprendo, visto che ci passo giornate e giornate al termine di ogni mia vacanza. Lo scorso anno stavo correndo, passo per Plaza de La Revolucion gremita di gente, non ho potuto fare a meno di fermarmi, davanti alle immagini del Che e di Camilo, davanti al busto di Marti', fermarmi con la consapevolezza del grande privilegio che la vita e gli Orishas mi hanno concesso di poter essere, anche solo per poco, parte di questa fantastica citta' e dei suoi splendidi 500 anni.
Pero' alcune delle cose che ha scritto Alessandro possono valere per la mia vita a Las Tunas, per strano che questo possa sembrare.
A dicembre sono antrato nel mio 20esimo anno di Cuba, la maggior parte di questi anni vissuti in questa citta' di 180 mila anime che un tempo e' stata di campo ed oggi, faticosamente, tenta di entrare nella modernita'. Chi non ci ha vissuto per anni, chi non ha visto quei tramonti, chi non ha condiviso la risata larga ed avvolgente della gente d'Oriente difficilmente puo' capire cio' che dico. Per molti e' solo “un posto dove non c'e' un cazzo”, magari e' pure vero ma dipende sempre dal cosa realmente stai cercando. Se le tue preoccupazioni riguardano la modifica delle dinamiche per entrare in discoteca allora vuol dire che di quel posto davvero non ci hai capito un cazzo...e non solo di quel posto. Avrei potuto andarmene mille volte, potrei andarmene mille volte, La Habana e' la', con le sue luci ed il suo Malecon che mi aspetta eppure non riesco a lasciare, forse non ci riusciro' mai, il balcone sull'oriente cubano. 20 anni in cui ne ho viste di tutti i colori, 20 anni di amici, serate folli, fughe al campo, donne bellissime, altre passabili, errori evitabili, il calore di una familia, giri infiniti in scooter, corse per la citta' e poi nella super multietnica pista di atletica, cene con amici, con donne, da solo, con qualcuno conosciuto 5 minuti prima. Non riesco ad andarmene, e' casa mia, ci sono le mie giornate, la mia vita, i miei affetti. Cosi' come non riesco a lasciare Cuba (a differenza di Zarlatti che, pare, sia pronto al grande salto) giorni fa un amico mi ha proposto un viaggio a Cartagena...ma dovrei rinunciare a quello a Cuba quindi credo non se ne fara' nulla. Ho visto cosi' tanti posti al mondo, non mi manchera' Cartagena anche se la Colombia pare sia diventato il nuovo Eldorado di un certo tipo di turismo. Quindi rimango a Cuba, coi suoi casini, l'acqua che non si trova, le infinite code, le menate burocratiche, i rompimenti di coglioni e tutto il resto.
Rimango a Cuba, a Las Tunas...hasta el final.

12 commenti:

  1. Morales ha lasciato il Messico. Vuole andare in Argentina per restare più vicino al suo paese. Sembra una cosa facile. In fondo è stato per 13 anni (2006-2019) il presidente della Bolivia. Nel bene e nel male. Avrebbe almeno i diritti umani basilari, oltre che politici, di potere continuare ad essere il leader dell'opposizione. Il suo ruolo passato dovrebbe garantirgli una immunità. Viene concessa ai peggiori dittatori, a uomini che si sono macchiati di gravi delitti, di stragi, repressioni indiscriminate, carcerazioni di massa. Non è così. Nessuno, anche a livello internazionale, lo ha accusato di questi reati. Il leader indigeno è costretto a fuggire, a nascondersi, ad essere protetto. 
    Nel mese che ha appena trascorso in Messico è rimasto chiuso in una caserma dell'esercito e solo negli ultimi giorni è andato in una casa privata. Non era agli arresti. Il presidente Obrador ha voluto garantirgli sicurezza. Cosa che lui stesso gli fa capire di non essere in grado di fare se lascia il paese. L'uscita dal Messico è complicata, pericolosa. La sua vita è a rischio, lo dicono apertamente ambienti di intelligence e diplomatiche. Chi lo vuole in carcere è il nuovo governo di destra della Bolivia. A La Paz c'è una clima di rivalsa, quasi di vendetta. Il cambio è stato violento, circondato da un furore religioso, con rosari e la Bibbia usati come simboli del nuovo corso. La classe bianca e agiata si è ribellata a quella indigena e contadina. Sono riemerse le differenze etniche e sociali. Il tutto in nome della democrazia.
    Per reprimere il dissenso la presidente a interim, Jeanine Añes, ha dato carta bianca ai militari. Potevano sparare senza pagare le conseguenze. E' bastato un giorno e sono stati uccisi 38 manifestanti a Cochabamba. Solo in quel momento il nuovo capo dello Stato ha deciso di revocare il decreto. Adesso accusa Morales di "tradimento, truffa elettorale e corruzione". Due giorni dopo aver preso il potere avvertì l'ex presidente: "Se torna in Bolivia finirà davanti a un tribunale, deve rispondere di molti crimini". 
    Morales contesta le accuse. Sarebbe anche disposto a rientrare e affrontare un giudizio. Come era disposto, dopo l'annullamento delle elezioni presidenziali, a ripetere le consultazioni e a rinunciare alla sua candidatura. Ma con la svolta militare e l'esercito che si è schierato dalla parte dell'opposizione non ha avuto scelta. E' fuggito di sera, circondato dai soldati che volevano arrestarlo, con i militanti del Mas che cercavano di proteggerlo. Su un aereo spedito dal Messico a cui è stato negato di passare sopra il Perù e il Paraguay e che solo grazie all'intervento dell'ambasciatore del Brasile in Bolivia ha potuto sorvolare i confini di tutti i Paesi vicini, raggiungere l'Ecuador, piegare subito sul Pacifico e raggiungere finalmente il Messico.
    Adesso accade la stessa cosa. Morales ha deciso di andare a Cuba. Ma è solo una sosta. La sua meta finale è l'Argentina, per essere più vicino ai dirigenti del suo partito che si trovano all'opposizione e orfani del capo. Puntava ad assistere all'insediamento di Alberto Fernández. I consiglieri del nuovo presidente lo hanno dissuaso. Meglio arrivare dopo, quando il candidato del centro sinistra prenderà il potere. Fino a quel momento c'è ancora Mauricio Macri che vuole evitare tensioni politiche e diplomatiche con la vicina Bolivia.
    Non è ancora chiaro come e quando raggiungerà Buenos Aires. La sua posizione di rifugiato con asilo lo obbliga a passare sempre dal Messico e a volare su un aereo di linea. Lo accompagneranno il suo vicepresidente Álvaro García Linera e la ministra della Salute Gabriela Montaño. Hanno tutti ottenuto asilo in Messico dove sono stati protetti e hanno ricevuto offerte di lavoro. Ma in Argentina è diverso. La Bolivia è a un passo.

    RispondiElimina
  2. Un grupo de acciones se han realizado en el transcurso del presente año en Camagüey encaminadas al enfrentamiento de las ilegalidades e indisciplinas sociales.
    Se actuó contra 145 personas implicadas en especulación y acaparamiento, venta y receptación de productos industriales o artesanales y se neutralizaron diez lugares destinados a elaborarlos y almacenarlos.
    Entre los productos  ocupados por el actuar de las autoridades competentes están, cerca de dos mil 300 litros de combustibles, 520 de lubricantes y más de 11 mil 500 toneladas de arroz.
    En relación con los juegos prohibidos, se desactivaron tres casas donde se practicaban, además de cinco vallas de gallos ilegales, por lo que se procesaron un total de 16 personas.

    RispondiElimina
  3. Maisí, Guantánamo.–«Estamos apoyando a Cuba en los planos político y económico, y vamos a seguir apoyándola», ratificó en esta oriental provincia Andrei Guskov, embajador de la nación eurasiática en nuestro país.

    El pronunciamiento del embajador ruso tuvo lugar en Punta de Maisí, Guantánamo, tras dejar oficialmente inaugurada una planta desalinizadora, obra que pone fin al estrés hídrico que hasta meses recientes sufrió esa localidad, en la que viven 1 750 personas.

    La desalinizadora, financiada con capital donado por la Federación de Rusia y del  Fondo de las Naciones Unidas para la Infancia (Unicef), funciona con el sistema de ósmosis inversa, tecnología que garantiza el suministro de agua de calidad, libre de contaminantes.

    Andrei Guskov calificó la materialización de esa obra como un símbolo del espíritu de cooperación entre la Federación de Rusia y Cuba, y recordó que su país participa de manera activa en la materialización del plan nacional de desarrollo económico y social de la Isla caribeña.

    En tal sentido, el diplomático enumeró como ejemplos concretos de cooperación con Cuba en áreas estratégicas para el desarrollo de la Isla, la incidencia de Rusia en la modernización del sistema ferroviario, el sector energético y la reparación de plantas metalúrgicas cubanas.

    «Le puedo asegurar que todos los proyectos ruso-cubanos en el área energética se realizan de manera acelerada, y lo más importante: esa cooperación progresa y dejará mejores frutos en beneficio de ambas naciones y pueblos, según lo planificado entre ambas partes», respondió Andrei Guskov a una pregunta de Granma.

    RispondiElimina
  4. TORINO (4-4-1-1): Sirigu, De Silvestri, Izzo, Nkoulou, Bremer; Verdi, Baselli, Rincon, Ansaldi; Berenguer; Zaza

    FIORENTINA (4-3-3): Dragowski; Caceres, Milenkovic, Ceccherini, Dalbert; Benassi, Pulgar, Castrovilli; Ghezzal, Chiesa, Vlahovic

    RispondiElimina
  5. Gol della viola ma vinciamo 2-1
    Se Piangina non mette 8 difensori è più facile segnare..

    RispondiElimina
  6. Premier

    Aston Villa- Leicester 1-4
    Ora siamo inguaiati....

    RispondiElimina
  7. BLOGRAMA

    Your new post has be­en just indexed

    AVANA AMORE MIO

    RispondiElimina
  8. Zarlatti vale sempre la pena. Giuseppe

    RispondiElimina
  9. hola! ognuno ha il suo posto sono d'accordo, certo sarebbe bello vedere situazioni diverse ma il tempo bisogna sfruttarlo al meglio. Cartagena caribe colombiano ne parlano tutti bene, da sempre bacino di tanta figa e città antica tra le più storiche del continente americano. chao Enrico

    RispondiElimina
  10. Sara', appunto, per la prossima vita.
    Proprio questa mattina si parlava sul nostro gruppo whatsapp di Mombasa visto che uno di noi e' in partenza...

    RispondiElimina