sabato 23 marzo 2019

NON ERA IL MIO MOMENTO




Quando e' il nostro momento?
Chi decide quando e' il tempo di lasciare questa valle di lacrime per andare a vedere le margherite dalla parte della radice?
Credo nel destino, moderatamente.
Credo che ognuno di noi abbia le sue carte da giocarsi ma credo anche, da ateo, che esiste un disegno superiore che regola le cose, fosse anche il caos.
Durante quest'ultima vacanza ho avuto la prova che...il mio tempo non era ancora giunto.
Credo di avere la classe di merito in campo assicurativo automobilistico piu' bassa che ci sia.
Non ho un incidente con torto da oltre 30 anni, ma queste sono solo fredde cifre.
Il terzo giorno della mia vacanza ho avuto un incidente con lo scooter, il secondo volo della mia vita su due ruote.
Il primo, molti anni fa, accadde sulla caretera sterrata por la playa, ero con una Favola, una sbucciatura ad un ginocchio e nulla piu'.
Questa volta e' andata davvero molto, ma molto, ma molto bene.
La mattinata a Tunas aveva avuto come esordio un vecchiarillo che, nel corso centrale, aveva avuto un'incontro ravvicinato con un'auto.
Sangue su tutta la caretera.
I cubani attraversano la strada come se fosse la loro, senza guardarsi intorno e senza tener presente che il corpo umano e' piu' fragile che il paraurti di un carro.
La strada centrale della citta' era chiusa al traffico per quel incidente, los cabalitos dirottavano il traffico per le vie adiacenti.
Quelle vie sono tutte a senso unico di marcia.
Meno una.
Calle Guerra.
Doppio senso ma molto stretta, ovviamente in quel momento trafficatissima visto che nella via principale non si poteva transitare.
All'incrocio con calle Colon, voglio svoltare a sinistra, all'altezza di dove c'e' quel ring di boxe all'aperto, chi conosce la citta' sa di cosa parlo.
Avevo una rastra davanti, non vedevo bene, forse ero distratto, forse pensavo ai cazzi miei, metto la freccia e giro a sinistra senza avere una buona visione di chi arrivava in senso contrario.
Un Peugeot di una empresa mi prende in pieno.
Cado, rotolo, rimango sotto lo scooter ma subito mi rialzo.
Le escoriazioni che vedete nella foto e' tutto cio' che mi sono fatto, piu' una botta con la parte posteriore della testa, col casco, sull'asfalto.
Alla fine i danni sono stati minimi, lo scooter aveva un problema con l'olio che era finito sui pistoni mentre il carro aveva solo un fanalino rotto.
Arriva un cabalitos, a cui altri due daranno il cambio visto che si tratta di una cosa, tutto sommato da poco.
Arriva il tipo che si occupa del seguro delle auto dell'empresa, arriva (chiamato da me) Alberto, l'amico che da 15 anni mi renta lo scooter.
Alla fine non ci sono troppi danni, la policia prende i nostri documenti, annota i nomi e poi lascia che ce la sbrighiamo da soli, (visto che ho torto marcio e non ho problemi a riconoscerlo), ma non prima di aver ficcato una multa al conducente dell'auto per gomme lisce visto che la frenata ha solo i segni di 2 ruote.
Lo scooter no arranca, Alberto chiama un amico col carro attrezzi per portare il mezzo fino a casa sua.
Col conducente del carro ci troviamo a casa di Alberto; “Vanno bene 20 cuc?” chiedo.
Un ampio sorriso...andavano benissimo.
Alberto mi risolve il problema dello scooter e posso finalmente andare a casa a farmi medicare dalla sciura.
Neanche a dirlo, la sera dopo ero gia’ a correre alla pista di atletica.
In Italia faccio anche una radiografia alla testa, visto che negli ultimi giorni di vacanza aveva, in....determinate circostanze, iniziato a pulsare nella parte posteriore.
Tutto ok.
A Cuba il traffico e’ infinitamente inferiore al nostro ma mentre da noi, guidiamo col pilota automatico inserito quasi sempre, sull’isola tocca sempre stare sul pezzo perche’ il traffico e’ molto irregolare, non sai mai cosa possa succedere.
Poteva andare molto peggio, se invece di un'utilitaria beccavo una rastra o una guagua non so come sarebbe andata a finire.
Semplicemente non era il mio momento.

21 commenti:

  1. Venezuela, i 30 giorni nei quali Juan Guaidó non è andato da nessuna parte
    GENNARO CAROTENUTO

    Escludendo l’intervento militare in Venezuela, la riunione del gruppo di Lima (il consesso dei governi latinoamericani di destra, riuniti ieri a Bogotá) ha chiuso nella sostanza la parabola del tentativo di Juan Guaidó come presidente autoproclamato del Venezuela e allo stesso tempo evitato la regionalizzazione della crisi. Proviamo a mettere insieme elementi di analisi sugli ultimi 30 giorni e in particolare sull’ultimo lungo fine settimana al confine tra Colombia e Venezuela.
    La guerra si allontana dai Caraibi?
    Partiamo dalla fine, da Bogotá e dal cosiddetto Gruppo di Lima, creato solo nel 2017 dagli USA come istanza multilaterale per risolvere la crisi venezuelana, e che, solo a gennaio, per riconoscere Guaidó aveva registrato la defezione di un pezzo da novanta come il Messico di Andrés Manuel López Obrador, messosi alla testa della linea del dialogo con Maduro. Pur con l’augusta presidenza del vice di Trump, Mike Pence, alla quale quasi tutti i convenuti riconoscono ben più di una primogenitura, dimostrando anche plasticamente come l’America latina sia tornata subalterna a Washington, questa volta tutto è andato male per il giovane capo (forse) dell’opposizione venezuelana. Salta infatti all’occhio che questa volta la riunione è stata appena per vice-presidenti, ma soprattutto che il Perú prima, il Brasile soprattutto, abbiano escluso la soluzione militare alla crisi sulla quale ancora poche ore prima batteva la grancassa mediatica.
    Del Brasile diremo di più subito sotto. Perché i latinoamericani siano riottosi sull’intervento militare è presto detto: ne hanno paura e hanno paura di opinione pubbliche nelle quali il discorso integrazionista non si è mai spento. Una guerra civile in Venezuela rischia di creare un movimento enorme e armato, brigate internazionali in difesa del Venezuela. Aprire le porte agli USA e magari trovarsi una guerra civile ai confini per anni è totalmente fuori scala rispetto al beneficio presunto di liberarsi di Maduro. Inoltre il congelamento dei crediti venezuelani, sui quali si basa l’indurimento dell’embargo sul quale ha ripiegato Pence, sarebbe per tutti i governi della regione un precedente da evitare. Nello stesso modo potrebbero infatti comportarsi i “fondi avvoltoio” domani e ottenere così il pagamento di rate in scadenza dei rispettivi debiti esteri. Solo Bogotà si è detta disposta, ma nella storia non si è mai visto un presidente colombiano dire no a Washington.
    Brasile vs USA? Sempre l’Amazzonia nella mira
    Non sono sfuggite ai più avvertiti tra gli osservatori le parole di Pence, che hanno indicato nella Colombia l’alleato più importante nella regione. Più fedele, sarebbe meglio dire, rispetto al Brasile. Il vicepresidente brasiliano, il generale Hamilton Mourão, che secondo vari analisti è già oggi molto più potente di Bolsonaro, applica infatti la stessa agenda geopolitica della dittatura, dove il controllo e la difesa dell’Amazzonia sono architrave, tenendo fuori gli Stati Uniti, allontanando il narcostato colombiano e controllando la frontiera venezuelana.
    A Bogotá Mourão è stato durissimo con Maduro, ma ha allo stesso tempo escluso le misure estreme volute da Pence. Il gruppo nazionalista al quale fa capo Mourão è quello dei militari che comandarono la missione militare ad Haiti, la Minustah, compreso Eduardo Villas Bôas, ex-capo delle forze armate e ideologo del mondo visto da Brasilia. A oggi i militari brasiliani possono accettare interventi in Venezuela all’unica condizione di essere loro a condurre il gioco, escludendo sia i colombiani che gli statunitensi. Non è un caso che Pence nella riunione del gruppo di Lima abbia indicato nella Colombia il principale alleato degli USA: le relazioni tra le due principali potenze continentali, e in Sudamerica i brasiliani si considerano al di sopra degli USA, sono già oggi ai ferri corti: totale sintonia ideologica, competizione strategica.

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  2. In questo contesto è più facile capire Guaidó che, con voce sempre più flebile, pregava di non escludere alcuna opzione, cioè la guerra. Checché se ne pensi, ancora una volta è dimostrato che gli Stati Uniti non hanno il potere di imporre guerre tra stati al Sud America. Regime change forse, ma le guerre è altro affare e senza Brasile non si può. La riunione del gruppo di Lima è del resto giunta dopo una significativa polemica durata per giorni (completamente censurata dai media in italiano) e che ha visto come protagonisti lo stesso Pence e il ministro degli esteri spagnolo Josep Borrell. Se per gli europei il dettato costituzionale venezuelano, che avrebbe imposto a Guaidó il convocare elezioni entro trenta giorni resta fondamentale, e quindi il riconoscimento è sempre stato solo come “presidente a interim”. Per gli USA e per il biondo vice di Trump, le elezioni sono solo un dettaglio marginale e Guaidó è invece “presidente legittimo” del Venezuela, nonostante non abbia alcun potere reale.
    Presidente a interim o presidente legittimo?
    Nonostante la mano di Pence posata sulla spalla, Guaidó, per restare al centro di giochi molto più grandi di lui, aveva invece bisogno di una accelerazione della crisi che non c’è stata. Il ritorno al dialogo, lo rende insignificante, uno tra i tanti leader della litigiosa opposizione venezuelana, tuttora più preoccupata dal farsi le scarpe a vicenda che a liberarsi del baffuto presunto Pol Pot caraibico Maduro. Debole, malconsigliato e usato fin dall’inizio, in questi trenta giorni Guaidó si è appellato mille volte alla Costituzione e in particolare all’art. 233. Ha addirittura presentato un programma di governo (ultraliberale) ma non ha fatto l’unica cosa che l’articolo 233 – dal quale dipendeva la sua legittimità – gli chiedeva: convocare elezioni rilanciando la palla al chavismo. Evidentemente tra chi gli dava del “presidente a interim” e chi gli dava del “presidente legittimo” ha preferito ascoltare i secondi, ma neanche Mike Pence o Mourão, ma neanche CNN o Rede Globo o El País di Madrid, sono Kingmaker in grado di creare dal nulla o quasi leader in Venezuela.
    E così Juan Guaidó, magnificato per un mese dai media monopolisti che più che attribuirgli del coraggio non sono riusciti, torna al punto di partenza, quello di giovane presidente a rotazione dell’Assemblea Nazionale. Sconosciuto ai più anche in Venezuela rispetto ai leader più o meno noti dell’opposizione, avrebbe messo tutti di fronte al fatto compiuto, con una bella faccia, la camicia bianca che fa tanto Tony Blair e una bella famigliola kennediana, concordando la mossa inizialmente con il solo Almagro, e proclamandosi presidente sostenendo che al palazzo di Miraflores Maduro fosse ormai solo un fantasma. Ma, in questo strano interim nel quale ha ottenuto più riconoscimenti all’estero che in casa, non avendo convocato elezioni nelle quali non sapeva neanche se sarebbe stato lui il candidato, è lui oggi a essere un fantasma.
    Chi fa il tifo per un Pinochet venezuelano
    Intanto la situazione venezuelana non varia che per un punto: rafforza Nicolás Maduro che oggi è più solido al governo di un mese fa. Dopo un mese di circo mediatico, la situazione di crisi economica e sociale venezuelana resta invariata, la qualità della vita peggiora soprattutto a causa dell’iperinflazione, la corruzione è oscena, il governo Maduro strepita contro l’embargo verso il quale ha alcune ragioni ma non tutte, può mettersi in petto la medaglia di difensore della Nazione dall’invasore imperialista, ma nel frattempo non ha un serio progetto per uscire dalla crisi.

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  3. Ma l’opposizione, Guaidó e gli altri, è così poco credibile da non meritare alcun credito da parte della popolazione, che evidentemente non desidera innanzitutto una invasione militare straniera e, almeno in parte, vede nel chavismo un’idea nazionale e di giustizia sociale da difendere tuttora con orgoglio. L’idea stessa della crisi umanitaria, dalla quale si sono dissociati subito chi, come la Croce Rossa o Caritas, fanno seriamente dell’umanitarismo il loro specifico da sempre, non solo va oltre la realtà (altrimenti Haiti? L’Honduras? La stessa Colombia?) ma si è dimostrata così smaccatamente una strategia militare e mediatica da essere impresentabile, come spiego più avanti.
    Racconto qui un episodio personale che rende evidente come il circo mediatico egemonico sia il regno dell’incomprensione e della fake news. In questo periodo ho accettato molteplici inviti di media diversi, tra i quali SkyTg24 e RaiNews24, ma l’altro giorno ne ho ricevuto uno da un canale televisivo internazionale particolarmente prestigioso. Questo, nel chiedere il mio contributo, mi ha ben specificato come la politica non interessasse loro (sic), mentre volevano esclusivamente un intervento sulla “centralità dell’esercito” venezuelano (indiscutibile) che a loro dire avrebbe di lì a poco “risolto la crisi”. Vale a dire: oggi come nel 1973 in Cile (le similitudini in questo specifico sono enormi) la grande stampa liberal-democratica fa sempre il tifo per Pinochet.
    Non conosco il nome del Pinochet venezuelano, ma se anche oggi stesso dovessero assassinare Nicolás Maduro questo non significherebbe la sconfitta del chavismo. In questo mese molti soggetti si sono resi conto di alcune cose che probabilmente non avevano calcolato e che i grandi media internazionali non mostrano mai al popolo bue dell’opinione pubblica, anche europea, nonostante leader come Corbyn o Sanders si siano coraggiosamente dissociati dall’appoggio unanime per Guaidó. Quella più evidente è che non è utile sottovalutare il chavismo, come invece da vent’anni viene fatto. L’opposizione lo ha sempre sottovalutato per idiosincrasia classista e razzista, incapace di accettare l’accelerazione democratica e inclusiva data dalla V Repubblica, per disprezzo verso una classe considerata inferiore, come quando l’aristocratico Capriles fu battuto da quello che per tutta la campagna elettorale aveva sprezzantemente chiamato “autista di autobus”. Piaccia o no Nicolás Maduro, il chavismo, nonostante la difficilissima situazione economica che vive il paese, in particolare a causa dell’iperinflazione, come movimento politico ha mostrato ancora in queste settimane una vitalità enorme ed ha nella sostanza vinto un’altra battaglia. In queste settimane le piazze chaviste si sono riempite in misura analoga a quella delle opposizioni, mostrando il paese polarizzato di sempre. La gente, i chavisti, non è affatto entusiasta. Molte delle mie fonti sono ferocemente critiche con i loro dirigenti, ma si sentono più chaviste che mai.
    Così l’opposizione può continuare a raccontare al mondo – come fa da vent’anni – che Maduro sia solo, che il chavismo sia evaporato, che le elezioni siano fasulle, che chiunque scenda in piazza in camicia garibaldina lo faccia perché pagato o minacciato, ma la sostanza è che i chavisti restino milioni, forse non più maggioranza ma milioni. E continuerebbero a esistere anche in caso di regime change, esattamente come, a 64 anni dal golpe del 1955 in Argentina, che doveva cancellare il peronismo dalla faccia della terra, questo si accinga nuovamente a contendere la presidenza alle destre a Buenos Aires, rappresentando gran parte del fronte social-progressista.

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  4. Rumble in the jungle
    Sullo show del fine settimana è presto detto. In due tappe è andato in onda un nuovo “Rumble in the jungle” (come quello del 1974 a Kinshasa tra Alì e Foreman) che ha convogliato in un luogo remoto del mondo, il confine colombo-venezuelano, l’attenzione dei media, prima con un live-aid umanitario e poi con il tentativo di forzare la mano con la penetrazione dei presunti aiuti umanitari che – qualcuno ha calcolato – corrisponderebbero a circa 10 grammi per ogni venezuelano. Nulla era lasciato al caso. Il concerto ha visto coinvolti alcuni dei più famosi artisti pop del mondo ibero-americano, nessuno dei quali si era mai impegnato prima in cause umanitarie o per i diritti umani (qualcuno di loro si era perfino in passato esibito per Pinochet), tutti in rigorosa camicia bianca alla Tony Blair, per marcare il territorio delle rappresentazioni: gioventù, libertà, mani pulite.
    Il giorno dopo lo show artistico andava in scena quello nel quale i liberatori avrebbero forzato il confine per liberare il Venezuela distribuendo sigarette e cioccolata come fosse un film neorealista nell’Italia del 1945. Non sappiamo quanto davvero ci credessero al fare entrare gli aiuti a bordo di alcuni camion o quanto questi dovessero esclusivamente provocare la scintilla e mostrare la brutalità del regime venezuelano che preferiva bruciare gli aiuti, lasciando morire di fame la popolazione e, se il caso, arrivare ad un intervento militare USA o appaltato ai governi di estrema destra latinoamericani.
    Perfino il nostro “La Repubblica”, che da vent’anni copincolla El País di Madrid, riprendendo acriticamente gli argomenti dell’opposizione venezuelana, mette in dubbio la dinamica dello show. Con ogni evidenza il camion di USAID, che nessuno sa realmente cosa contenesse, è stato bruciato in maniera concordata da elementi violenti dell’opposizione quando ancora era in territorio colombiano. O dovremmo dedurre che Maduro abbia invaso la Colombia prestando il fianco a una ritorsione militare, la cosa più stupida che potesse fare? Ancora una volta rappresentare il chavismo, con i suoi mille difetti, inefficienze, corruzione come anche stupido tradisce il wishful thinking dell’opposizione. Piuttosto viene da pensare: la città di Cúcuta, il dipartimento del Nord di Santander, dove sono avvenuti i fatti, è un luogo pauperrimo della Colombia, con il 50% di indigenti e fame diffusa tra la popolazione, che vive per lo più di contrabbando col Venezuela. Né le stelle del pop, né le organizzazioni umanitarie (delle quali si sono fin dall’inizio rifiutate di far parte Croce Rossa e Caritas) si sono preoccupate dei bambini affamati che si accalcavano fin sotto il palco.
    Tutto inutile, qualunque accelerazione è fallita. Guaidó torna nell’ombra, vorrebbe solo tornare a Caracas nel suo quartiere per ricchi ma teme che l’aver trattato col nemico non sia cosa da poco per il trinariciuto autista di autobus. Questi, Maduro, è saldamente al potere anche se la crisi non è affatto risolta e non sa come risolverla. Resta il dialogo, quello fino a domenica escluso dai buoni, i nostri senza macchia e senza paura, i liberal-democratici e oggi rientrato dalla finestra. Il dialogo, per quanto difficile e tortuoso è l’unico cammino. Ma questo lo sapevamo già.

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  5. Las alertas están puestas en la costa norte de Cuba tras generarse en menos de 24 horas cuatro trombas marinas en distintas zonas de provincias del centro y occidente del país.
    Hace apenas unos minutos el Centro Provincial de Meteorología de Holguín dio a conocer que al mediodía de este viernes, 22 de marzo, se observó una tromba marina frente al balneario holguinero de Guardalavaca, sin, hasta el momento, estar reportados daños humanos ni materiales.
    De acuerdo al reporte de la emisora Radio Banes, esta tromba marina se generó a solo unos 200 metros de la costa del balneario turístico de Guardalava en dirección a Boca de Samá.
    Según el Centro de Pronóstico, esta serie de fenómenos que se han producido en las ultimas 24 horas están relacionados con el tránsito del decimoquinto frente frío de la actual temporada por el norte de la zona oriental del país.
    “La proximidad y lento movimiento de este sistema, así como la formación de una baja extratropical en la porción sur de dicho frente incentivará la ocurrencia de chubascos, lluvias, tormentas eléctricas y fenómenos meteorológicos locales de gran intensidad”, refiere la nota emitida el pasado lunes por Instituto de Meteorología de Cuba (INSMET).
    El INSMET precisó que el sistema de radares de la base meteorológica de Holguín detectó el eco con reflectividad al norte de la provincia.
    Desde el pasado miércoles se han observado tres eventos similares al de hoy en Guardalavaca frente a las costas de la provincia de Mayabeque y de Ciego de Ávila (específicamente en Cayo Coco).
    Directivos de este importante polo turístico de Cuba señalaron a la radio emisora local que todo está en normalidad y que “este hecho aislado no constituyó un peligro para sus clientes”.
    Las trombas marinas pueden alcanzar vientos de hasta 116 km/h y afectar a pequeñas embarcaciones que se encuentran cerca de la zona.Aunque no todas las trombas marinas son consideradas tornados, cabe resaltar que el propio Instituto de Meteorología pronosticó el pasado lunes condiciones similares a las que generaron el poderoso tornado del pasado 27 de enero y que incentivarían la ocurrencia de chubascos, lluvias y tormentas eléctricas que podían llegar a ser fuertes, principalmente en la costa norte.
    Desde el INSMET advierten que las provincias occidental se verán afectadas durante el fin de semana por este frente frío que ya avanza lentamente por el territorio nacional.

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  6. Si puo' dire che ti e' andata decisamente bene. Giuseppe

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    1. Col senno del poi la cosa piu' divertente e' stata mentre cadevo.
      Si fa molta letteratura sul fatto che in determinati momenti ti passi tutta la vita davanti, che si veda una presunta luce accecante in fondo ad una sorta di tunnel...ecc...
      Cazzate.
      Mentre ruzzolavo pensavo "Minchia...lo scooter sara' a pezzi, l'auto avra' danni importanti, mi portano in ospedale.... QUANTO CAZZO MI VIENE A COSTARE QUESTO SCHERZETTO?" Ahahahahah...

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    2. Santa Fe- A rifletterci bene il tunnel l'avresti incontrato nelle corsie ortopediche cubane..li sicuramente avresti visto "la luce"! rammenti quella dei Blues Brothers ?? 😁

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    3. Comunque oggi ho chiuso palestra e ora sono al monte.
      Posato carro e preso scooter.
      Fra mezzora aperitivo sul lungolago ad Avigliana.
      Per dire..

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    4. Santa Fe- Non possiamo lamentarci..

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  7. Clamorosa notizia dopo la sconfitta dell’Argentina con il Venezuela. Nonostante la vittoria della squadra di Dudamel. Il c.t. del Venezuela ha deciso di voler dare le dimissioni. L’annuncio è avvenuto al termine della gara vinta contro Messi e compagni. Il motivo: “Oggi ho parlato con il vice presidente della Federazione e ho dato le dimissioni. Abbiamo vissuto in acque torbide in questo periodo. In particolare abbiamo vissuto un’esperienza spiacevole, abbiamo ricevuto la visita di un ambasciatore in Spagna. La nostra sorpresa è che hanno usato questa visita molto male, la hanno politicizzata. Quando non sono un allenatore, non nasconderò la mia posizione politica. Ora mi siederò a parlare con il vicepresidente e già conosce la mia posizione”. Dudamel si riferisce ad una visita da parte di Antonio Ecarri Bolívar, rappresentante del Venezuela per la Spagna, che ha visitato la concentrazione della Vinotinto a Madrid prima della partita contro gli argentini. Lo ha fatto nel nome di Juan Guaidó e questo ha dato fastidio a Dudamel, che giocherà la prossima amichevole del Venezuela lunedì contro la Catalogna. “Parlerò con il Vice Presidente e Presidente della Federazione. Nella mia posizione e la decisione sarà in gioco Lunedi, poi i gestori decideranno”, ha detto prima di lasciare i giornalisti senza explicaciones.Dudamel si riferisce a un visita di Antonio Ecarri Bolívar, rappresentante del Venezuela in Spagna, che ha visitato la nazionale a Madrid prima dello scontro con gli argentini. Lo ha fatto per volere di Juan Guaidó e questo ha dato fastidio a Dudamel, che dovrebbe guidare la nazionale nella prossima amichevole del Venezuela lunedì. “Parlerò con il vice presidente e il presidente della Federazione, e nella mia posizione e decisione sarò presente lunedì, poi i dirigenti prenderanno una decisione”

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  8. Io a Cuba guido solo la bicicletta!!

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  9. Dipende...se sei a La Habana hai da pedalare...😎

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  10. hola! è vero las calles cubanas sono come una partita a domino, non ci sono regole tutti invadono senza preavviso. Dal 2005 al 2011 quando affittavo regolarmente el carro e spaziavo da occidente a oriente non ho mai avuto problemi se non meccanici, ma troppo stress che non ti lascia spensierato. Ad oggi affitto ad ore una particular per fare in tot 10 -15 km a tratta di piu on ne ho bisogno anche perchè sono percorro la via blanca e ci sono dei panorami stupendi al atardecer prima di arrivare alla via monumental . chao Enrico

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  11. Un mezzo di trasporto ti cambia una vacanza ma è comunque, a Cuba, impegnativo.

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  12. Milco un post sul discorso incidenti e rimborso assicurativo a Cuba sarebbe molto utile, soprattutto per capire come funziona in caso di sinistro a Cuba. Per fortuna non ti sei fatto male

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    1. noleggio sempre auto a cuba ed é meglio che non ci pensi se mi succede un sinistro o rimango in panne fuori havana (ma anche in centro non é simpatica la cosa)...altrimenti non noleggio piu nulla. mat.

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    2. Oggi coi movil se rimani bloccato la cosa POTREBBE risolversi più rapidamente rispetto a prima.

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  13. Magari più avanti.
    Si direi che è andata decisamente bene.

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  14. Una delle ragioni per la quale rento carro + choffeur è proprio questa .... già provato brividi di un "choque cubano" ... ho duvuto dividere i due che già si stavano scannando

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